Dieci canzoni con tonalità… terrificanti

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10. Carolyn’s finger, Cocteau Twins, 1988

Era il 1988 quando la voce di Elizabeth Fraser disegnava vocalizzi paradisiaci per descrivere le “dita di Carolina”. I Cocteau Twins erano noti per le melodie eteree e i testi ricchi di allegorie, metafore ed ambivalenze. In Italia li conosciamo davvero troppo poco.

 

9. Vacanze romane, Matia Bazar, 1983

Meritatissimo premio della critica per Antonella Ruggiero e i suoi Matia Bazar al Festival edizione 1983. La ascoltiamo nella sua versione LP, poiché le versioni festivaliere sono: A) senza orchestra, unico vero valore aggiunto sanremese; B) tagliate di qualche secondo per adeguarsi al limite di durata – Gesù, fulminali! – di quell’edizione di Sanremo; C) con una qualità audio orripilante; D) con la base in playback, e dunque tanto vale.

 

8. Mio fratello è figlio unico, Rino Gaetano, 1976

Meraviglioso, dolente capolavoro di uno dei pochissimi cantautori autenticamente popolari (nel triplice senso di proveniente dal popolo, in grado di parlare al popolo e famoso) della canzone italiana. Provate voi a citare il nome di un calciatore e una tratta ferroviaria in un testo di canzone senza minarne, e anzi aumentandone, la poeticità. E se non vi sembra così difficile, provate anche a cantarla in quella tonalità senza steccare.

 

7. Never never gonna give ya up, Berry White, 1973

Si parla di canzoni con tonalità terrificanti e uno pensa quasi automaticamente a una voce femminile, a una cantante bianca o a note altissime. Chi diavolo ha detto che debba essere necessariamente così? White va a prendere alcune note letteralmente “in cantina” per poi salire di un paio di ottave nel ritornello. Mostruoso.

 

6. Whole lotta love, Led Zeppelin, 1969

Prima traccia di “Led Zeppelin II”, è un brano entrato nella storia. Nel 2004 la rivista “Rolling Stone” ha classificato “Whole lotta love” al 74esimo posto della classifica delle “Cinquecento più grandi canzoni di tutti i tempi”; mentre per la rivista “Q” il brano è il terzo “Miglior pezzo di chitarra” di sempre (2005). Di solito si permettono di coverizzarla solo le donne: le note che Robert Plant va ad acchiappare sono rischiosissime anche se il maschietto a cimentarsi è un professionista.

 

5. Dreams, Cramberries, 1993

Forse, dopo “Zombie”, questo è il brano più famoso della band irlandese. Stupendo, ed evocativo, anche il video: d’altra parte, gli anni ’90 sono stati il decennio aureo della forma artistica del videoclip. “Quella dei Cranberries” (intendendo la cantante) si chiama Dolores O’Riordan: è bravissima.

 

4. Love on top, Beyoncé Knowles, 2011

Esce nel 2011 questa performance della ex Destiny’s Child. Il video si caratterizza per ospitare una delle versioni di lei più raggianti di sempre, soprattutto nelle sequenze con indosso quel simil-bancroft, e per uno dei balletti iniziali più tamarri della storia del videoclip. La canzone parte a una tonalità già corposa di suo, per poi regalare quattro cambi di tonalità in appena tre minuti e 17 secondi: presentandola, due speaker di Radio Capital sogghignavano con perfidia tipicamente femminile: “Bella e tutto quanto, ma la vogliamo vedere a cantarla da vivo…”.

 

3. Dreamer, Supertramp, 1974

I Supertramp hanno una storia particolare: nascono nel 1970, ma per una decina d’anni sopravvivono sostanzialmente come private band del loro finanziatore Stanley Arthur Miesegaes, amico di uno dei membri del gruppo, che cerca di piazzarli in tutta Europa. Nel 1979, finalmente, imbroccano il disco della svolta, il famosissimo Breakfast in America, che fungerà da leva per rivalutare tutta la loro produzione precedente. Dreamer è una canzone di tonalità molto alta per essere cantata da un uomo a voce piena: il timbro di Roger Hodgson però la supporta alla grande ancora oggi, come si vede da questo concerto in cui lui, da solo, regge tutto il brano.

 

2. Un’emozione da poco, Anna Oxa, 1978

“Anna Oxa conciata come una punk londinese” (cit.) sale sul palco di Sanremo 1978. Registrazione vintage che riproponiamo, in tutta la potenza della brava Anna, nonostante la brutale recisione della traccia ad un minutaggio davvero minimale. Dannate esigenze televisive.

 

1. Wuthering Heights, Kate Bush, 1979

Il brano, anch’esso del 1978, apre il disco di debutto di Kate Bush. Pare che la Bush abbia scritto questa meraviglia all’età di 18 anni, in poche ore, durante una notte insonne passata a osservare la luna. La canzone è ispirata al film (visto da Kate Bush prima di leggere il romanzo) “Wuthering Heights”.

Andrea Donna

@AndreaDonna

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