Fame emotiva: il girotondo delle emozioni

Bridget-Jones

Alzi la mano chi non si è identificato, almeno una volta, in Bridget Jones, la rotondetta eroina che, dopo l’ennesima delusione d’amore, si consolava in compagnia di tv, divano e coppa di gelato.

Evitiamoci il disturbo di mentire a noi stessi: è successo anche a noi. Quante volte, quando il nostro umore era giù o semplicemente per noia, abbiamo ceduto alle lusinghe di cioccolato, gelato o patatine?

Sembra proprio che quel tale alimento sia lì solo per noi: è nel preciso istante che partoriamo questo pensiero che la tentazione vince sulla nostra volontà. Ed è questa una sintesi efficace del tormentato rapporto tra cibo ed emozioni.

Fame Emotiva Girotondo

C’è chi intende questo atto come un gesto punitivo o d’amore verso se stesso, o anche un modo per stare (meglio) in compagnia.

Pur senza vivere un rapporto patologico con l’alimentazione, capita a molti di usare il cibo per far fronte a stati emotivi negativi. La cosiddetta fame emotiva risponde ad ansia, irritabilità, stress. Ma fateci caso: la fame emotiva impedisce di gustare realmente ciò che si mangia; e anzi (si) alimenta (di) sensi di colpa e sentimenti di bassa autostima.

Il cibo dovrebbe tornare occasione di convivialità e soddisfazione. Esempio tipico: il pranzo della domenica di tanto tempo fa. Chi non ricorda qualche prelibatezza che gli preparava la nonna?

Per non “mangiare le nostre emozioni” è necessario riflettere e fermarsi: basta davvero poco per resistere alla tentazione impulsiva.

Commerciale

Biologa nutrizionista

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