La tessera del tifoso, necessaria per abbonarsi allo stadio o per seguire la propria squadra in trasferta nel settore ospiti, è stata introdotta da Roberto Maroni, ministro degli interni del quarto governo Berlusconi, il 14 agosto 2009.
La tessera si è presto trasformata in un’iniziativa commerciale che ha portato coloro che la sottoscrivevano, in molti casi, a diventare titolari di carte di credito prepagate, anche senza esserne a conoscenza.
La tessera del tifoso è stata sostituita, nel marzo 2012, dalla Fidelity Card del nuovo ministro Anna Maria Cancellieri (governo Monti), in seguito a una sentenza del Consiglio di Stato che dichiarava la tessera illegittima in quanto “pratica commerciale scorretta”.
La fidelity card mantiene tutte le caratteristiche e le funzioni della tessera del tifoso, tranne la funzione, contestata dal Consiglio di Stato (che è il massimo tribunale amministrativo), di carta di credito prepagata.
Fin dalla sua uscita la tessera del tifoso è stata duramente osteggiata dalla quasi totalità delle tifoserie organizzate e, anche, da una certa parte dell’opinione pubblica. “No alla tessera” è diventato uno slogan famoso. Chi lo fa suo o lo scandisce allo stadio lo fa per almeno alcune delle ragioni che elenchiamo qui sotto.
- La tessera è uno strumento utile ad alcune aziende, per esempio le agenzie di scommesse, per censire nuovi potenziali consumatori.
- La burocratizzazione connessa al rilascio della tessera rende più difficile andare allo stadio, con conseguente calo del numero di spettatori allo stadio.
- È inutile per “identificare i violenti”, finalità per la quale dovrebbero essere più che sufficienti i biglietti nominali e gli abbonamenti.
- La tessera del tifoso serve alle società per ottenere dati sulla propria “clientela”
- Alcune versioni della tessera del tifoso pare utilizzassero un micro-chip con tecnologia radio-frequency identification (“identificazione tramite frequenze radio”). Secondo qualcuno, una tecnologia di questo tipo permetterebbe addirittura di geolocalizzare a distanza il titolare della tessera.
- La tessera del tifoso era, nella versione maroniana, una carta di credito prepagata e ricaricabile, quindi legata a un circuito bancario.
- Per chi non si abbona, la tessera del tifoso non è gratuita, ma costa 10 euro.
- Contro ogni principio garantista, basta una condanna in primo grado (dunque non definitiva) per impedire a un tifoso di ottenere la tessera del tifoso.
- Chi ha già scontato un Daspo (divieto di assistere a manifestazioni sportive) per fatti di stadio non può ottenere la tessera del tifoso.
- I tempi per il rilascio sono lunghi e spesso la burocrazia è farraginosa.
- È, di fatto, un’autorizzazione (o una schedatura?) preventiva a entrare in un luogo aperto al pubblico (come tale peraltro giuridicamente soggetto a restrizioni).
- È potenzialmente pericolosa: i tifosi privi di tessera al seguito della propria squadra in trasferta hanno accesso precluso al settore ospiti ma non, paradossalmente, a tutti gli altri settori dello stadio.
- Non ha sveltito, anzi ha spesso complicato, le operazioni di ingresso allo stadio.
- È solo l’ennesimo passo del processo di marginalizzazione del tifoso (non necessariamente organizzato e non necessariamente violento), processo iniziato con la crescente importanza dei diritti TV nel mondo calcistico nazionale. È uno strumento che, inoltre, tende a dividere, in maniera discrezionale e discriminatoria, i tifosi in “buoni” e “cattivi”.
- La tessera del tifoso, considerata “norma”, in realtà è, secondo alcuni, una semplice direttiva del Viminale, pertanto senza alcun valore legale vincolante. In realtà La tessera del tifoso è uno strumento giuridico, non una semplice “direttiva”: è contenuta in un regolamento ministeriale, ossia in tutto e per tutto una fonte del diritto (una fonte del diritto secondaria: il sistema gerarchico delle fonti prevede, nell’ordine, Costituzione, leggi e atti avente forza di legge come i decreti-legge e i decreti legislativi delegati, i regolamenti). Perciò la tessera del tifoso non è prevista da una legge, ma è a tutti gli effetti una norma, dunque con potere coercitivo e vincolante.
Andrea Donna