Sulla sinistra italiana, ovvero “come andare KO senza avere tirato neanche un pugno”

Faccio un’enorme fatica a scrivere ultimamente. Ogni tanto mi riprometto di bussare alla porta di Tagli e buttare giù due righe su Godzilla contro Thanos, ma il problema è che ultimamente non riesco a dormire. Resto sveglio a pensare che mi sento circondato da un altro genere di mostri.
Gli italiani. E parallelamente – ma nemmeno troppo lontano – la fine che ha fatto la sinistra italiana.
E se anche alla fine riesco ad addormentarmi, sono tormentato da incubi. Sogno di annegare nel mediterraneo insieme a un mucchio di persone con la pelle diversa dalla mia. Nessuno mi lancia un salvagente.
Penso al Paese in cui vivo e non mi sento molto bene.
Poi penso che sono colpevole come tutti gli altri, e sto peggio.

Ma, dopo qualche consistente crisi emetica, credo di avere appreso tre insegnamenti fondamentali a proposito delle recenti vicende politiche: dalla formazione del nuovo governo Lega-5Stelle a, più in generale, la condizione della società italiana:

  • Numero 1: la situazione peggiorerà, prima di migliorare.
  • Numero 2: l’opposizione può decidere di fare qualcosa, o di non fare niente. In questo momento ha deciso di non fare niente.
  • Numero 3: la sinistra italiana ha perso tante battaglie nella sua storia. Questa è la prima volta che perde la guerra.

Ah, no. Aspettate un attimo. C’è un quarto insegnamento.

  • Numero 4: oggi i mezzi di informazione, soprattutto quelli che vivono sul web, somigliano più a camerieri di un ristorante di lusso, pronti ad apparecchiare le tavole dei propri clienti e servire loro le notizie “proprio come le hanno ordinate”, ben cotte, al sangue, vegetariane o senza glutine.

Forse ho solo fame e sto perdendo le redini della mia metafora, ma era per dire che praticamente nessun commento politico espresso finora si è preso il disturbo di lavorare in funzione della verità, o del dibattito costruttivo: vale per tutti, dai più istituzionali ai sitarelli scalcagnati; da quelli di “area dem” ai più inflessibili criticatori del (vecchio) status quo.
Leggiamo quello che vogliamo leggere.
Sentiamo quello che vogliamo sentire.
Odiamo solo chi vogliamo odiare, mentre intorno a noi la gente affoga.
Siamo sopravvissuti a vent’anni di narcotizzazione delle coscienze berlusconiana, e ora il nostro cervello è così poco allenato all’autocritica che la confonde per autocommiserazione.

La sinistra italiana, intesa nel senso più ampio del termine – che comprende il centro del PD e ogni altra deprimente minoranza-, è quotidianamente presa in giro per la sua capacità di struggersi e autoflagellarsi in questo clima di populismo grillofascista. Invece di indirizzare i passeggeri verso le uscite di emergenza e indossare le maschere per l’ossigeno, non facciamo altro che registrare memorie dentro la scatola nera. Sembra che non ci interessi il fatto che, quando l’aereo precipiterà, le vittime saremo noi.
Non essere arrabbiati è moralmente irresponsabile. Sparire dal palcoscenico e lasciare che siano gli altri a prendersi le luci della ribalta e trasformare questo Paese in un nauseante pozzo di intolleranza è moralmente irresponsabile.
L’opposizione politica a questo governo è moralmente irresponsabile. Ricordiamocelo sempre, quando urliamo la nostra indignazione contro Salvini. I nostri leader e i nostri rappresentanti ci hanno tradito in un modo così profondo che io non sono sicuro di riuscire a tornare indietro.

Il panorama politico attuale sanguina ogni responsabilità di Matteo Renzi e dei suoi predecessori della sinistra italiana.
Il panorama politico attuale sanguina ogni responsabilità di Matteo Renzi e dei suoi predecessori della sinistra italiana.

Non sono sicuro di essere disposto ad appoggiare il prossimo “meno peggio”, perché il panorama politico attuale sanguina ogni responsabilità di Matteo Renzi e dei suoi predecessori.
Faccio una fatica enorme a scrivere, perché non ho nulla di originale da aggiungere a un dibattito che non è mai stato così futile.
L’indignazione non serve a niente.
La rabbia non serve a niente.
Aprire e chiudere i porti su Twitter non serve a niente.
Una condanna della Cassazione per truffa ai danni dello stato da parte della Lega non serve a niente.
Esprimere dissenso contro aggressioni di matrice razzista non serve a niente.
Fare notare che il ministro Grillo parla di “autocertificazione per i vaccini” a partire dall’inizio del prossimo anno scolastico non serve a niente.
Le circolari firmate da Salvini in cui si chiede agli organi di competenza di diminuire il numero dei permessi di soggiorno concessi per motivi umanitari non servono a niente.
Il fatto che il ministro Savona sia indagato per usura bancaria non serve a niente, né che Marcello Foa sia stato ritenuto impresentabile persino da Forza Italia. Non serve a niente che Conte abbia ricevuto elogi pubblici da Donald Trump in materia di immigrazione, o che Salvini e Di Maio neghino l’esistenza di un’emergenza razzismo in Italia.

Tutto questo serve a niente, a meno che le nostre coscienze cessino una volta per tutte di elaborare passivamente quello che sta succedendo, digerendo letame come facevamo nei primi anni 2000 quando Berlusconi se la spassava con il legittimo impedimento. L’Italia allora era altrettanto disonesta, ma meno intollerante. “Accoglienza” non era una parolaccia, ma una prospettiva.
La sinistra italiana d’opposizione in questo momento è ridotta a vestire i patetici costumi dei “buonisti, radical chic, rosiconi, maloox” e del resto del vocabolario di matrice grillina, incapace di reagire in nome della più importante battaglia che le sia mai capitato di combattere da 50 anni a questa parte: contrastare un’emergenza democratica che promette di lasciare segni indelebili nella storia del nostro Paese per decenni. E la stiamo guardando dalla sicurezza della luce fredda di un monitor, indecisi su come rispondere all’ennesimo commento razzista.

Siamo disperati nel puntare il dito verso i nostri vicini, gli elettori dell’attuale maggioranza, i “veri colpevoli”. Ma se cerchiamo un colpevole, come al solito ci basta guardarci allo specchio. Invece di lamentarci che una posizione politica moderata non va più incontro al consenso come una volta, dovremmo dare al Paese qualcosa da ricordare.
Anche solo un momento. Un risveglio. Un nostro “Vaffanculo Day” personale a chi qualche anno fa ha creato il “Vaffanculo Day”, e ora governa serenamente con ladri, evasori e fascisti.
Basterebbe così poco ad accendere una scintilla. Ma non servirà a nulla, se non saremo capaci di tornare ad appiccare fuoco alle coscienze. La nostra in questo momento è in mare aperto, insieme ai migranti. Sta andando a fondo senza nemmeno sbracciarsi un po’.

Davide Mela

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