Tor Sapienza: l’ingenuità perduta del Movimento 5 Stelle

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Era il 17 novembre: gli abitanti di Tor Sapienza cacciavano via i rappresentati del Movimento Cinque Stelle, i quali volevano partecipare alla riunione spontanea indetta dagli stessi abitanti del VI Municipio della Capitale. 
Dopo parecchio tempo, anche il M5S si è scontrato duramente con ciò che anima la politica: il conflitto. È un dato di fatto, è se vogliamo l’origine stessa del concetto: la politica esiste perché vi è un attrito tra più parti, in lotta tra loro per la scarsità dei beni disponibili o per la divergenza dei fini. La politica vive ed esiste solo per mediare una soluzione tra le parti.

Dopo essere stata cacciata dagli abitanti, la senatrice Taverna (M5S) ha dichiarato: «Non mi hanno fatto entrare alla riunione dei comitati di quartiere perché mi vedono come parte di un nemico, che è la politica».
Ha ragione: lei è la politica. Che si faccia parte di PD, M5S, PDL o di qualsivoglia altro partito, si è investiti di un ruolo “politico”: nell’andare a Tor Sapienza, che fosse per cercare una soluzione o anche solo per portare la solidarietà del M5S, la Taverna era una politica, che ha compiuto un atto politico a tutti gli effetti.
Sbaglia a fare la vittima, e del resto dovrebbe saperlo: la buona politica non è farsi amare da tutti, e la buona politica richiede dei sacrifici. Come l’andare lì di persona, e prendersi schiaffi (morali, sia chiaro) e schiamazzi. Piantiamola coi vittimismi: è il vostro lavoro, nessuno ha mai detto che sarebbe stato facile.

Tor Sapienza è un quartiere periferico, un quartiere da sempre abbandonato e quasi mai preso in considerazione dalle precedenti amministrazioni comunali. Davvero il M5S pensava di mostrare la faccia e non prendere qualche sberla? Davvero pensava di essere accolto a braccia aperte con tanto di tappetto rosso solo per il fatto di non aver mai direttamente governato quel Municipio?
Mostrarsi lì e pretendere di “mettere il cappello” alle manifestazioni contro il sindaco dell’acerrimo nemico “PDmenoL” ha il sapore dell’accattonaggio.
Un accattonaggio che è stato perlomeno intempestivo: gli abitanti, quegli abitanti, non si accontentano più di personaggi che sulla loro rabbia fanno leva (pratica non solo pentastellata, è bene ricordarlo); il giochino “seminare promesse per raccogliere voti” si è rotto.

Il Movimento Cinque Stelle, dal canto suo, sta imparando che fuori dal blog, dai comizi a porte chiuse, da twitter, da facebook, dai palazzi c’è un mondo che non riesce ancora a comprendere appieno. Nessuno riesce a farlo, per questo è un lavoro così difficile.
Ma la Taverna ha accusato malamente il colpo, perché per la prima volta si è vista sconfessata dal suo personaggio “antisistema”. Il Movimento non ha più quella verginità proclamata, ed accorgersene fa male.

Come quando si viene colpiti sul vivo, la reazione è stata scomposta: nel più puro stile grillino, è scattata la “caccia all’uomo”, lo scaricabarile generalizzato che ha trovato il responsabile. “La colpa delle contestazioni è solo del presidente PD del Municipio, che le ha organizzate contro di noi“.
Il solito complotto, roba già vista. Del resto, non è possibile che la gente contesti il Movimento. Impensabile, irreale. Vero?

Giuseppe Derudas
@twitTagli

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