
Qualche giorno dopo la morte di Gianluca Buonanno, sento la necessità di fare alcune riflessioni.
La prima dovrebbe essere assolutamente banale: spesso ci si dimentica quanto sia importante il silenzio. I social network spingono – sempre di più – a commentare con impulso frenetico qualsiasi cosa accada intorno a noi. Più ciò che accade intorno a noi è di grossa portata, più questa frenesia si ingigantisce.
Nel 2016, il rispetto per un cinquantenne morto in un incidente stradale dovrebbe essere il minimo sindacale in una società civile; personalmente, credo che non ci fosse miglior modo del silenzio per esprimere questo rispetto.
Soprattutto per chi, come me, con Buonanno non aveva praticamente nulla da condividere.
Così non è stato: il can can sfoderato è stato come sempre di una bassezza agghiacciante. Da chi diceva “Se l’è meritato” a chi sosteneva “È stato ucciso perché contro l’Euro“.
La seconda riflessione riguarda la decisione della Lega Nord di presentare al Giudice tutti i commenti Facebook che hanno insultato Buonanno dopo la sua morte. Giusto, anzi giustissimo: Facebook è diventato il vomitatoio dove chiunque può riversare rancore e rabbia, insultando a 360° da dietro una tastiera senza pagarne la minima conseguenza.
Punire e censurare l’insulto gratuito (che nulla ha a che fare con una diatriba accesa ma costruttiva) è doveroso, ed è giusto che la Lega inizi questa battaglia; mi auguro poi che questa battaglia la estenda.
Per esempio, denunciando tutti coloro che a ogni barcone ribaltato in mezzo al Mediterraneo, commentano la notizia con lo stesso grado di ignoranza dell’affaire-Buonanno. Per coerenza.
In effetti, è difficile pensare che la Lega possa denunciare tutti i cittadini; ma avrà compito molto più facile nel censurare il becerume dei suoi tesserati.
La terza considerazione è su Buonanno, inteso come personaggio politico. Bisogna essere sinceri: è stato un ottimo amministratore di piccoli e medi comuni, e a dimostrarlo troviamo sia fatti oggettivi (le percentuali bulgare con cui veniva eletto e rieletto) sia elementi soggettivi (l’affetto tributatogli dalle persone dei “suoi” Comuni).
Negare le sue qualità amministrative è disonesto: lo si fa o per poca conoscenza o perché si è prevenuti.
Faccio però molta fatica a comprendere chi in questi giorni sta giustificando il suo modo di essere, sempre, totalmente sopra le righe, credendola una condizione praticamente necessaria alla buona amministrazione.
Esistono in Italia amministratori che non hanno mai portato pistole in TV, che non si sono mai vestiti col burka, che non hanno mai paragonato le persone alle bestie o alla feccia della società, ma che hanno comunque risollevato il proprio comune da situazioni pesanti di debito, che hanno ridisegnato l’economia della città dopo la crisi industriale, che hanno riqualificato interi quartieri degradati e così via.
Questi buoni amministratori sono sia di destra che di sinistra che di qualche piccola lista civica beatamente indipendente.
Ma non conosciamo questa grande maggioranza silenziosa appunto perché seria e silenziosa: amministratori precisi, capaci di fare il proprio dovere senza fare rumore, senza cercare colpi di spettacolo ad ogni costo.
Dicono che il fine giustifichi i mezzi. Dicono che se per operarmi al cuore dovessi scegliere tra un chirurgo mediocre, ma eticamente eccelso o un cardiochirurgo stellare, che però va a prostitute e tratta male la moglie, sceglierei probabilmente il secondo.
In tutto ciò, dove si colloca Buonanno? Fino a che punto si sono spinti suoi mezzi? Fino a dove è accettabile la scarsa etica di un professionista, capace sì di rendere la mia vita migliore – ma al contempo di rendere il mondo un pochino peggiore con i suoi comportamenti?
Sono compromessi a cui – forse inconsciamente – dobbiamo rispondere ogni giorno nella nostra quotidianità.
E forse in questo si può intravedere un indice capace di descrivere in quale tipo di società viviamo: più siamo disposti (per scelta, o per impossibilità di fare altrimenti) ad accettare un professionista bravo ma poco etico, meno viviamo in una società civile.
Ecco: aver accettato in tutto e per tutto il personaggio di Buonanno pur di avere un bravo amministratore, credo che sia indice di un compromesso al ribasso, e che la civilizzazione della nostra società – così come il livello dirigenziale politico – sia abbastanza di basso livello.
Luca Murta (Zetablue Blog)
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