
Correre la Maratona di Boston è, credo, il vero sogno di ogni maratoneta amatore.
New York sognano di farla i fighetti, per raccontarlo ad amici inesperti che non sanno che per iscriversi basta pagare o vincere una lotteria. I veri runners, invece, sognano di fare Boston perché per iscriverti devi avere un ottimo tempo di qualificazione, anche se paghi. Per molti è un’occasione unica nella vita, un Maratona nella Maratona: c’è chi mette anni prima di riuscire a fare 42.195 metri in un tempo adatto a qualificarsi a Boston per una sola volta.
Proprio per questo, da maratoneta, ieri sono rimasto immediatamente shoccato dalla notizia di un attacco all’arrivo della Maratona: mi sono immediatamente immedesimato, prima ancora che con le vittime, con le migliaia di persone a cui è stato rubato un sogno.
E poi il luogo dove sono stati fatti esplodere gli ordigni: il traguardo. L’arrivo della Maratona è quasi un luogo sacro, uguale per tutti ma allo stesso tempo (cito il mio migliore amico e anche lui maratoneta) emozionante e personale, dove appunto – per chi riesce a fare l’agognato ‘personale’ – si realizza un desiderio del tutto soggettivo e individuale. Potrei forse andare avanti ore a dire quanto tutto questo mi sembri assurdo ma mi fermo qui. Da oggi ho un motivo in più per sognare di qualificarmi per Boston.
Domenico Cerabona
@DomeCerabona