Venezuela: storie di una libertà che muore

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“Eravamo ad una manifestazione pacifica a Barquisimeto, abbiamo parlato con il Generale e lui ci ha permesso di passare da una strada specifica. Noi l’abbiamo fatto, fidandoci di lui, e, quando siamo entrati, abbiamo trovato un gruppo di militari. Hanno subito iniziato a seguirci.
“Stiamo andando via, siamo venuti in pace” – ho subito detto.
“Tu morirai come tutti gli altri” – mi risponde uno dei militari.
“Per favore, non farmi del male, sono venezuelano come te” – gli ho detto mentre iniziava a colpirmi alle braccia e la testa.
Mi ha solo risposto “niente, stai zitto!”. Tirò fuori il suo fucile, e mi sparò sull’addome a bruciapelo”.

proteste venezuela maduro

Così racconta Marco Daquaro, uno dei tanti venezuelani che ha rischiato la vita nelle numerose proteste pacifiche del Paese. A partire dal momento in cui Maduro, il successore scelto da Chávez, viene eletto illegalmente come presidente del Venezuela, nonostante fosse perdente, non c’è più nessun dubbio: il Venezuela è sotto dittatura. Il popolo venezuelano chiede ad alta voce il riconteggio delle schede elettorali, cosa che l’illegittimo governo prima promette di fare, ma il giorno dopo nega con decisione.

Le manovre del governo per evitare lo scrutinio dei voti mettono in dubbio le aspirazioni di legittimità del regime bolivariano. Mentre la metà dei venezuelani crede nella giusta libertà di scelta e democrazia, il chavismo tenta di silenziare le voci di broglio elettorale con repressione e violenza.

Ho perso il conto di quante volte, durante i miei ventiquattro anni, ho visto e vissuto come, con brutalità e prepotenza, si violentano i nostri diritti di cittadini. La settimana che ha vissuto il Venezuela dopo le elezioni del 14 aprile è una sintesi di tutte le cose che sono successe durante questi ultimi quattordici anni di chavismo, con una sola differenza importante: il popolo non ce la fa più a sopportate le ingiustizie.

proteste venezuela maduro 6Dopo che il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha annunciato i risultati questa scorsa domenica alle 5.30 del mattino (ora italiana), una metà del Paese è rimasta soddisfatta, mentre l’altra ha subito pensato due parole: broglio elettorale. Se prima il chavismo era una – finta – maggioranza, adesso siamo divisi proprio in 50/50, dato che la differenza tra un candidato e l’altro è stata solo dell’1%. In Venezuela c’è una divisione sociale che viene dall’odio; odio tra quelli che hanno tutto e quelli non hanno niente, odio tra quelli che appoggiano il governo e quelli che no. C’è odio dappertutto. E fa male.

Violazione del voto segreto o coazione nel momento di esercitarlo, violenza nelle vicinanze dei centri di votazione, ostruzione ai meccanismi di suffragio, ritardo o paralizzazione del processo elettorale e proselitismo nelle vicinanze dei centri sono solo alcune delle irregolarità che ha denunciato pubblicamente Capriles, il candidato alla presidenza dell’opposizione, e che oltrepassano la cifra di 3200 anomalie.

proteste venezuela maduro 5Migliaia di seguaci di Capriles si sono concentrati pacificamente davanti ad ogni sede del CNE di ogni città del Venezuela per esprimere la loro petizione, ma sono stati attaccati violentemente dalla polizia metropolitana e le Forze Armate Nazionali, il cui lavoro, dobbiamo ricordare, è proteggere i cittadini, qualsiasi siano le loro idee politiche.

Insulti, spari, colpi, lacrimogeni e altre armi hanno lasciato un bilancio di almeno otto morti, una centinaia di feriti e 135 persone arrestate. Questi ultimi sono stati poi torturati dagli stessi poliziotti e obbligati con la violenza a recitare canzoni inneggianti al candidato del governo, in palese violazione dei Diritti Umani, paragonabile alla violazione del diritto alla vita, perché violenta un elemento essenziale della nostra dignità umana: il diritto ad avere idee. Tutto questo senza menzionare la quantità di persone che sono state licenziate dal governo solo per aver votato Capriles, o le volte in cui i – pochi – politici di opposizione del Parlamento sono stati colpiti e privati di libertà di espressione dal presidente Cabello, solo per aver pensato in modo diverso.

Se con Chávez il Venezuela era sotto una dittatura, adesso con Maduro, che è già stato proclamato illegalmente e ha giurato come Presidente della Repubblica, le cose peggiorano ogni giorno. Proprio l’aumento delle tensioni e il rischio di scivolare verso una guerra civile ha fatto abbassare i toni, le proteste e manifestazioni sono state sospese per evitare il ripetersi di episodi di violenza. Uno dei risultati ottenuti dai manifestanti è che Tibisay Lucena, presidentessa del CNE, ha deciso di fare il controllo del 46% delle urne (12.000 in totale), che, secondo Capriles, sono quelle con la maggior quantità di irregolarità denunciate.

C’è ancora speranza per il Venezuela, che chiede disperatamente libertà e giustizia. Purtroppo si dovrà aspettare ancora un mese per sapere il risultato finale del controllo dei voti. C’è ancora speranza, sì, ma solo se questa volta gli organismi del governo imboccheranno vie giuste e l’opposizione parteciperà in maniera attiva allo scrutinio.

Fernando Menéndez Cobelo
(raccolto da Serena Avezza)
@twitTagli

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