Potremmo aggiungere qualche riflessione sulla ormai famigerata inchiesta di Beatrice Borromeo circa la sessualità degli adolescenti: naturalmente, questo pezzo non pretende di essere una contro-inchiesta, meno che mai una valutazione sul lavoro della giornalista del Fatto Quotidiano che non sono titolato a giudicare.
In primo luogo, non dovrebbe stupire il titolo altisonante usato dal Fatto: “Sesso a 14 anni”.
Certamente si rileva una maggiore precocità della maturazione sessuale rispetto a qualche generazione addietro: le cause sono oggetto di attenta discussione, ma il titolo non dovrebbe destare sorpresa se si pensa che l’età media del menarca si aggira, nei Paesi sviluppati, intorno ai 13 anni.
Sarebbe interessante piuttosto correlare la questione della sessualità tra adolescenti soprattutto alle condizioni di evoluzione sociale oltreché economica.
Ricordo piuttosto bene che anni fa, chiacchierando con ragazzi di tre o quattro anni più grandi di me, essi ravvisavano un “peggioramento morale” delle ragazzine della mia generazione. Le loro coetanee “certe cose a 14 anni non le facevano”.
Memorie a parte, temo che certe dinamiche siano sempre successe: è più che normale che un adolescente – maschio o femmina – senta gli impulsi sessuali tipici della sua età.
Ciò che è cambiato è invece il contesto all’interno del quale gli adolescenti vivono, e ai punti di riferimento che ogni contesto si porta dietro. Andiamo con ordine.
Chi era adolescente negli anni ’60 e nei primi ’70 ci insegna che c’erano due fonti alle quali si poteva attingere per formarsi una coscienza: la Chiesa Cattolica e il Partito Comunista.
Educazione, buona condotta e disciplina, erano in entrambi casi di primaria importanza, seppur con errori e deviazioni: chi non si è mai sentito dire in quegli anni, che “l’autoerotismo fa diventare ciechi?”.
C’era però anche, all’epoca, più fiducia nel prossimo e meno timore nel conoscersi e nel conoscere: nessuno aveva mai sentito parlare di persone come “il mostro di Firenze” e le bacheche universitarie pullulavano di persone che cercavano compagnia per le vacanze estive, e magari, tra ragazzi e ragazze appena conosciuti ci scappava ben più di qualche bacio.
Non erano quattordicenni, mi si dirà, ma io lo trovo comunque un metro di paragone.
Chi, come la maggioranza dei redattori di Tagli, è cresciuto negli anni 90 e 2000, ha vissuto una situazione molto differente: il dualismo Chiesa-Partito era tramontato e hanno cominciato a mancare veri punti di riferimento per la formazione degli adolescenti. Ultimo baluardo rimaneva la famiglia, con i genitori che davano ai figli una visione del mondo e insegnavano loro, assieme a qualche insegnante coraggioso, a vivere bene il proprio corpo e le sue potenzialità.
Per perdere la verginità, maschile e femminile, si cercava qualcuno che piacesse veramente, di cui ci si sentiva innamorati – per quanto si conosca l’amore a quell’età. L’input era: non “il primo che passa”, e non era poi così diffusa la “paura di rimanere indietro”.
Quello che veramente colpisce del lavoro di Beatrice Borromeo è la completa diseducazione sessuale dei nostri giovani, completamente spaesati di fronte all’argomento in toto, appunto abbandonati a loro stessi senza possibilità di un confronto o di un conforto.
Il sesso è derubricato a una prassi, a un fenomeno di costume, e non a un momento psicologico-emotivo in cui si dona il proprio corpo ad un’altra persona comunicando con lui o con lei in maniera esclusiva.
I ragazzi alle prime armi sono impacciati, per cause anche fisiologiche certo; ma le loro performance girano via sms istantaneamente, quasi come se il giudizio fosse uno scotto da pagare.
Le ragazze, sebbene molto disinibite, non hanno un’idea nemmeno vaga di come ricavare piacere dal loro corpo, e ignorano anche le basilari norme in materia di anticontraccezione che a quell’età significa tutela della loro salute (visto che il loro corpo, benché fertile, non è certo strutturato né a livello scheletrico né a livello ormonale per portare avanti una gravidanza senza problemi).
La deriva preoccupa – e alcuni Stati, come la Gran Bretagna, hanno preso anche qualche contromisura, promuovendo l’educazione sessuale nelle scuole e installando distributori di preservativi negli edifici scolastici dalle medie in su.
Su questo potremmo iniziare a sviluppare un dibattito. Forse un tantino più proficuo che quello sulle qualità giornalistiche di Beatrice Borromeo.
Jack O. Hearts
@twitTagli