
Sono molti gli esponenti politici cui è capitato di “morire” su Twitter. È capitato a Giulio Andreotti e a Fidel Castro, per esempio. Ed è capitato, negli ultimissimi giorni, anche a Hugo Chávez. Per quanto la notizia del passaggio a miglior vita del leader bolivariano sia priva di fondamento, è indubbio che le sue condizioni di salute siano critiche: ricoverato a Cuba e operato di cancro per la quarta volta, Chávez sarebbe attualmente alle prese, secondo molte fonti stampa, con una grave insufficienza respiratoria dovuta a un’infezione polmonare.
Le condizioni di salute di Chávez hanno naturalmente una rilevanza politica e dirette conseguenze sulla vita istituzionale venezuelana. Chávez dovrebbe giurare fedeltà di fronte alla Corte suprema il 10 gennaio prossimo, ufficializzando e rendendo effettiva, in questo modo, la vittoria elettorale dello scorso 7 ottobre, ottenuta con una decina di punti percentuali di vantaggio sul leader dell’opposizione Henrique Capriles.
Sarà in grado di farlo? Nel caso di impossibilità a giurare da parte del presidente, l’articolo 233 della Costituzione venezuelana distingue tra “assenza assoluta” (morte, dimissioni, destituzione, incapacità oggettiva e prolungata di governare) e “assenza temporanea”. Nel primo caso la Costituzione prevede che i poteri presidenziali siano conferiti al Presidente dell’Assemblea Nazionale (attualmente, Diosdado Cabello) e che siano indette nuove elezioni entro 30 giorni. In caso di assenza temporanea, spetterebbe invece al vicepresidente assumere la reggenza per 90 giorni, prorogabili, previo voto parlamentare, per altri 90. Sarebbe quindi il parlamento a decidere se l’assenza sia ancora da considerarsi temporanea o se vada considerata assoluta.
Sia Diosdado Cabello, tra i pretendenti alla successione, sia Nicolas Maduro, delfino dello stesso Chávez, si sono affrettati ad affermare che Hugo Chávez è e resta il presidente della nazione.
Ma prima i fedelissimi del presidente avevano ipotizzato la possibilità, come scritto per esempio dal Fatto quotidiano, di tenere la cerimonia del giuramento presso l’ambasciata venezuelana all’Avana, a tutti gli effetti territorio venezuelano. Maduro avrebbe avuto, per un tempo indefinito, la reggenza, aggirando l’obbligo di nuove elezioni e insediandosi, di fatto, alla successione del Presidente.
L’ipotesi – che avrebbe cancellato i sogni di grandezza (e di potere) di Cabello, che contende a Maduro il ruolo di leader post- Chávez – è velocemente tramontata. Lo stesso leader dell’opposizione Capriles è intervenuto, in maniera netta, sulla questione-giuramento (definito “pura formalità” anche da Maduro): “La persona che non possa prestare giuramento nel giorno stabilito non perde comunque la sua condizione di presidente eletto”.
Quali scenari si possono prevedere, in caso di “assenza assoluta” di Chávez? Difficile tracciare un disegno convincente e compiuto. Senz’altro, il Partito socialista unito del Venezuela, per quanto Chávez ne rappresenti l’anima carismatica e la colonna portante, non morirà con lui; e, altrettanto certamente, per restare al potere il partito non potrà fare a meno di mantenere un ampio consenso popolare.
Saranno massimamente determinanti, soprattutto, gli interessi economici internazionali e le connesse pressioni politiche e diplomatiche. Perché, non dimentichiamolo, al netto di retorica e ideologia, la politica del partito bolivariano, antiamericana e nazionalista, si colloca saldamente e indubbiamente nel capitalismo.
Andrea Donna