Gioco d’azzardo: tutti i numeri di una piaga sociale

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Un bar con arredamenti un po’ pacchiani non di certo all’ultimo grido, qualche salatino sul bancone, un paio di persone sedute al tavolo coi quotidiani di giornata ripiegati malamente, il titolare del locale, un cameriere e laggiù – svogliatamente nascoste – una sfilza di macchinette che emettono luci, suoni e colori in continuazione, nel tentativo di attirare la nostra attenzione.
Chiunque di noi sarà capitato in una situazione come questa, o molto simile a questa, tanto da renderla assolutamente ordinaria e poco degna di nota.

Ed è proprio il fatto che tutto ciò sia poco degno di nota a rendere quelle macchinette luminose e colorate qualcosa di socialmente micidiale e pericoloso. Stiamo ovviamente parlando delle slot machines e più in generale del gioco d’azzardo che dal 2008, inizio della crisi economica, ad oggi, si sta espandendo silenziosamente e a macchia d’olio nella nostra società.

Partiamo da qualche dato:

  • Il mercato italiano del gioco d’azzardo ammonta tra gli 88 ed i 94 miliardi di euro all’anno. Il 15% del totale europeo e il 4,4% di quello mondiale;
  • Siamo il Paese che acquista più “gratta e vinci” al mondo (19% circa del totale);
  • In media ogni italiano, neonati compresi, spende 1350 euro all’anno per i giochi d’azzardo, cifra che sale a 1890 se consideriamo solo i maggiorenni, ossia gli unici che teoricamente potrebbero giocare;
  • Il gioco d’azzardo, a seconda delle stime e a seconda del fatto che si tenga conto anche del gioco illegale, è il terzo/quarto settore del Paese per fatturato ed è uno dei pochissimi ad aver incrementato gli affari durante la crisi;
  • Lo Stato incassa, grazie al gioco d’azzardo, circa 8-9 miliardi di euro all’anno, ma nonostante tale industria sia in continua ascesa, le entrate fiscali non crescono di pari passo poiché le nuove tipologie di gioco online hanno imposizioni fiscali decisamente più basse rispetto ai giochi classici: si è passati dal 29,4% del 2004 all’8,4% del 2012, sul totale del fatturato.
  • Le mafie incassano circa 15 miliardi l’anno grazie al gioco d’azzardo.
  • L’Italia perde circa 17 miliardi di euro all’anno a causa del gioco. Si tratta di denaro che, dalle tasche dei giocatori italiani, finisce nelle tasche di società internazionali.

A questi dati strettamente economici si aggiungo quelli sociali, che si dimostrano altrettanto maledettamente tragici per la nostra penisola:

Le cifre esposte poc’anzi danno una visione parziale, ma comunque sufficiente per comprendere le dimensioni di questa piaga sociale, di cui, tuttavia – ve ne renderete conto voi stessi – si parla poco, troppo poco.
Il fatto che si possa giocare in un posto diffuso e ordinario come il bar sotto casa, il fatto che sia arduo comprendere quanto dannoso possa diventare sul lungo termine giocare qualche monetina al giorno solo “per svago”, il fatto che il nostro corpo non subisca conseguenze dirette come nel caso di abuso di alcool o droghe, sono tutti fattori che rendono la ludopatia una serpe silenziosa difficile da riconoscere ed estirpare.

Per approfondire ancora di più questa delicata tematica, abbiamo intervistato Daniele Albanese, uno tra i coordinatori nazionali del movimento “SLOTMOB” nonchè referente area internazionale Caritas. 
Slot Mob è un movimento che dal 2013 tenta di sensibilizzare la popolazione sul gioco d’azzardo, interfacciandosi direttamente col Governo e le Istituzioni locali, per cercare di arginare tale piaga sociale.

 

Anche grazie al movimento Slot Mob, sembra esserci un po’ di movimento di fronte al problema del gioco d’azzardo. Come si sta muovendo la politica? Lei crede che la soluzione la si possa trovare a livello di amministrazione territoriale o è solo ed unicamente un problema risolvibile su scala nazionale?

“Sindaci e governatori di regione allontanano le slot machine dalle scuole e limitano gli orari, mentre il governo non interviene e continua a incassare. Questa è la sintesi dopo due anni di battaglie portate avanti dal movimento Slotmob.

Napoli, Portici, Mogliano Veneto, Aosta, Varese, ma anche Biella, Chieri e Mori in provincia di Torino. Ancora: Cremona, Verona, Savona, Sassari, Livorno. Dalle grandi città ai piccoli comuni sono quasi 50 le amministrazioni che nel corso degli ultimi due mesi hanno approvato o avviato l’iter per dotarsi di un regolamento comunale per arginare il fenomeno del gioco d’azzardo e la sua diffusione.

Regolamenti che normalmente prevedono i due punti più avversati dalla stessa industria italiana del gioco d’azzardo: distanze da luoghi sensibili e limitazione di orario per il funzionamento delle macchinette.

Il terreno di scontro poi si sposta nelle aule dei tribunali. Solo negli ultimi due mesi i giudici amministrativi hanno emesso almeno dodici sentenze. Si viaggia al ritmo di un pronunciamento ogni cinque giorni. Com’è possibile questo scollamento tra scala nazionale e amministrazioni territoriali?

Partiamo dall’inizio.

Quando è esploso il fenomeno delle slot machine, le prime regole le ha dettate lo Stato. Lo stesso Stato che, tra licenze e tasse, incassa. E così il gioco d’azzardo si è diffuso ovunque. Ed è questo il motivo principale per cui ha gettato la spugna. Nel 2012 il piano Balduzzi aveva previsto distanze minime delle sale da scuole, ospedali e chiese. Ma i decreti attuativi non sono mai arrivati. Il governo ha lasciato decadere anche la legge delega del 2014, che lo incaricava di riordinare il settore (con grande sollievo delle associazioni «no slot», che temevano un colpo di spugna sui vari divieti locali).  

