
Capita (spesso) che nei confronti del MoVimento 5 Stelle vengano sollevate accuse più o meno dirette di parentela con le ideologie del fascismo, del nazismo, o di altri regimi totalitari più o meno celebri. Dai sostenitori del M5S tali illazioni vengono classificate come stupidaggini: insulti di una classe politica che non sa a cosa attaccarsi pur di poter delegittimare l’unica vera forza politica che vuole portare il cambiamento in Italia.
Sicuramente non aiuta il fatto che Beppe Grillo in una piazza gremita di persone si definisca “oltre Hitler“, ma quelle sono “provocazioni” e la realtà del movimento è ben diversa.
È fatta di ragazzi giovani, facce pulite che si impegnano per il bene del Paese, come non manca mai di ricordarci Andrea Scanzi, penna affilatissima con tutti, ma che quando deve criticare i grillini diventa improvvisamente una maestrina che rimprovera un alunno che ha le potenzialità ma non si impegna (a Gasparri: “Lei è la prova vivente che Darwin aveva torto“; a Favia: “Lei è un vomitatore seriale di bile”; a Grillo: “Beppe, perché questi autogol?“).
Io invece qualche similitudine preoccupante tra Grillo e qualche poco illustre capopopolo del passato la vedo, e vorrei analizzarle un attimo, perché trovo che spesso passino inosservate.
La prima su cui vorrei soffermarmi è l’ossessione recente di Grillo per le forze armate. Durante le manifestazioni dei forconi invitò la polizia a togliersi i caschi e a passare coi manifestanti.
Durante il suo recente comizio a Torino ha rimarcato che “I Carabinieri, la Polizia e la DIGOS sono con noi“. Il fatto che un capo carismatico inciti una folla specificando che i corpi militari dello stato sono dalla sua parte è estremamente inquietante: sembrerebbe quasi che stia incitando al golpe.
Un secondo punto interessante è l’ammissione di Grillo di fare uso della rabbia popolare come strumento elettorale. Lui sostiene che è solo grazie al suo MoVimento se la rabbia della gente non si è incanalata in forme violente, ma questa è ovviamente un’affermazione campata per aria: non risulta che formazioni di estrema destra fossero sull’orlo di sfondare alle elezioni, e inoltre se mio nonno avesse avuto quattro palle sarebbe stato un flipper.
Al contrario, fare leva sulle emozioni più violente e negative delle persone è sempre stata una strategia di consenso tipica dei regimi totalitari; la frase “La nostra è rabbia buona” non ha alcun senso: la scelta di puntare alla pancia degli elettori e non alla testa non può mai essere positiva.
Terzo punto: la creazione di un nemico. Tutti i regimi totalitari si sono sempre basati sul mantenere vivo l’odio delle persone nei confronti di un nemico, vero o presunto.
Il MoVimento 5 Stelle basa gran parte della propria campagna elettorale sul fatto che gli esponenti degli altri partiti non sono solo avversari politici, ma nemici da spazzare via.
Il fatto che ripetano ossessivamente che se vincono loro tutti gli altri “andranno a casa” richiama episodi molto poco piacevoli: uno dei primi passi del regime nazista fu ad esempio quello di mettere fuorilegge il partito comunista, e di lì a poco tutte le altre forze politiche.
A questo possiamo poi aggiungere il discorso di Grillo sul “processare i politici, gli imprenditori e i giornalisti“: poi specificherà che si tratterebbe solo di un “processo mediatico“, di un diritto allo “sputo virtuale” (sic), e non di un processo vero e proprio, ma il messaggio di fondo rimane pericoloso.
Se un politico, imprenditore o giornalista adotta comportamenti criminali, esiste un Codice Penale; se si vuole la tolleranza zero nei confronti di tali comportamenti, ci si può proporre di riformare la giustizia per far sì che non possano più rimanere impuniti.
