#Sanremo2014 – o “Della mancanza di ritmo”

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Diciamolo subito, a Sanremo quasi nessuno ascolta le canzoni. Il Festival è un immenso carrozzone in cui le canzoni sono una scusa per parlare d’altro. Soprattuto del e al Paese. E se avessimo avuto bisogno di un’ulteriore conferma, ci è arrivata in queste cinque serate: c’è grossa crisi (cit).

E lo si capisce subito dal conduttore. Non sono mai stato un grande ammiratore di Fabio Fazio, però non ho alcun problema ad ammettere che mediamente la sua televesione è di grandissima qualità. Grazie anche a degli autori molto raffinati riesce a parlare di argomenti anche ostici per il grande pubblico, ma in maniera accessibile. In particolare le sue edizioni di Sanremo sono sempre state molto innovative e particolari, interessanti. Quest’anno invece il buon Fabio ha fallito su tutta la linea. Il suo tentativo di celebrare contemporaneamente la bellezza e “Mamma Rai” ha trasformato Sanremo in un andirivieni di vecchie glorie un po’ spaesate (quando non patetiche), marchette per i programmi Rai in uscita in primavera e “pipponi” buonisti su quanto sia bella l’Italia.

Certo non è stato aiutato dalla sua compagna di viaggio: una Luciana Littizzetto che definire svogliata sarebbe un eufemismo. Convinti che la verve comica della mia concittadina bastasse e avanzasse, Fazio – se escludiamo un delundentissimo Crozza nella serata finale – non ha invitato nessun grande comico, uno dei grandi classici della tradizione di Sanremo, non devo stare qui a fare nomi. Il risultato è un polpettone indigesto senza mai un cambio di ritmo con la Littizzetto che è a volte efficace con delle battute fulminanti, ma che quando è obbligata a stare delle ore sulla scena – per di più senza alcuna voglia di starci – risulta ripetitiva e spesso volgare. Lo stesso Fazio, d’altronde, appare spesso fuori fuoco: lui che è famoso per la pignoleria e la precisione, questa volta incappa spesso in errori di scaletta e papere di vario genere, come mai gli si era visto fare.

Del tutto incomprensibile la politica di gestione dei grandi ospiti musicali: Cat Stevens, Damian Rice, Rufus Wainwright, Paolo Nutini, Stromae. Grandissimi nomi che però vengono relegati, in una scaletta assurda, tutti abbondantemente dopo la mezzanotte, un orario improponibile, soprattutto nei giorni feriali. Mi domando, che senso ha?
Una sola cosa pare ancora più difficile da digerire dell’ospite straniero in piena notte: sono i giovani, costretti a suonare quasi all’alba. In un Paese in cui si fa sempre un gran parlare della difficoltà dei giovani ad emergere, ci si aspetterebbe che almeno a Sanremo le “giovani promesse” non vengano relegate in tardissima serata, a riempire un po’ il palinsento tra un televoto e l’altro.

Probabilmente queste sono acidità insensate di uno snob di sinistra che guarda Sanremo solo per criticarlo. Forse. Ma visti i deludentissimi ascolti di questo Festival, forse questa volta i pretenziosi non hanno tutti i torti…

Domenico Cerabona
@DomeCerabona

Ps: ah, ha vinto Arisa – e il Corriere (!) ha anticipato la notizia per qualche misero clic in più: come si diceva, c’è grossa crisi…

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