Tutte le bufale su Papa Francesco I (vol.2): fu compromesso con il regime?

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Esplosive come una granata, le prime bufale su Papa Francesco I (al secolo, l’argentino Jorge Mario Bergoglio) sono deflagrate con una rapidità inattesa. Il nuovo pontefice non ha fatto in tempo a sbucare fuori dalla loggia della Basilica di San Pietro che la Rete (ah!) gli ha scaricato addosso (clicca il link qui sotto per accedere alla sezione dedicata):

Andiamo ad analizzarle per gradi.

Parte A – Le foto

Queste sono le accuse sicuramente più gravi. Non appena il cardinale protodiacono ha annunciato il nome di Bergoglio, alcuni si sono scatenati per bollare il nuovo Pontefice come collaborazionista del regime dei Generali.
Cominciamo dalle fotografie, perché sono le più semplici da smontare (per questa parte, ringraziamo fin da subito il collega e amico Paolo Morelli che sul suo blog ha fatto un lavoro simile al nostro e da cui abbiamo attinto). 
Lo scopo di queste immagini sarebbe mostrare il Cardinale Bergoglio in atteggiamenti cordiali o istituzionali principalmente con Jorge Videla.

videla-pio laghi (no bergoglio)La prima fotografia ritrae un pasciuto cardinale ridacchiare a fianco del dittatore: la foto è sgranata, i colori sbiaditi, le espressioni molto particolari.
Ma solo chi ha evidenti problemi di vista potrebbe scambiare quella figura con quella del futuro Papa Francesco I: si tratta infatti del Nunzio Apostolico Pio Laghi.

Qualcuno potrebbe domandarsi: perché Pio Laghi sta passeggiando con Videla? Perché un Nunzio Apostolico è un ambasciatore a tutti gli effetti, e dunque deve rapportarsi con le autorità del luogo.
Su Laghi (scomparso nel 2009) pesano accuse molto gravi, ma la realtà è sempre più complicata di un post su Facebook: gli argentini ritengono il suo comportamento nella migliore delle ipotesi troppo morbido, e nella peggiore connivente (accuse del resto sempre respinte).

Tuttavia questa vicenda, peraltro molto intricata e spinosa, ci porterebbe lontano dallo scopo di questo articolo. Resta il fatto che comparare le tre foto è semplice (vedi foto in apertura dell’articolo): l’uomo con Videla è Laghi, e del resto Bergoglio nel 1979 aveva 43 anni.
La terza foto dell’immagine di apertura dell’articolo (pubblicata su Panorama) ritrae Bergoglio pressappoco in quel periodo, mentre celebra messa.

videlacomunione (no bergoglio)Discorso molto simile va fatto per una seconda immagine, che mostra un sacerdote di spalle che distribuisce l’eucarestia sempre a Videla.
La foto è del 1990 ed è stata analizzata da molti (tra i tanti, Il Post ne ha scritto in questo articolo).
L’immagine proviene dall’archivio Corbis (una società statunitense di gestione di immagini con un archivio immenso), e la sua didascalia originale recita:

“L’ex presidente argentino Jorge Rafael Videla riceve la comunione in una chiesa di rito cattolico romano a Buenos Aires, in questa foto del 20 dicembre 1990. In seguito al colpo di stato militare contro Isabel Peron del 24 marzo 1976, Videla divenne presidente, guidando una giunta militare che includeva il brigadiere generale Orlando Agosti e l’ammiraglio Eduardo Massera”.

In nessun punto della didascalia si fa riferimento a Bergoglio. E c’è un motivo: Bergoglio non è ritratto in questa foto, come si evince dal video seguente.
Si tratta di una funzione officiata a Buenos Aires, dopo che Videla era appena stato amnistiato dal presidente Menem. Secondo Il Post ad officiare è l’allora Vescovo ausiliario di La Plata, monsignor Octavio Derisi; molto più accurato questo sito cattolico che identifica il soggetto nella persona del sacerdote don Carlos Berón de Astrada, intento a celebrare nella cappella della Pequeña Obra de la Divina Providencia Don Orione (30 dicembre 1990).
Il tutto è corredato da questo video.
All’epoca, per la cronaca, Bergoglio aveva 54 anni, non ricopriva incarichi importanti nella Chiesa argentina ed era spesso in Germania per completare degli studi in teologia.

