
Vi sarà capitato di riflettere che, più o meno a tutti, è stato dato un cervello e che questo cervello, nella maggior parte dei casi, serva a produrre pensieri, opere e soprattutto parole. La nostra gelatinosa materia grigia ci serve in gran parte per comunicare. Vorrei introdurre un concetto base prima di proseguire. Esistono molti tipi di comunicazione, ma tutti hanno un obiettivo comune: far arrivare un messaggio da chi lo ha pensato fino ad un uditore.
Ogni realtà ha un suo modo di esprimersi: oggi voglio affrontare un “mondo” comunicativo che ha del brillante e del fantasioso. Un mondo in cui i messaggi assumono forme nuove, un mondo in cui significante e significato perdono di valore e tutto è dato in gestione all’aleatorietà del prossimo. Il favoloso mondo della comunicazione in azienda anche detto: “chi ha detto cosa, when e why, io non ne so niente e non ne voglio sapere“
Se ambite ad entrare nel meraviglioso mondo delle aziende, beh, è meglio che siate preparati fin da subito a cosa vi aspetta. Allora: il linguaggio aziendale (da ora innanzi, aziendalese) è in tutto e per tutto una lingua a sé, praticamente una neolingua (George Orwell sa di cosa parlo) e, in quanto tale, ha una serie di peculiarità che lo rendono avulso dal comune linguaggio che si utilizza nella realtà.
Che cosa voglio dire? La lingua italiana è meravigliosa, è complessa, ricca di parole e di forme per esprimere anche i più complicati concetti, c’è quasi addirittura un verbo per tutto! Esatto, anche per il verso delle cicale, che non è “cicalare” bensì “frinire”.
Oggi, invece, siamo notoriamente di fronte ad un’americanizzazione del nostro linguaggio – dove termini di uso comune in italiano sono stati completamente sostituiti da termini anglofoni. Ad esempio? Scadenza, ormai è deadline; tendenze? Trend.
Se questo succede per le persone normali, in azienda questo concetto cresce fino a diventare l’aziendalese, una lingua la cui conoscenza aumenta con l’aumentare (anche presunto) del potere all’interno dell’azienda. Fuori il block notes (quaderno?!) per gli appunti, si parte con un fulgido esempio di aziendalese (tratto da un discorso realmente avvenuto).
[…] Allora, stiamo raggiungendo il goal in termini di like dei nostri post sul profilo di facebook. La reach ha un tasso di penetrazione del 75%. Comunque verso la fine del canvass sarà necessario effettuare un check dei dati, per compararli alle chart che ci arrivano dal global e per restare allineati sulle scelte strategiche dei competitors.
Abbiamo notato però, contrariamente all’andamento sul web, che la redemption su alcuni nostri prodotti è leggermente in flessione rispetto allo stesso periodo del fiscal scorso. Non ritengo sia necessario rivedere gli attuali KPI per via di questa flessione, sarebbe però un nice-to-have avere un power point con l’andamento dei trend degli primi mesi del fiscal.
Dovremo fare uno sforzo tutti quanti nel rispettare le deadlines, nonostante i molti progetti cerchiamo di essere il più possibile multitasking, alcune mail vanno checkkate con priorità maggiore e le questioni al loro interno risolte ASAP.
Nel frattempo vi chiediamo di brieffare le agenzie in maniera dettagliata sui nuovi materiali che utilizzeremo per OOH (Out Of Home) flyers, posters, leaflets e gadgets che utilizzeremo per la nuova campagna.
Ah, e non dimenticatevi che oggi pomeriggio abbiamo un meeting, durante il quale avremo in call conference il CEO (pronunciato SIO) il quale ci illustrerà i passi salienti della nuova strategia
Psss:Vi è venuta l’orticaria? Se la risposta è sì, allora il mondo aziendale non fa per voi. Se siete ancora qui allora potete proseguire!
Notato niente di strano? Almeno il 15% del paragrafo e composto di parole in inglese spesso usate a casaccio o tranquillamente sostituibili con parole in italiano.
Ma questa non è che la punta dell’Iceberg dell’aziendalese, questa è roba da principianti: sì sì, prin-ci-pian-ti! Più cresce la posizione gerarchica più l’aziendalese diventa sottile e raffinato, a scapito dei contenuti (ma magari di questo parleremo un’altra volta), una lingua a sé, appunto.
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@twitTagli