La deriva a destra di Beppe Grillo e del M5S non è una deriva. Le pacche sulle spalle e gli occhiolini a Nigel Farage e ai conservatori xenofobi non sono il segnale di una svolta a destra del movimento e del suo leader. Ne sono il compimento.
Perché le idee del leader dei 5 stelle sono sempre state molto chiare. La memoria è corta per ricordare quel “se avessimo inserito l’abolizione del reato di immigrazione clandestina nel nostro programma, avremmo preso percentuali da prefisso telefonico”. Figuriamoci per ricordare un post del blog nel 2007: I confini sconsacrati. Titolo retorico che richiama un linguaggio d’altri tempi.
E anche il testo del post è inequivocabile. “Un Paese non può vivere al di sopra dei propri mezzi. Un Paese non può scaricare sui suoi cittadini i problemi causati da decine di migliaia di rom della Romania che arrivano in Italia. La Romania è in Europa.
Ma cosa vuol dire Europa? Migrazioni selvagge di persone senza lavoro da un Paese all’altro? Senza la conoscenza della lingua, senza possibilità di accoglienza? Ricevo ogni giorno centinaia di lettere sui rom. È un vulcano, una bomba a tempo”.
Era il lontano 2007. La crisi economica era solo quella del 1929 e riposava nei libri di storia impolverati. Però il manifesto del Movimento era già lì. “Bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà”, canta Francesco Guccini. In soldoni: stupirsi ora è tardi.
Molto probabilmente l’accordo con l’Ukip non si farà. Perché lo stesso Grillo sa di non poter lasciare la guida del Movimento agli ultras. Non certo per una scelta politica, sia chiaro, ma perché teme un’emorragia di parlamentari.
Tuttavia, l’alchimia tra i due leader è reale, non una provocazione. Uno dei punti principali del partito di Farage è proprio lo stop quinquennale dell’immigrazione in Regno Unito.
In altri termini, nulla di diverso da un Gianfranco Fini, un Umberto Bossi e un Beppe Grillo qualunque.
Dai Confini sconsacrati di Grillo sono passati 7 anni e nel frattempo noi siamo diventati la Romania: la storia ci presenta il conto. Non la Storia con la S maiuscola, ma quella piccola, individuale, di ognuno di noi.
Quella del mantra ossessivo della fuga dei cervelli. La retorica anti Europa di Grillo è un boomerang. E l’approccio all’immigrazione ne è la prova.
Anni di bombardamenti TV ci hanno portato a credere che l’immigrazione sia quella dei barconi di disperati che approdano sulle coste del Sud Italia. Oppure quella dei gommoni di ragazzi e ragazze Albanesi che fanno la spola tra Valona e Bari. O ancora, le carovane di zingari che attraversano i nostri Sacri Confini e occupano il suolo delle nostre periferie.
Ma è un’immagine distorta: solo il 12% dei migranti arriva via mare, in imbarcazioni di fortuna e non sono tutti disperati senza alternativa. E gli zingari, in Italia, sono circa 200.000: la metà sono cittadini italiani.
L’immigrazione, quella massiccia, arriva via aerea.
È fatta di visti turistici e permessi studio. Permessi che a volte scadono e si trasformano in ombra, sommerso, mercato nero, clandestinità. Ma anche in questo caso è solo una piccolissima parte del fenomeno.
Il resto sono badanti, operai, camionisti, call center, impiegati. Lavoratori. E poi ci sono le seconde generazioni nelle scuole e nelle università, pronti a salire la scala sociale grazie al terreno spianato dai genitori.
L’altra faccia è quella di molti giovani italiani che volano in un altro continente per lavorare, per fare una nuova esperienza di vita o semplicemente perché “sono stufo di questo Paese”. E come contraddirli.
Si chiama mobilità. Può essere una scelta libera e consapevole. Ma può essere anche una decisione obbligata per cause socio-economiche sfavorevoli dei Paesi d’origine – in mezzo c’è un’infinita scala di grigi.
In ogni caso è un diritto, ma soprattutto una condizione intrinseca dell’essere umano fin dalla sua comparsa. Cercare di fermarla per legge è tanto sbagliato quanto inutile.
L’Europa unita, almeno in questo, una pezza l’ha messa: perché l’Europa non è solo fiscal compat, Angela Merkel e banche. È anche ciò che permette a un ingegnere italiano di andare a lavorare in Germania o a nostro cugino infermiere di provare a entrare nella sanità inglese, senza attraversare frontiere, ungere gendarmi e dare fondo ai risparmi di famiglia.
È lo stesso identico contesto che ha permesso ai romeni di cercare una vita migliore in Italia.
Di sconsacrare i nostri confini, insomma. Ieri è toccato ai romeni.
Oggi tocca a noi, perché sarai sempre il romeno di qualcun altro. E se domani sarai bloccato qui, sai chi ringraziare.
Andrea Dotti
@twitTagli