 

Parte B – La Storia

Non bastavano le foto taroccate: servivano una serie di articoli circostanzianti. Personalmente, sulla mia home di Facebook ne ho trovati tre, postati da amici che a pochi minuti dall’elezione avevano un gran bisogno di ostentare il proprio ateismo/agnosticismo/anticlericalismo.

  • Il primo link a diventare virale è stato un lancio di un partner dell’agenzia ADN Kronos vecchio di sette anni (è datato 16 aprile 2005): in esso si riportava la notizia di una denuncia sporta nei confronti del Cardinale Bergoglio durante il conclave del 2005 che porterà all’elezione di Benedetto XVI.
  • Il secondo articolo è del sito www.infiltrato.it, che è molto impreciso (per usare un eufemismo). Nel catenaccio, ascrive a Bergoglio una (non meglio specificata nel resto dell’articolo) vicinanza con l’Opus Dei (che, in quanto a complotti, sta alla Chiesa come la Massoneria sta ai governi politici ordinari: dove lo metti, sta. E l’articolista ci fa una gran figura); il titoletto dell’unico paragrafo, poi, non lascia scampo: “il Cardinale argentino che aiutò la dittatura”.
  • Il terzo articolo proviene dal Fatto Quotidiano di Padellaro (e Travaglio, e Gomez), che è più moderato nel titolo ma sufficientemente capzioso nel testo del pezzo.
 

I FATTI

I due articoli narrano una vicenda; il lancio d’agenzia del 2005 si limita a citare un giornale terzo (La Cronica de Hoy, giornale Messicano), il quale trattò nelle sue pagine l’argomento.
Secondo queste accuse, Bergoglio avrebbe commesso nel febbraio del 1976 una serie di atti a danno di due sacerdoti gesuiti sgraditi al regime, Orlando Yorio e Francisco Jalics. Il regime dei generali prenderà il potere solo nel marzo del ’76, ma i primi atti di Bergoglio sono fatti risalire ad un mese prima. Fatto sta che i due sacerdoti prima sono invitati a lasciare le baraccopoli in cui operavano, dopodiché vengono esclusi (secondo Infiltrato.it) dall’ordine dei Gesuiti e privati dal Vescovo (che all’epoca non era Bergoglio) dell’autorizzazione di dire messa.
Dopo questo “declassamento” i due vengono rapiti e torturati per alcuni mesi dal regime.

Horacio Verbitsky

Queste accuse vengono aggravate dagli interventi di due persone, l’avvocato argentino Marcelo Parrilli (lo riporta il giornale argentino La Voz in un suo articolo del 2005) durante alcuni processi al regime dei Generali e dal giornalista Horacio Verbitsky (foto a sinistra) in due suoi libri (Il Volo – Le rivelazioni di un militare pentito sulla fine dei desaparecidos, 1995, e L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina, 2005).
Costoro descrivono il comportamento di Bergoglio in maniera assai poco tenera: secondo Parrilli e Verbitsky, Bergoglio avrebbe prima ignorato il destino dei suoi due confratelli e quindi addirittura fatto pressioni presso l’arcivescovado e direttamente presso il regime a loro danno.
Tali accuse sono state sdegnosamente respinte sia da Bergoglio (sempre da La Voz, 2005: “È una calunnia (…). Essere accusati da qualcuno non significa essere colpevoli) sia da un articolo a firma di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera del 16 aprile 2005: Cazzullo ribalta le accuse, ed afferma che anzi Bergoglio fu determinante in senso opposto.

“Bergoglio si mosse per salvare preti e laici dai torturatori, ma non ebbe parole di condanna pubblica che del resto non sarebbero state possibili se non a prezzo della vita, e tenne a freno i confratelli che reclamavano il passaggio all’opposizione attiva.
Due di loro lasciarono i gesuiti, e subito dopo furono prelevati dalla polizia politica. Un’infamia alimentata dai nemici di Bergoglio indicò in lui l’ispiratore del sequestro; era vero il contrario: il Provinciale andò di persona da Videla per chiedere la liberazione dei due religiosi, e agli atti della giunta militare risulta la richiesta di un passaporto per loro”.