L’idea di dover processare i politici e gli imprenditori solo in quanto facenti parte di una classe dirigente, prescindendo dalle loro azioni, è aberrante e contraria a qualunque etica democratica.
L’idea di dover processare i giornalisti invece è anche peggio, visto che la libertà di stampa e di critica è il punto fondamentale di ogni democrazia. Se un giornalista diffama o calunnia, esistono apposta dei reati; in qualunque altro caso, processare un giornalista perché fa il suo mestiere è fascismo allo stato puro.
Quarto: il ricorso al complotto. Attenzione, qui non parlo semplicemente dei tanti aderenti al M5S che credono in teorie cospirazionistiche assurde.
Mi riferisco invece all’atteggiamento da vittime tale per cui sembrerebbe che tutto l’universo ce l’abbia coi pentastellati: la riforma della legge elettorale è fatta apposta per non far vincere i 5 stelle, tutti i giornali sono schierati contro i 5 stelle, e via dicendo.
L’idea che il nemico non solo sia ovunque, ma agisca per vie segrete e complotti è funzionale a generare un atteggiamento di paranoia perenne, di sospetto costante nei confronti del prossimo (lo stesso atteggiamento per cui ad ogni critica ai grillini una delle prime risposte è “chi ti paga?“), e allo stesso tempo di impermeabilità totale a qualunque critica o a qualunque proposta alternativa.
Anche questa era una tattica tipica dei regimi totalitari: ricordiamo che una delle prime accuse di Hitler agli ebrei fu quella di aver ordito un complotto per “inquinare” la razza ariana col loro sangue, mentre Mussolini parlava del “complotto delle potenze plutocratiche” contro l’Italia.
Quinto e ultimo: l’espediente della democrazia diretta. Questo può sembrare in contraddizione con l’idea di un regime, ma in realtà è abbastanza contiguo ad essa: la democrazia rappresentativa è un sistema in cui si delegano a delle personalità competenti i ruoli decisionali: il fatto che in Italia leggi elettorali indegne e personaggi ancor meno degni abbiano delegittimato questo sistema politico, non significa che non funzioni, visto che è adottato in tutti i paesi occidentali.
La democrazia diretta è quel sistema in cui il ruolo dei politici è svalutato e l’istituto del referendum è utilizzato come strumento legislativo.
Il legame con i regimi totalitari è dato dal punto due di questo elenco: manipolare, indirizzare la rabbia è da sempre ciò che i capi carismatici riescono a fare meglio, e una popolazione arrabbiata in un regime di democrazia diretta sarebbe capace di votare qualunque cosa, compresa la soppressione della democrazia stessa (se non ci credete, provate a fare un sondaggio tra i vostri contatti facebook, e chiedete quanti sarebbero favorevoli alla pena di morte per i pedofili, così vedrete quanta gente voterebbe ad occhi chiusi un provvedimento disumano e incivile).
Hitler, prima di sopprimere la democrazia e instaurare il terzo Reich, era stato da essa legittimata, proprio grazie al voto di una popolazione arrabbiata.
Dubito che un comunicatore capace come Grillo non capisca il ruolo di controllo dei comunicatori in un regime di democrazia diretta, e il fatto che abbia ritagliato per sé stesso questo ruolo permanente, a differenza dei politici (che, ricordiamolo, devono andare a casa dopo due mandati) è quantomeno una singolare coincidenza.
Il quadro che ne emerge è quello di un movimento per il quale la definizione di “totalitario” non è esattamente campata per aria, e questo senza tirare in ballo i toni accesi o i problemi di democrazia interna dei pentastellati.
Il volersi definire una forza rivoluzionaria che lotta contro un sistema marcio e corrotto, il non considerare possibile alcun dialogo, compromesso, o eccezione, l’incanalare la rabbia delle persone invece di calmarla e sostituirla con ragionamenti lucidi, sono invece caratteristiche molto più preoccupanti.
Luca Romano
@twitTagli
[edit: 23-05-2014, 09.25]