
Settembre 1970, Advision Studios, Londra: Keith Emerson, Greg Lake e Carl Parker stanno ultimando le registrazioni del loro album di debutto.
Sorge però un problema perché il trio non è riuscito a registrare abbastanza musica da soddisfare le condizioni del contratto che prevedono 21 minuti per lato. I tre giovani musicisti si guardano intorno, nessuno ha idee.
«Qualcuno ha dell’altro materiale?»
Nel vuoto creato dall’imbarazzante e mortale silenzio seguito alla domanda, si fa avanti Greg Lake: «Beh, io avrei questa cosetta che ho scritto quand’ero un ragazzino. Se non c’è nient’altro, forse potrebbe andare».
Flashback.
Il piccolo Lake ha 12 anni ed è andato a trovare un suo amico. Girellando per la casa ha trovato una vecchia chitarra sfasciata con una sola corda, quella in alto, la più spessa. La scoperta diverte il Greg ragazzino che inizia così a giocare con il rudere di quello strumento, strimpellando quell’unica corda con un bastoncino ed elaborando un rudimentale motivo.
Finisce che il ragazzino inizia a mettersi in testa che, ehi, forse potrebbe imparare a suonare la chitarra.
Arriva Natale, il piccolo Greg si fa avanti e domanda alla madre: «Pensi che ci sia qualche possibilità che io riceva una chitarra per Natale?»
«No», risponde laconica la madre. Greg neanche protesta, sa che la famiglia è abbastanza povera e che il suo è un desiderio superfluo.
Immaginate il frizzante e incredulo entusiasmo nei suoi occhi quando troverà sotto l’albero la tanto desiderata chitarra. Elettrizzato, il ragazzino Lake inizia a esplorare, a scoprire lo strumento e ad elaborare quel suo primo, elementare motivetto nato per gioco e che – da quel pomeriggio a casa del suo amico – non ha mai dimenticato.
«Beh, suonala allora, la ascolteremo», dice Emerson.
Greg viene rigettato brutalmente dalla realtà sospesa del ricordo a quella ben più tangibile del presente.
Greg Lake suona il suo brano, ma purtroppo non piace a nessuno. Lake è consapevole della debolezza del pezzo, a suo tempo lo aveva proposto anche ai King Crimson ricevendo sempre picche come risposta. Tuttavia insiste: «Avete ragione, ma il fatto è che non abbiamo nient’altro».
Tutti sanno che è vero, che c’è poco tempo e che c’è effettivamente il rischio che vada tutto a monte, registrazioni e contratto.
«Bene, allora registrala da solo, io vado giù al pub», dice il sempre meno convinto ed entusiasta Emerson.
Lake e Palmer restano così da soli a lavorare sul pezzo. Le prime versioni con chitarra acustica e batteria sono tremende, ma i due non demordono. Il brano inizierà a funzionare solo quando Greg si decide a registrare il basso, altre linee di acustica, l’assolo di elettrica e tutte le voci.
Non male, ragazzi, forse ci siamo vicini.
Quando Emerson torna dal pub trova una canzone praticamente completa. È letteralmente shoccato: ha lasciato in quello studio un pezzo folk banale e infantile per trovare al suo ritorno un brano valido e ben sviluppato, pronto per finire sul disco.
«Wow ragazzi, dovrei suonarci qualcosa anch’io!»
«Il fatto è» – gli risponde Greg – «che ci ho già messo l’assolo di chitarra»
«Beh, potrei suonare qualcosa nel finale. Ho appena ricevuto questo aggeggio, è un sintetizzatore Moog 3c. Non l’ho ancora provato, ma magari posso ricavarne un sound che possa funzionare sul pezzo»
Perché non provare, dunque: il brano non può che crescere ulteriormente. Keith Emerson va quindi a prendere il suo nuovo strumento e si prepara.
«Bene ragazzi, mandatemi la base, faccio una prova».
Emerson inizia a improvvisare in maniera estemporanea con il pezzo in sottofondo ma quasi senza badarci. Doveva esserci qualcosa di incredibilmente convincente in quella prova perché, arrivati alla parte conclusiva, Lake decide di schiacciare di nascosto il tasto di registrazione.
Terminato l’esperimento, egli si volta verso Eddie Offord, il tecnico del suono: «Sono io, oppure suonava bene?»
«Penso proprio che suonasse bene», è la risposta di Offord.
Greg Lake si rivolge allora al suo compagno di là nello studio di registrazione: «Non hai più bisogno di fare esperimenti Keith, è perfetta»
«No, macché, guarda che posso farne una molto migliore»
«Keith, credimi, è perfetta così»
Nella sala regia viene intanto fatta ripartire la versione appena registrata della traccia e, visto che Emerson sembra proprio non capire, Lake è costretto a raggiungerlo nello studio: «Keith, ho bisogno che tu venga in cabina ad ascoltare. Se non ti piace allora potrai registrarne un’altra».
Il pezzo funziona, funziona alla grande. Lucky Man comparirà come ultimo brano del lato B dell’omonimo album di debutto degli Emerson, Lake & Palmer. Così, per una serie di accidenti fortuiti che risalgono fino alla gioventù di Lake e che terminano con quella scommessa dell’ultimo minuto per far uscire le registrazioni da un problematico impasse, nasce uno dei brani tuttora più celebri e amati della band.
Questo concatenarsi di casi descrive perfettamente, in ultima istanza, anche la grande fortuna che lo stesso Greg Lake ha avuto nella sua vita, a partire da quella prima chitarra che inaspettatamente ricevette in regalo a Natale: è lui, in fin dei conti, l’uomo fortunato.
Con quel pugno di semplici accordi voglio accompagnare il suo ricordo e mi piace pensare che quello stesso pugno di accordi abbia fatto da sottofondo ideale nel suo trapassare dalla vita alla morte.
doc. NEMO
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(Crediti foto copertina: Cynthia Blair)