Vi spiego perché sono antifemminista in quanto, e non benché, antisessista

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Ho letto con grandissimo piacere e con altrettanto interesse i commenti da parte di ladymismagius al post “Vado a X per Y mesi: cosa pensa il maschio medio di fronte all’ennesima baggianata“. Di questa utente mi piace moltissimo il tono rigorosamente logico, la serenità e l’onestà intellettuale.
Le posizioni di questa utente sono, ça va sans dire, quanto più distante si possa immaginare dalle mie.

L’utente dà di “femminismo” una definizione che coincide con quella di “antisessismo“: “L’obiettivo del femminismo è la parità dei sessi”.
Aggiunge poi da Wikipedia: “Con il termine femminismo, generalmente, si può indicare: – la posizione di chi sostiene la parità politica, sociale ed economica tra i sessi, ritenendo che le donne siano state e siano tuttora, in varie misure, discriminate rispetto agli uomini e ad essi subordinate; – la convinzione che il sesso biologico non dovrebbe essere un fattore predeterminante che modella l’identità sociale o i diritti sociopolitici o economici della persona; – il movimento politico, culturale e sociale, nato storicamente durante l’Ottocento, che ha rivendicato e rivendica pari diritti e dignità tra donne e uomini e che – in vari modi – si interessa alla comprensione delle dinamiche di oppressione di genere”.

L’errore di fondo è triplice:

1. La definizione di ladymismagius confonde quello che il femminismo è con quello che il femminismo dice di essere (confonde cioè la definizione logica con quella ideologica – uso il termine in senso marxista, non in senso corrente – di “femminismo“).
Al netto di innegabili meriti storici, il femminismo è (diventato) un’ideologia che lotta per instaurare un rapporto sociale tra i sessi in cui tutti gli onori e i privilegi siano ascritti alle donne, e tutte le responsabilità e i doveri siano ascritti agli uomini.
Questo rapporto è chiamato dai femministi “parità dei sessi“. Chi si accorge dell’inganno e lo smaschera è chiamato con l’appellativo infamante di “maschilista“.

2. Questa definizione è viziata da una generalizzazione di fondo: il fatto che il femminismo combatta (abbia combattuto) alcune battaglie antisessiste non basta a fare del femminismo un movimento antisessista tout court.

un uomo morto non stupra

3. Questa definizione gioca abilmente sul fuorviante aggettivo “patriarcale, attribuito alla società tradizionale. La società tradizionale prevedeva ruoli rigorosamente divisi per genere.
Alle donne spettavano alcuni “privilegi”, agli uomini altri: le prime si spaccavano la schiena in cucina; ai secondi spettava l’onore di farsi massacrare in trincea (banalizzo in maniera bieca per questioni di spazio).
Pochi privilegiati opprimevano molti sottomessi.
Quando il femminismo (si) rappresenta quel mondo passato come una società in cui un genere ne opprimeva un altro, e non come una società in cui un ceto (e poi una classe) ne opprimeva un altro (e poi un’altra), non fa niente altro che il gioco ideologico degli oppressori contro gli oppressi.

Spogliato del manto ideologico di questi tre errori, il femminismo si rivela per quello che è: un’ideologia reazionaria, interclassista e sessista
Un’ideologia che qualsiasi persona che si definisce, come chi scrive, antisessista, dovrebbe avversare con tutte le forze.

Pietro Scullino
@twitTagli

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