
L’ottava Coppa dei Moschettieri appena alzata al cielo [edit 2018: l’undicesima!], la 58esima vittoria al Roland Garros su 59 partite giocate (un record da pugile, non da tennista) e l’investitura di Bjorn Borg (“Rafa è il più grande giocatore della storia sulla terra battuta” – un po’ come se i Beatles facessero endorsement ai Pink Floyd) mi spingono a tentare di rispondere al quesito formulato dall’amico Umberto Mangiardi alla fine del suo pezzo su, anzi contro, Nadal. Perché il pubblico apprezza le vittorie di Nadal, benché le sue partite siano più affini al pugilato che al tennis?”.
Limitiamo il campo: vediamo perché piace agli appassionati di tennis per ragioni squisitamente tennistiche, tralasciando chi ne apprezza bellezza, simpatia e sex appeal.
Anzitutto, Rafael non è solo un fenomeno atletico. È anche, e per certi versi prima di tutto, un fenomeno tecnico. Merito di pochissimi, Rafa ha inventato un colpo: il diritto concluso sopra la spalla sinistra e non sopra la destra (parliamo di un mancino) è un unicum nella storia del tennis, ed è un’evoluzione darwiniana di questo fondamentale; grazie al gesto più breve, la sua racchetta viaggia più veloce di quella degli avversari; la rotazione mancina esasperata dalla presa western è micidiale (la rotazione si scarica dopo il rimbalzo, costringendo tantissime volte l’avversario a giocare il colpo da sopra alla spalla – e provateci voi a rimandare di là certe pallate); recuperi per altri giocatori impossibili si trasformano in occasioni per fare il punto.
Il rovescio bimane di Nadal, nella mia personale classifica, precede per bellezza gli omologhi colpi dell’aristocratico Kafelnikov e di quello svitato di Ivanisevic, ed è secondo solo a quello, inarrivabile, di Agassi. Parliamo di pura bellezza: perché se si parlasse di efficacia Nadal non sarebbe neanche sul podio (ipotizziamo medaglie ancora per Agassi, per Borg e per Wilander, vedete voi di quale metallo a ciascuno).
Con Ivanisevic, Nadal condivide anche la possibilità tattica di staccare la mano destra giocando il rovescio con il taglio dall’alto in basso. I gesti dei due giocatori, in questo fondamentale, non sono dissimili, con il piatto corde che parte quasi parallelo al terreno di gioco.
Il servizio di Nadal è un miracolo di plasticità. Provate, osservando un video su Youtube, a fermare la sequenza di una battuta di Nadal al momento del lancio di palla: quando la palla stessa è nel punto più alto della sua parabola, le ginocchia di Nadal sono piegate quasi a novanta gradi.
Tutta la potenza – di gambe e di braccio – si trasforma quindi in rotazione.
Il servizio di Rafa – discreto a inizio carriera, devastante dopo gli ultimi progressi tecnici – è un colpo esteticamente straordinario.
Il tocco di Nadal è già stato osannato da Mangiardi. Aggiungo qualcosa a proposito della sua volée: tra i terraioli puri di altissimo livello (escludiamo Panatta, terraiolo in quanto romano cresciuto a pane e Foro Italico ma giocatore servizio e volée – fosse nato a Cape Town o Melbourne sarebbe stato erbivoro oltranzista) la sua è probabilmente la migliore volée della storia del tennis.
La gioca poco? Vero, verissimo. Ma principalmente per il fatto che il punto lo chiude prima.
Doverosa nota metodologica finale: chi scrive è (anzi, è stato) un tennista appena mediocre, discreto nel gioco di volo ma fragilissimo (per deficit tecnico e per inconsistenza atletica) nel palleggio da fondo campo.
L’unico tennista terraiolo puro per cui ho tifato è stato Thomas Muster.
Odiavo Courier e Hewitt. Tra Nadal e Djokovic tifo per lo spagnolo; tra Federer e Nadal tifo per lo svizzero.
Ho sempre adorato il tennis anni ’70: sarò maniaco, ma se su Supertennis danno una replica di un match di Evonne Goolagong io resto ipnotizzato e affascinato. E immaginare qualcosa di più distante dal tennis nadialiano è francamente difficile.
Andrea Donna
@AndreaDonna