I sondaggi hanno sempre evidenziato che c’è in Italia una solida maggioranza che vorrebbe maggiori precauzioni a difesa della salute.
Il Ministro della Salute Speranza, di fatto la punta della piramide delle decisioni sanitarie, pur essendo praticamente isolato nel Governo e attaccato da tutte le parti della maggioranza, viene tuttora riconosciuto comunque come affidabile da diverse rilevazioni.
Alla fine di ottobre 2020, con un tasso di decessi praticamente affine all’attuale, per il 28% degli interpellati le misure erano “adeguate alla situazione”, mentre il 36% del campione le trovava addirittura insufficienti, rendendo necessario “prendere provvedimenti più stringenti”. A dicembre 2020, nonostante i significati socioculturali del periodo, “per il 61% sarebbe (stato, NdR) sbagliato allentare misure durante le feste natalizie”. A marzo 2021 il 48% voleva nuovamente un lockdown “2020 style”. Mettere a sistema questi quattro sondaggi dimostra una certa continuità nell’accettazione delle misure. Anzi, una netta inclinazine.
Il governo Conte II un anno fa non ha compreso che le misure di cautela avevano un’opposizione minoritaria ma rumorosa che chiedeva ‘radiose giornate’ di riapertura totale, nell’ottica della sopravvivenza del più forte.
Averle accontentate nell’estate 2020 ha causato il raddoppio dei morti e degli ammalati gravi (con conseguenze sulla loro salute futura di grande rilevanza). Oltre a travolgere il Sud Italia per portare ulteriori capitali a nord (cioè dei grandi capitalisti che muovono il turismo italiano).
Il governo Draghi nasce come sbilanciato verso le aperture e dominato dalla destra, disinteressata al concetto di salute pubblica, che va da Italia Viva passando per la Lega e avendo in Fratelli d’Italia il pungolo per raccogliere gli scontenti e spingere il governo sempre un passo più in là verso i ‘rischi calcolati’.
Che secondo uno studio scientifico uscito su Nature – in cui si mettono a sistema le percentuali tra chiusure, vaccini e aperture – dovrebbe ‘costare’ 25.000 morti.
Il ribellismo delle élite italiche si è congiunto per l’ennesima volta a quello della piccola borghesia e del sottoproletariato (usiamo questi termini sociologici agè giusto per capirci) nel nome del risentimento plebeo che attanaglia l’Italia da 30 anni e che ha fatto sorgere i 5 stelle. Con la coda disprezzabile della sinistra anarcoide e ultralibertaria che alle fine regge sempre solo la libertà dei più forti. Che dissocia i diritti sociali e civili, che dissocia diritti e doveri, rendendo più facile per le destre togliere i primi e i secondi alle fasce più deboli della popolazione, soprattutto immigrata.
Una versione tecnocratica del capitalismo attuale – peraltro, altra faccia della medaglia di quel risentimento plebeo.
E infatti è riuscita perfettamente l’amalgama tra i Boeri e i Salvini.
Ovviamente la sconfitta del governo Conte era prevedibile. Un’aggregazione nata sotto il nome del populismo morbido non aveva strutturazione sociale capace di difenderla; e con le impostazioni di molti dei suoi dirigenti – se Salvini si fosse bevuto meno mojito – sarebbero potuti essere dalla parte di Trump e Bolsonaro.
L’avvento del reale dato dal Covid – che svela la dannosità delle nostre vite, incentrate su un neoliberalismo adesivo ad ogni strato dei nostri movimenti – avrebbe potuto essere un’opportunità.
Per fare i conti con quell’alterità che non possiamo comandare, nonostante i nostri fantasmi di onnipotenza tecnica.
La strada è ancora lunga, e tutta da essere tracciata.
Ma ho paura che il covid sia solo un avvertimento che la natura ci ha dato.
Non lo abbiamo capito e dubito che sarà l’ultimo; dubito pure che il prossimo segnale potrà trovare in un vaccino una rapidissima soluzione.