Pare certo che Bergoglio intimò ai due sacerdoti di abbandonare il lavoro nelle baraccopoli e di andarsene. Perché lo fece? Perché all’epoca bastava svolgere mansioni di quel tipo per essere bollati come oppositori del regime.
La tesi è sempre doppia: c’è chi lo vede come una segnalazione al nascente regime (come ad esempio PeaceReporter); c’è chi lo vede come un tentativo di protezione.
Una particolarità. PeaceReporter (che si basa sul libro di Verbitsky) afferma che:

Ad inchiodarlo c’è anche la testimonianza di padre Orlando Yorio, morto nel 2000 in Uruguay e mai ripresosi pienamente dalle torture, dalla terribile esperienza vissuta chiuso nell’Esma. (…) “Padre Gavigna, segretario generale dei gesuiti, mi aprì gli occhi. Era un colombiano che aveva vissuto in Argentina e mi conosceva bene. Mi riferì che l’ambasciatore argentino presso la Santa Sede lo aveva informato che secondo il governo eravamo stati catturati dalle Forze armate perché i nostri superiori ecclesiastici lo avevano informato che almeno uno di noi era un guerrigliero. Chiesi a Gavigna di mettermelo per iscritto e lo fece”.

Invece, il giornale La Voz risponde con una (non) testimonianza dell’altra parte in causa, padre Jalics:

“Padre Jalics, dal suo ritiro in Wilhelmsthal (Germania) ha detto di non voler commentare il caso. ‘Sono stato in Argentina 27 anni e non voglio mescolare queste cose del passato’, ha dichiarato. Quando gli è stato chiesto il suo parere su Bergoglio, ha detto: ‘Non ho nessuna opinione, a favore o contro. Voglio stare zitto’ “.

Marcelo Parrilli

CHI SONO GLI ACCUSATORI

Marcelo Parrilli è un avvocato che ha curato diverse cause circa le violazioni dei diritti umani in Argentina nel periodo in esame.
Parrilli è sovente tirato in ballo, ma (almeno a leggere la sua intervista recente alla radio cilena ADN) non brilla né per incisività né per chiarezza: “La questione di Bergoglio è ancora in sospeso. Il caso non è formalmente chiuso, anche a causa della lentezza che accompagna di solito tali casi, specie quando chi è accusato è un apparato di potere“.
Tradotto: io l’ho accusato, non ho una sentenza, ma se lo assolvono è perché lui è potente. Prosegue: “Fino ad oggi non è mai stato arrestato, né tecnicamente imputato in questa causa; perciò, dal punto di vista tecnico penale oggi come oggi non sono state provate responsabilità“.
Insomma, non abbastanza per scatenargli contro una campagna di stampa.

Horacio Verbitsky è un giornalista (Pagina/12, quotidiano argentino “rosso”) e scrittore argentino, con indubbi meriti nella diffusione di notizie ed inchieste sul regime dei generali.
È però anche un ex guerrigliero di estrema sinistra (della formazione dei Montoneros), radicale e sicuramente anticlericale. Non ho sicuramente i mezzi culturali per stabilire la qualità di questo gruppo (se fossero dei partigiani, dei terroristi, dei rivoluzionari); ma da due o tre cose lette qui e là pare che anche essi si siano resi protagonisti di alcuni eccidi contro la popolazione civile.
Abbastanza per permettermi di dubitare che costoro fossero tutti farina da ostie. E che quello che scrivono oggi sia assolutamente scevro da pregiudizi.

LE DIFESE

La spiegazione ufficiale di alcune frequentazioni di Bergoglio con Videla è stata data dallo stesso Cardinale:Incontrai Videla per perorare le cause di alcuni perseguitati dal regime” (www.continental.com).
Per onestà intellettuale, bisogna premettere che difendere un Papa è più “comodo” che difendere un diseredato qualsiasi. Neppure difendere un Cardinale presenta clamorose difficoltà: i vantaggi sono sicuramente più degli svantaggi.

Ma ci sono ruoli che impongono una presa di coscienza: per non compromettere la serietà dell’istituzione non ci si può abbandonare a calcoli sul ritorno positivo o negativo di una propria presa di posizione.

