Negli scorsi mesi, mi sono trovato a leggere (e in parte a rileggere) l’opera omnia di uno degli scrittori più importanti di letteratura horror-fantasy, nonché creatore di mondi e mostri che ancora oggi esercitano tantissima influenza tanto nella letteratura quanto nella cultura popolare: Howard Phillips Lovecraft.
Si tratta di uno scrittore americano, vissuto nei primi decenni del ventesimo secolo, che ha completamente reinventato il genere della cosiddetta “letteratura dell’incubo”, una tematica che prima di allora in pochissimi avevano esplorato in maniera alta e culturale (e l’unico ad esserci realmente riuscito era stato Edgar Allan Poe).
I racconti e i romanzi di Lovecraft hanno tutti una serie di elementi comuni, che vanno a formare un universo immaginifico abbastanza coerente. Lovecraft immagina un universo “esterno” al nostro, popolato da esseri di natura divina (in quanto immortali e trascendenti il nostro concetto di realtà), ma allo stesso tempo totalmente folli e alieni, al punto che i personaggi che nei racconti entrano in contatto con questi dei esterni impazziscono solo alla vista di essi.
Alcuni emissari con forma materiale, ma natura altrettanto aliena, di queste divinità sono invece chiamati grandi antichi e sono scesi sulla Terra (e su altri pianeti immaginari) dove, prima di cadere in uno stato di sonno-morte lungo eoni, in attesa del giusto allineamento stellare, hanno fondato culti folli e sanguinari che tramano alle spalle dell’umanità.
Si badi bene: le creature divine e semi-divine dell’universo lovecraftiano non sono malvagie nel senso comune del termine. Sono piuttosto molto oltre la portata della mente umana, creature che vanno oltre i concetti di spazio, tempo, vita e morte, e che trascendono il concetto di dimensione. Dal nostro punto di vista umano, dunque, queste creature sono distanti, indifferenti, e folli.
Anche gli esseri umani hanno in parte una natura cosmica: essi esistono simultaneamente in più universi, e in più realtà, e il sogno è la chiave per accedere ai nostri altri-sé; ma solo pochi coraggiosi sognatori hanno provato ad aprire la porta che conduce dai nebulosi abissi onirici all’incarnazione in una realtà alternativa, che per Lovecraft non è meno reale della nostra.
Sebbene non abbia mai tentato di spacciare per realtà quanto scriveva, Lovecraft amava dare al suo universo il massimo di verosimiglianza possibile: ad esempio è divenuto celebre lo pseudobiblium che lo scrittore utilizza come riferimento per tutte le informazioni più terribili e segrete dei suoi racconti, ovvero il Necronomicon (talmente famoso che generazioni di letterati hanno realmente creduto alla sua esistenza).
In questa ricerca della verosimiglianza a tutti i costi, Lovecraft tentò di dare anche una sorta di struttura geometrica al suo universo: lo scrittore definisce infatti il nostro cosmo come l’intersezione tridimensionale (più precisamente a 3+1 dimensioni) di un universo molto più grande, e composto da un numero imprecisato di dimensioni. È in questo universo esterno che dimorano le creature definite – appunto – déi esterni.
Il nostro non è dunque l’unico universo materiale, ma è solo uno dei tanti: ogni intersezione di un numero finito di dimensioni, tra le infinite dell’universo esterno, produce un cosmo alternativo.
Gli esseri viventi esistono in più universi simultaneamente, ma sono in grado di percepire sé stessi solo in ogni particolare universo contestuale. Per darvi un’idea: è come impilare uno sopra l’altro tanti fogli di carta, dopo aver tracciato un punto sopra ognuno di essi. L’essere vivente è la linea che, passando attraverso i fogli, unisce tutti questi punti, ma la nostra mente non è in grado di “uscire” dal foglio di carta, e quindi ognuno dei nostri “sé” percepisce solo la sua identità come punto.
La parte più curiosa del tutto, è che l’immaginazione di Lovecraft gli ha fornito un’intuizione che si è poi rivelata avere un fondamento scientifico: secondo una delle più moderne e promettenti teorie fisiche, nota come M-teoria, il nostro universo in effetti è proprio l’intersezione a 3+1 dimensioni di un universo esterno a più dimensioni.
La M-teoria (che è la sintesi finale di diverse versioni dell’ipotesi delle stringhe), è una delle teorie che puntano all’unificazione della meccanica quantistica con la relatività generale (ne avevamo già parlato qui, verso il fondo), uno dei problemi più importanti della ricerca in fisica teorica. Talmente importante che per una simile teoria di unificazione è già pronto un appellativo piuttosto pomposo: “teoria del tutto”.
Occorre precisare, naturalmente, che la teoria scientifica – a differenza di Lovecraft – prevede un numero preciso di dimensioni dell’universo esterno (10); però allo scrittore va dato atto di essersi documentato piuttosto bene: infatti Lovecraft è uno dei primissimi autori che descrive il nostro universo come una struttura a 3+1 dimensioni (tre dimensioni spaziali e una dimensione temporale) – il che è notevole, dal momento che si tratta di un concetto fisico che per l’epoca era piuttosto nuovo (il concetto di tempo come quarta dimensione viene introdotto nella teoria della relatività ristretta, Einstein, 1905).
E qualcosa che trascende il nostro universo 3+1-dimensionale, esiste? In effetti sì, anche se non si tratta di una folle creatura cosmica. Secondo la M-teoria infatti, tutte le forze fisiche sono necessariamente confinate all’interno del nostro universo, tranne una: la forza di gravità. Quest’ultima, per la particolare natura del suo quanto d’azione, il gravitone (particella ipotizzata, ma non ancora trovata sperimentalmente), sarebbe in grado di trasmettersi attraverso le diverse dimensioni dell’universo, la qual cosa sarebbe tra l’altro una possibile spiegazione per il fenomeno della materia oscura (materia non visibile e non identificabile, la cui esistenza però si manifesta attraverso effetti gravitazionali), che sarebbe quindi nientemeno che la forza gravitazionale esercitata nel nostro universo dalla materia presente in altri universi.
A questo punto, l’unico dubbio è: dato che il bosone di Higgs è stato chiamato “particella di Dio”, se troveranno il gravitone, potremo chiamarlo “particella di Azathoth”?
Luca Romano
…ah già, dimenticavo, qualcuno di voi leggendo il titolo si chiederà cosa vuol dire BLOOP. Beh, il BLOOP è un suono di frequenza molto bassa, registrato nel pacifico durante l’estate del 1997 dal NOAA (un ente meteorologico e climatologico americano). Le frequenze di questo suono erano associabili a quelle prodotte da esseri viventi, ma la potenza del segnale (tale da far sì che venisse captato fino a 5.000 Km di distanza) era tale che, se si fosse trattato di un animale, sarebbe dovuto essere enormemente più grande delle più grandi balene del pianeta.
Cosa c’entra con quanto detto fin’ora? Beh, il suono è stato emesso alle coordinate 50° S, 100° W, che è piuttosto vicino al luogo dove Lovecraft colloca la città sommersa di R’lyeh. E sapete chi ci abitava nella città sommersa di R’lyeh? Proprio lui!