
Sergio Cofferati non ha bisogno di grandi presentazioni: storico Segretario della CGIL, già sindaco di Bologna, Parlamentare Europeo per il PD nella legislatura appena terminare.
È ricandidato, ovviamente ancora per il PD, nel colleggio Nord-Ovest; gli abbiamo fatto tre domande sul futuro dell’Europa.
LE ANALISI ECONOMICHE AFFERMANO CHE IL 2014 SARÀ PER L’ITALIA IL PRIMO ANNO DI CRESCITA DOPO LA PIÙ LUNGA RECESSIONE DAL DOPOGUERRA, E QUESTO AVVIENE ALL’INIZIO DI UN NUOVO PERIODO DI PROGRAMMAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA.
QUALI SONO LE SFIDE PRINCIPALI PER IL NUOVO PARLAMENTO E QUALE RUOLO PUÒ GIOCARE L’UNIONE EUROPEA PER LA RIPRESA?
La condizione perché ci sia una ripresa ed una crescita effettiva e duratura non possono che arrivare dalle istituzioni europee. La crisi che abbiamo vissuto in questi anni ci ha dimostrato che nessun Paese può affrontare da solo ondate recessive di carattere globale.
Le risposte politiche che arrivano dall’Europa però, per essere efficaci, devono cambiare segno.
Una crescita duratura non può nascere dalle politiche di solo rigore e da una fredda attenzione ai parametri macroeconomici. Bisogna ritrovare un’attenzione all’economia reale, agire sulla domanda interna favorendo i consumi, favorire investimenti in innovazione.
Questo può avvenire attraverso risorse e soluzioni europee: tra queste, sicuramente la tassazione delle transazioni finanziarie e una forma di solidarizzazione del debito pubblico tra i Paesi europei.
IL SEMESTRE ITALIANO INAUGURERÀ UNA NUOVA FASE PER L’UNIONE EUROPEA. L’ITALIA HA LA RESPONSABILITÀ DI SPOSTARE L’AGENDA SU ALCUNE PRIORITÀ, INNANZITUTTO IL LAVORO.
QUALE RUOLO GIOCHERÀ L’ITALIA NELLA COSTRUZIONE DI UNA NUOVA AGENDA EUROPEA?
L’Italia, durante il suo semestre di presidenza, può giocare un ruolo fondamentale su più livelli.
Il primo compito, a mio avviso, dovrebbe essere quello di produrre dei cambiamenti politici effettivi nell’impostazione delle politiche economiche e di bilancio dell’UE.
Serve che i Governi europei maturino la consapevolezza che le scelte politiche fin qui condotte hanno prodotto conseguenze sociali gravissime e che occorre un’inversione di rotta assai netta.
Un altro importante compito, che spetterà anche al prossimo Parlamento, sarà quello di stimolare l’agenda politica della futura Commissione verso priorità che sono stata sciaguratamente trascurate fin qui. Penso innanzitutto al lavoro: occorre ripristinare un equilibrio (al momento inesistente) tra la libertà di impresa e i diritti di chi lavora, sviluppando una più forte attenzione alla dignità dei lavoratori anche attraverso l’inserimento del principio di parità di trattamento.
Infine la Presidenza italiana dell’Unione potrebbe favorire avanzamenti in sede di Consiglio su dossier sui quali abbiamo già ottenuto ottimi risultati in Parlamento. Penso ad esempio all’indicazione obbligatoria dell’origine dei prodotti (il cosiddetto ‘made in‘ fondamentale per la produzione del nostro Paese) che approvata a larga maggioranza in Parlamento é ancora bloccata in Consiglio.
Su dossier fondamentali come questo, ed anche su altri meno evidenti ma altrettanto importanti, un ruolo di mediazione e sintesi del nostro Governo può essere determinante.
COSA PENSA DELLA GARANZIA GIOVANI, QUALE IMPATTO REALE AVRÀ SULLA SOCIETÀ ITALIANA E QUALI SONO LE POTENZIALITÀ DI QUESTO NUOVO STRUMENTO?
La Garanzia Giovani é un’utilissima forma di politica attiva del lavoro che può costituire un ponte importante per molti giovani tra percorsi formativi ed occupazionali.
Può servire, idealmente, a rendere meno frammentata e difficile la strada di molte ragazze e molti ragazzi verso un’occupazione stabile e soddisfacente.
È uno strumento importante proposto a livello europeo dal Gruppo dei Socialisti e Democratici e che in Parlamento Europeo abbiamo difeso e conquistato.
Individuo però due tipi di problemi, il primo é quello delle risorse, che mi auguro siano sufficienti; il secondo é quello della creazione di aspettative superiori alla realtà.
Pur essendo uno strumento utilissimo, Garanzia Giovani non crea automaticamente un numero maggiore di posti di lavoro e non può sostituirsi in alcun modo a quelle politiche di investimento necessarie per creare nuova occupazione.
È un bellissimo ponte tra formazione e lavoro che, se non supportato da politiche per la crescita, rischia di non trovare la sua sponda finale.
Mauro Loewenthal
@twitTagli
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