  • È il caso di un premio Nobel per la Pace, Adolfo Pérez Esquivel, argentino, che in più occasioni ha ribadito l’estraneità di Bergoglio dalle accuse mossegli contro: Esquievel, che fu imprigionato dal regime, ha ribadito in un’intervista alla Bbc (rilanciata dall’Unità e da alcuni siti internet) che “Se è vero che ci furono vescovi ed esponenti della Chiesa cattolica argentina implicati con la dittatura, non è il caso del nuovo Papa. Non c’e’ alcun legame tra Bergoglio e la dittatura che imperverso’ dal 1976 al 1983“. 
  • La tesi di Esquievel è stata abbracciata anche da  Leonardo Boff, uno dei fondatori della Teologia della liberazione (un’impostazione teologica che Jorge Mario Bergoglio ha sempre osteggiato), in questa intervista sul Manifesto.
  • Inoltre, secondo questo articolo della CNN (punto 4), Amnesty International ha dichiarato (ben prima dell’elezione di Bergoglio al Soglio Pontificio) di non aver mai avviato alcun procedimento individuale per il suo specifico coinvolgimento. 
  • Sempre a favore di Bergoglio si spende Jorge Ithurburu, presidente dell’Associazione 24 marzo (organizzazione parte civile nei processi contro i militari argentini in Italia) in questo articolo sull’Unità

Tutti i processi in cui Bergoglio è stato chiamato a deporre o in cui è stato accusato non evidenziano prove di colpevolezza: lo riassume in questo articolo ancora Il Post, che molto si è occupato della vicenda. Il già citato articolo di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera riporta poi l’apprezzamento per Bergoglio espresso da alcune fazioni de “Le madri di Plaza de Mayo”.
C’è chi vede, dietro questi attacchi, motivazioni ideologiche e politiche: ne parlano due membri femminili della APDH (Asamblea Permanente por los Derechos Humanos, un’organizzazione argentina) in una doppia intervista sul quotidiano argentino Clarin in cui viene ribadita l’estraneità di Bergoglio alle accuse. 
Infine, per completezza, si può leggere un lungo estratto dalla biografia di Bergoglio (El Jesuita) riportato dal sito internet www.perfil.com, dove l’allora Cardinale dà la sua versione dei fatti.

CONCLUSIONI

È sempre molto facile, per i commentatori, dire qual è la parte giusta della Storia (come fa ad esempio Mimmo Candito, su La Stampa, in un articolo che sinceramente non ho apprezzato, perché velato di un qual certo qualunquismo). Soprattutto trent’anni dopo; soprattutto a qualche decina di migliaia di chilometri di distanza.
Il mio articolo, molto lungo e molto complicato da stilare, aveva fondamentalmente due obiettivi:

  • Evidenziare come non si trattasse, per la sua grande complessità, di una vicenda e di un periodo storico riassumibili in cinque frasi su Facebook.
  • Evidenziare che, come spesso accade, la verità è un rarissimo distillato che si ottiene da tonnellate di mosto.

Sulla figura di Bergoglio è condivisibile il giudizio emesso da tal Gennaro Carotenuto sul suo blog (e riportato anche da Paolo Morelli, nell’articolo citato): “Puntare il dito sembra troppo e l’assoluzione troppo poco. Bergoglio non fu né un Aramburu né un Von Wernich ma neanche un padre Mujíca, uno dei sacerdoti assassinati. Sta in una zona grigia, un quarantenne in ascesa, con un ruolo importante ma non ancora di spicco, in una chiesa argentina dove si mandava ad uccidere o si rischiava di essere uccisi“.

In altre parole: in una situazione difficilissima, estremamente pericolosa per la propria incolumità, è possibile e forse anche umano che una persona sia portata ad atti di compromesso, mediazione, addirittura di viltà. A nessuno si può rimproverare di non essere stato un eroe. Sta di fatto che Bergoglio raccoglie le accuse di esponenti altamente politicizzati e le difese di personaggi istituzionali, talvolta dalle stesse vittime.
Ma soprattutto, un Papa non cambia nome solo per vezzo: cambiare il proprio nome è anche un modo per andare oltre al proprio passato, quale che esso sia. Ci sarà tempo, per credenti devoti e non credenti anticlericali, per dividersi e contestarsi: l’idillio mediatico e empatico in cui vive oggi Papa Francesco non durerà in eterno.
Ma un attacco, anche il più violento, ha senso se è condotto con onestà intellettuale. Diversamente, resta marcia propaganda di cui nessuno sente il bisogno.

Umberto Mangiardi
@UMangiardi

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