#TheDress : voi volete una stampa così?

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IL CASO – Pochi giorni fa un’innocente utente di Tumblr pubblica sul suo profilo la foto di un vestito, ormai definibile come “dannatissima”, e chiede: “Ma secondo voi è bianco e oro o blu e nero? Io lo vedo bianco e oro, i miei amici lo vedono blu e nero. Sto impazzendo!”, e nel momento in cui scrive ancora non sa che terremoto mediatico sta per scatenare. Perché siamo anime perse e meschine, noi tutti, che abbiamo bisogno di riconoscerci in piccole e futili certezze, o di rientrare in una categoria qualsiasi per un motivo qualsiasi.

E accade che poco dopo BuzzFeed scriva un pezzo in cui mette in luce lo strano caso del vestito – che sul momento ha non un solo hashtag corrispondente bensì ben due, #theDress e #DressGate – sottoponendo il bizzarro caso del vestito che non si sa bene che colore abbia. Gli utenti possono persino votare, e vedere a quale percentuale appartengono: sono nella banale ma rassicurante maggioranza oro e bianco o sono parte della bizzarra e originale minoranza del blu e nero? Sono conforme o sono un super freak?

VIRALIZZANDOSI – Parte il tam tam, partono le condivisioni. Partono gli studi neuroscientifici sulla percezione dei colori da parte del cervello. Partono i sondaggi anche all’italiana; il Fatto Quotidiano l’occasione non se la fa sfuggire e fa un format alla Buzzfeed, così anche gli italiani possono scoprirsi parte di una squadra o di un’altra. Parte la caccia alla verità, e alla fine di una tre giorni BuzzFeed ha incassato una tonnellata di condivisioni con quattro articoli successivi al primo con i seguenti titoli:

Questa seconda foto del vestito prova definitivamente che il vestito è blu e nero”;

Il vestito è blu e nero, dice la ragazza che l’ha visto personalmente” (ma stiamo parlando di un vestito o di Big Foot?!?);

Perché le persone vedono colori differenti in questo dannato vestito”;

Questo potrebbe spiegare perché il vestito appare blu e nero, e oro e bianco”.

DATI ALLA MANO – Alle ore 23.25 del 28.02.2015 Topsy mi dà le seguenti informazioni: nell’ultima ora #thedress è stato ritwittato e condiviso 8580 volte. Dall’inizio della faccenda le condivisioni sono state 1.875.870.

Ora, potremmo farlo anche noi: scrivere da uno a dieci pezzi e discutere sul perché questo vestito lo vediamo diverso, cercare di capire come funziona il nostro nervo ottico, entrare in un meccanismo di certificazione della propria appartenenza ad una categoria o un’altra, o forse scoprire che noi lo vediamo azzurro e marrone e a quel punto prenotare una visita da un neurologo.

Oppure potremmo sederci tutti insieme con una tazza da té in mano e chiederci: ma i giornali di tutto il mondo non avevano altro da fare? Il Post? The Indipendent? The Time? The Huffington Post? Cosa abbiamo fatto di male per avere una stampa mondiale che cade così facilmente nel tunnel della dipendenza da condivisioni?

In The Newsroomqui il link a un nostro articolo esplicativo sulla serie tv – ad un certo punto il direttore di un canale tv si ritrova a licenziare una giornalista che aveva pubblicato con l’account del canale un tweet inutile, irriverente e dannoso. Quando il vecchio tradizionalista chiede alla giovane rampante “cosa pensavi nel momento in cui scrivevi quella cosa?”, lei risponde “alle condivisioni”.
Ed è questo quello a cui hanno pensato tutti. A voi – a noi, a me – che googliamo “white gold blue black dress” e finiamo su un link a caso relativo all’argomento in questione.

I più onesti e lucidi, dalle nostre parti, sono stati quelli de Il Post che hanno pubblicato un piccolo pezzo contenente uno stralcio di conversazione intra-redazionale sull’argomento, dal quale traspaiono indifferenza, distacco dall’argomento e poca voglia di affrontarlo davvero. Un dialogo in cui un redattore chiede all’altro: “Ma che è ‘sta storia di questo vestito?” e l’altro risponde “è la storia di un vestito di merda che tutti vedono di un colore diverso”. Come a dire, “prendiamoci in giro e facciamo vedere che sappiamo benissimo che parlare di questo vestito di merda NON è essere davvero giornalisti come si deve”. Peccato che poi l’abbiano eliminato.

LE SCELTE DELLA VIRALIZZAZIONE COMPULSIVA – La questione è raggiungere, da utenti, la consapevolezza che ciò che spinge a parlare del vestito dai colori misteriosi è lo stesso modus operandi che fa sì che le tragedie di Boko Haram vengano più faticosamente alla luce, o il fatto che la stampa italiana si curi abbastanza – ma non troppo – del caso degli studenti scomparsi in Messico. 

Possiamo fidarci di una stampa che ha deciso che avrebbe scritto almeno tre articoli su un argomento totalmente inutile ai fini dell’arricchimento personale, solo perché lo condivideranno tutti? E ci aiuta pensare che lo facciano solo per avere il giusto miele per attirare branchi di orsi, che attratti dal futile si leggano l’utile (come spiega il video “Perché i video dei gattini salveranno il giornalismo”)?

Forse dovremmo porci domande su questo, più che sui colori di un vestito – neanche tanto bello, diciamolo.

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@twitTagli

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