I signori del tempo perso: i burocrati secondo Giorgio Barbieri

I signori del tempo perso di Francesco Giavazzi e Giorgio Barbieri, edito da Longanesi, è la storia della burocrazia italiana, dei suoi burocrati e delle loro leggi, che si ingarbugliano senza sosta in una grande confusione generale, lasciando il nostro Paese appesantito e arretrato.
Ma come mai è così difficile cambiare il meccanismo di funzionamento della burocrazia italiana? Quali sono le ragione e la probabili soluzioni di questa situazione?
Questo libro cerca di spiegare perché le riforme che si sono susseguite nel tempo in realtà non hanno cambiato nulla: ne abbiamo parlato qui con uno degli autori del libro, Giorgio Barbieri.

Nel libro fate un paragone con il Giappone, in cui la classe dei Samurai in poco tempo ha rivoluzionato e modernizzato il Paese. In quel caso, una classe che avrebbe potuto sabotare le riforme è stato il moto del cambiamento.
In Italia quale potrebbe essere la soluzione per incentivare una modernizzazione del sistema burocratico?

In Giappone l’Imperatore ha compreso che una casta così potente avrebbe potuto opporsi al potere, se avesse perso il suo prestigio. Per questo, ha tentato di dare loro un ruolo differente senza far si perdessero i loro antichi privilegi.
Anche nel nostro Paese, il miglior incentivo sarebbe quello di permettere il passaggio dei più potenti dirigenti, dal pubblico al privato. Questo modello è già stato applicato con successo in Francia.
Nel nostro Paese, Tito Boeri, dirigente INPS , è stato un esempio di chi ha cercato di opporsi alla rigida struttura preformata dei burocrati, scatenando però l’opposizione dei più.

burocrati“I signori del tempo perso” mette in evidenza anche le forti problematiche legate alla giustizia, in particolare quella amministrativa. Il Consiglio di Stato è considerato il giudice “con lo spettro di competenze sociali e di forte peso economico e sociale”.
Ma quali sono le cause di questo rallentamento giuridico? In che cosa potrebbero migliorare?

Il Tar si occupa di troppe materie, aprendosi così a svariate interpretazioni e dubbi. Questo fa sì che ci sia un numero elevatissimo di ricorsi.
La soluzione decisiva sarebbe quella di un alleggerimento del sistema di regole presenti nel sistema, mediante il quale si permetterebbe di incrementare la concorrenza e di diminuire drasticamente la corruzione.

Spesso nel libro fate dei paragoni con gli Stati Uniti: che cosa ha il sistema burocratico americano di differente rispetto al nostro?

È sicuramente uno Stato più leggero: questo ha incentivato la concorrenza del sistema.
Nel libro, riportiamo la sentenza Vergara vs California con la quale gli studenti hanno tentato di contrastare la casta dei sindacati degli insegnanti, una delle più potenti del Paese. Gli studenti volevano vedersi garantito il diritto al miglior livello di istruzione possibile, opponendosi all’impedimento stabilito per legge di divieto di licenziamento degli insegnanti.
Gli studenti, in quella occasione, persero il ricorso, ma la sentenza è da considerare un esempio storico del funzionamento del Paese.

Vi siete concentrati in particolare sulla riforma Madia, nata con l’obiettivo di garantire una maggiore elasticità al sistema.
Come mai anche quella riforma non ha funzionato? Quanto ha inciso la paura della burocrazia di perdere il potere?

La riforma voleva parificare i dirigenti di prima e seconda fascia, oltre a introdurre degli incarichi amministrativi a tempo determinato. Questa avrebbe favorito una nuova forma di burocrazia, priva dell’ appoggio della politica.
Se quest’ultima si preparasse correttamente, sarebbe maggiormente competitiva e indipendente.
Il suo più grande problema è proprio quello di essere assoggettati ai tecnici, ai burocrati. Un allontanamento da questi ultimi, quello sì che comporterebbe un forte snellimento del sistema: il fare antipolitica fine a se stessa non serve a nulla.

Quali soluzioni proponete per riformare la burocrazia?

In primo luogo uno Stato più leggero, con meno leggi e meno regole, e un sistema di maggiore liberalizzazione che favorirebbe la concorrenza.
In secondo luogo, maggiori passaggi dei dirigenti dal pubblico al privato.
Infine, la creazione di una classe politica in grado di favorire una limitazione del potere dei burocrati.
Spesso, infatti, si guarda il dito (la politica) senza guardare la mano (la burocrazia), non rendendosi conto del vero problema.

Valeria Rombolà

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