La seconda ondata di coronavirus è tra noi, ed è lecito chiedersi che cosa abbia fatto il governo per prevenirla. Anche se è un po’ meno lecito quando la domanda è sollevata dall’opposizione, che sembra invece aver fatto di tutto per favorirla.
La questione, tuttavia, è mal posta. Parte dal presupposto che esistesse davvero una formula magica per la convivenza con il virus, nonostante l’evidenza che nessun governo europeo, a prescindere dalla sua efficienza organizzativa, sia riuscito a scovarla.
Nemmeno il Mes ci avrebbe aiutato. Anche avessimo chiesto i 36 miliardi europei, le sanità regionali non avrebbero comunque acquisito le capacità gestionali per spenderli: non sono nemmeno state in grado di usare i due miliardi forniti dal governo, solo un terzo è stato finora impiegato. Non avremmo comunque potuto reclutare più medici e infermieri, soprattutto specialisti come gli anestesisti, perché la loro formazione richiede anni. Non avremmo avuto subito a disposizione altri mezzi pubblici, perché i bandi sono di competenza locale e le forniture hanno tempistiche lunghe e farraginose. Insomma, non avremmo risolto in pochi mesi carenze strutturali e burocratiche che si trascinano da decenni.
Certo, sarebbero stati sufficienti appena 40 milioni per implementare il piano Crisanti da 300mila test al giorno, ma nemmeno il più potente sistema di tracciamento avrebbe la forza di amministrare l’attuale numero di contagi nel continente. È un’impresa titanica, difatti il contract tracing è collassato da un pezzo, non solo in Italia ma in tutta Europa È accaduto persino nella rigorosissima Germania: il 18 ottobre il Rober Koch Institute ha comunicato che, nel 70% dei casi, ormai non si riesce più a ricostruire la catena delle infezioni.
Se allarghiamo lo sguardo, superando il nostro provincialismo di vedute, non ci resta che constatare il fallimento collettivo della strategia europea. Qual è dunque il senso di scannarsi per le esasperanti lacune nei provvedimenti del governo italiano, quando abbiamo davanti ai nostri occhi una Caporetto dell’intero modello di sviluppo occidentale? Il problema non è Conte, non è il singolo ministro, ma un paradigma di società ormai avviato verso il suo declino, se messo a confronto con la buona riuscita dei piani antipandemici asiatici e oceanici.
L’asse del mondo si sta spostando e nemmeno ce ne accorgiamo.
Jacopo Di Miceli