Siamo così arrivati alle norme fai da te.”

 

 

La legge di Stabilità 2016 ha stanziato 50 milioni  per “interventi” in tema di patologie collegate al gioco d’azzardo. È una misura utile e sufficiente o è un inefficace tappabuchi?

 

Ogni normativa locale, così come l’ultima finanziaria (ora legge di Stabilità) prevede normalmente interventi di cura e prevenzione. Qui chiaramente sta l’ipocrisia di fondo.

Da un lato ti induco ad ammalarti e poi ti curo.

È chiaro che è un inutile palliativo, nel duplice tentativo da un lato di ingrossare e ingrassare il settore della cura (tra terzo settore e sanità pubblica) e dall’altro di poter dire che qualcosa si sta facendo lasciando i giochi completamente inalterati. 

Per questo come movimento Slotmob ci siamo opposti in maniera netta alla previsione di finanziare la prevenzione e la cura con i proventi diretti dell’azzardo, perché la catena si deve spezzare.

Non è un caso che le lobby dell’azzardo siano favorevoli a questo tipo di misure.

C’è una motivazione ancor più perversa che fa dire che un giocatore che diventa patologico è un problema sociale che inoltre essendosi molto spesso indebitato fino all’ultimo centesimo non può più essere spremuto e pertanto si può anche curare. I patologici sono un problema anche per l’industria dell’azzardo stesso perché creano una brutta immagine del gioco in generale. Quel che è utile invece è che tutto il popolo continui a giocare, che sia un’attività normale insieme all’andare al bar o al tabaccaio, che sia un gioco per i bambini, che sia accessibile ovunque e sempre più nella solitudine dei giochi online.

Per questa ragione per le pubblicità scelgono personaggi famosi che quotidianamente entrano nelle case di milioni di italiani, calciatori, sportivi e attori che rendono il gioco d’azzardo la normalità del Paese.

Chiaramente curare i malati è un dovere e va fatto. Senza tagliare però drasticamente le possibilità di ammalarsi risulta inutile.”

 

 

Come coordinatore Caritas di una Provincia del nord Italia, quali sono gli effetti sulla quotidianità che lei riscontra più frequentemente? Cosa possiamo fare noi cittadini per aiutare qualche conoscente che sia a rischio di ludopatia?

 

 “Gli effetti sono drammatici. Le persone che si rivolgono a noi con problemi legati alla povertà sono sempre più spesso vittime dell’azzardo. Bollette da pagare e spesa da fare per aver giocato alle macchinette. Prestiti insormontabili, debiti e cessioni di parte degli stipendi che schiacciano le persone, le inducono a mentire.

Famiglie spezzate e vite affrante. Effetti drammatici comprensibili solamente guardando negli occhi un giocatore patologico.
Se si incontra o conosce un giocatore patologico, o si ha anche il solo sospetto che una persona lo sia, quel che conviene fare per aiutarlo è indirizzarlo a quelle associazioni ed Enti che si occupano di cura sostegno e prevenzione. Nel nostro territorio sono i centri di ascolto caritas, il consultorio famigliare, le associazioni di auto mutuo aiuto di giocatori e il Sert.  

Quel che dobbiamo tenere presente è che essere vittima dell’azzardo non è un vizio ma una vera e propria malattia  e dipendenza senza sostanze che porta a conseguenze pari alle altre dipendenze più conosciute.”

 

Cosa può dare veramente fastidio alle lobby del gioco d’azzardo e aiutare preventivamente il problema della ludopatia?

 

“Occorre innanzitutto dare un nome alla causa del disastro che vediamo in giro. Causa che non è la ludopatia. A volte con questo termine si edulcora un po’ la realtà, come se ci fosse un’inclinazione naturale a diventare dipendenti da una macchinetta. Io preferisco definire la causa come l’ “azzardo industriale di massa”.

Tale industria genera fatturato e posti di lavoro, che impiega laureati e persone preparate. Ciò che risulta folle è che tale settore cresca sfruttando le debolezze delle persone! Su questo si può far molto.

Una proposta dall’alto è quella di togliere il monopolio dell’azzardo a multinazionali che hanno come scopo il profitto di breve periodo e le trimestrali da presentare agli azionisti in borsa (perché son tutte quotate). Togliere l’azzardo alle multinazionali e affidarlo, in maniera decisamente ridotta, a enti no profit, allo Stato o a quel che diciamo provocatoriamente, alle suore. Ci va qualcuno dentro le sale scommesse che inciti le persone a uscire, che spieghi i danni che l’azzardo porta, che racconti le perdite.

Dal basso però è l’azione principale su cui punta Slotmob. E la risposta è puntare sul consumo critico. Se ogni persona smettesse da subito di frequentare bar e locali che vendono l’azzardo, il mercato si autoregolerebbe e in poco tempo tutti gli esercenti seguirebbero l’esempio di chi oggi si dimostra virtuoso.

Togliere le basi alle lobby dell’azzardo è quel che fa davvero paura e quel che viene contrastato in maniera importante. Togliere le possibilità di profitto. Se siamo in tanti è possibile.

Per questo il 7 maggio abbiamo organizzato un evento nazionale, una festa di rinascita civile, a cui hanno già aderito oltre 40 città in tutta Italia e dove andremo a premiare quelle esperienze positive di bar che hanno scelto di togliere il gioco d’azzardo.”

Grazie Daniele. Non ci resta che scegliere un bar di fiducia senza slot.

Luca Murta (ZetaBlue Blog)

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