
Se la cosa vi è sempre parsa strana, se questo ritratto senza macchie e senza grinze vi ha sempre visti dubbiosi, se credete che in fondo potrebbe trattarsi di nient’altro che una figurina o una silhouette bidimensionale…allora Mahatma. Storia di un intoccabile di Marco Tangocci e Lorenzo Piattelli è il libro che fa per voi.
Insomma, per Marco e Lorenzo è una storia che non può essere lasciata lì dov’è, ma che deve essere raccontata.

La prima caratteristica di Mahatma è dunque quella di nascere dalla volontà di raccontare una storia poco nota, con il fine di rendere la storia dell’indipendenza indiana più complessa e di dare così maggiore tridimensionalità ai suoi protagonisti. Gli autori scelgono di narrare la vicenda da un punto di vista soggettivo e occidentale, mettendo sulla scena un medico scozzese inviato nella colonia dell’impero britannico: insieme a lui il lettore scopre letteralmente l’India di inizio Novecento, il suo territorio e la sua composizione sociale, le dinamiche del potere coloniale e del movimento indipendentista.
Una scelta felice e onesta poiché permette di restituire la stessa situazione in cui si troverebbe ciascuno di noi approcciandosi a un argomento del genere, quella di osservatori di una parte di mondo e di storie che non ci appartengono e che non potremmo mai capire se non rinunciando ai nostri pregiudizi, alle nostre categorie, alle nostre rappresentazioni.
La “grande anima” vista da questa prospettiva appare così come una figura grigia, meschina, doppiogiochista e calcolatrice, ben lungi dall’icona tutta chiari e niente scuri cui siamo abituati.
Appare così in tutto e per tutto il quasi sconosciuto Ambedkar, la sua battaglia e le sue idee per dare finalmente dignità e diritti ai dalit, ma insieme a lui può emergere anche una schiera di altri personaggi che hanno avuto la loro parte nel movimento per l’indipendenza dell’India e che restano per lo più al grande pubblico – a partire da Jinnah, leader dei musulmani, fino al comunista Roy.
Il modo in cui gli autori hanno tentato di far convivere romanzo e saggio storiografico è quanto meno insolito e segue una struttura che potrebbe essere definita a “X”, con una linea – quella del romanzo o della fiction – che dall’alto scende in diagonale verso il basso incrociando nella sua traiettoria un’altra linea – quella della storia – che segue il percorso opposto.

Il rigore della ricostruzione diventa spesso troppo pesante rendendo la vicenda meno vivace, avvincente, dinamica e accattivante: una buona storia deve anche saper essere ben raccontata ed essere intrigante anche per tutta quella non indifferente fetta di pubblico che potrebbe essere ostile – se non disinteressata – al peso degli eventi trattati.
Inoltre, soprattutto ad uso degli scettici, non sarebbe stata una cattiva idea aggiungere a fine libro una sorta di bibliografia essenziale attraverso cui fosse possibile ripercorrere il percorso di ricerca storica compiuto dai due autori.
Mahatma è interessante però anche per come ci arriva: i due autori hanno scelto di non passare per l’editoria tradizionale – indipendente o mainstream che sia – né per l’auto-pubblicazione, hanno scelto invece l’autoedizione attraverso il cosiddetto copyleft perché avevano un’idea precisa del tipo di prodotto che doveva uscire e del modo in cui dovesse circolare.
Tutto Mahatma ci arriva insomma grazie al solo lavoro di Marco, Lorenzo e di tutti gli amici e le amiche che li hanno aiutati nel trasformare quell’idea in concreta realtà: dalla scelta della carta e della colla per la rilegatura fino alla revisione e all’editing, passando per le belle immagini e le cartine che accompagnano il testo e altro ancora.
Marco e Lorenzo, come è già stato detto, hanno voluto raccontare e diffondere una storia, non hanno la minima intenzione di mantenerne «tutti i diritti riservati» ma bensì di condividerla. Forse non sarà grazie a questo che l’icona di Gandhi un domani crollerà (qualcuno peraltro se ne sta già accorgendo), ma certo anche loro avranno contribuito a renderla meno… intoccabile.