A una prima, superficiale occhiata, le Parlamentarie a 5 Stelle approntate sulla piattaforma Rousseau sono state una specie di reality show, o se si vuole un’anteprima di quello che potrebbe essere l’evoluzione della democrazia nell’era di Internet.
Come si sono svolte? Più o meno così: tu, sei un disoccupato incapace, invidioso, complottista o semplicemente bisognoso di attenzione?
Sì, proprio tu, sei sicuramente in grado di guidare il paese e scrivere delle leggi! Vuoi candidarti con noi?
Tutto ciò che devi fare è farti un video dove esponi il tuo pensiero politico e caricarlo su Rousseau, dove gli utenti potranno televotarti!
In occasione delle precedenti tornate elettorali, il numero di voti online necessario a finire in lista era dell’ordine delle poche centinaia, mentre per le imminenti elezioni sappiamo già che il numero di persone che hanno sottoposto la propria candidatura su Rousseau si aggira sulle 15.000.
Il livello di disagio in suddetti video solitamente fa sembrare i provini del grande fratello una cerimonia di assegnazione dei premi Nobel, e non è che non si siano visti i risultati, visto che Di Maio e Di Battista (curriculum del primo: vendere le patatine durante le partite del Napoli; curriculum del secondo: andare a caccia del panfilo di D’Alema con suo padre in pedalò) sono stati oggettivamente il meglio che questo contest ha prodotto – perché è bene ricordare che gli altri che sono usciti di lì sono Vito Crimi, Paolo Bernini e Bartolomeo Pepe.
Tuttavia, se osservate da vicino, le Parlamentarie a 5 Stelle hanno rappresentato una roba che manco nei migliori incubi distopici. Prima di tutto, infatti, sono state organizzate da una piattaforma appartenente de facto ad un’azienda privata, che ha dei banner pubblicitari sul sito su cui le votazioni vengono effettuate.
Che se non vi fosse chiaro, vuol dire che per votare il tuo candidato ideale tu porti soldi in cassa all’azienda: è come se Berlusconi avesse organizzato un referendum, ma facendo votare i cittadini attraverso Mediaset Premium.
Ma non basta, perché l’azienda in questione, secondo il garante per la privacy, scheda gli utenti: sa esattamente chi ha votato e per quale candidato, o per quale proposta ha votato. Hai votato per un candidato che parla di ambiente? Vuol dire che ti interessa l’ambiente! Bene, venderò questa informazione ad aziende che si occupano di Marketing di prodotti ecologici. Da dove ti sei connesso? Quale provider hai per i servizi Internet? Sicuramente questa informazione interessa alle aziende di Telefonia… e infatti i dati sono stati forniti a Wind (difficilmente gratis).
L’intero processo democratico avviene quindi tramite un’azienda che sa tutto, fa ciò che vuole di ciò che sa, e in più ci guadagna sopra.
Se non vi sembra abbastanza preoccupante, ricordatevi che il fatto che Rousseau sappia cosa vota ogni singolo utente, significa che sa anche quali utenti votano contro le linee guida di Grillo, o di Di Maio, o di Davide Casaleggio. I traditori possono essere individuati e puniti… magari tramite un bel ricorso alla folla (pensate alla tipica moderazione del grillino medio).
Ma non finisce qui… perché la Casaleggio & Associati guadagnerà anche direttamente dall’attività politica degli eletti, con un versamento di 300 euro mensili a candidato (che ai sondaggi attuali significa 80.000 euro al mese), a cui si aggiunge l’eventuale multa di 100.000 euro da pagare nel caso non si voti coerentemente con ciò che viene imposto dall’alto. Lo avevano già fatto con il sindaco di Roma.
Ok sì, la multa è incostituzionale e l’imporre il vincolo di mandato è un atteggiamento fascista, ma non sottilizziamo: guardiamo al quadro globale! I parlamentari del Movimento 5 Stelle sono tenuti a lavorare come se fossero i dipendenti di un’azienda, tanto che c’è una multa per danni di immagine se lavorano “male”, solo che invece di venire pagati dall’azienda vengono retribuiti dallo Stato, e versano dei soldi all’azienda stessa.
La medesima azienda gestisce inoltre il processo di selezione dei candidati, scheda gli elettori, e trae profitti mettendo sul mercato le informazioni sensibili in suo possesso.
Vi rendete conto di cosa stiamo parlando? Certo che no, perché altrimenti non sareste tutti lì a dire che “i grillini volevano difendere la Costituzione col Referendum e ora fanno solo una cosa che viola l’art.67”.
Sicuro, c’è un atteggiamento contraddittorio, ma non è che altri esponenti politici non si siano mai contraddetti… e soprattutto, la contraddizione, rispetto a tutto il resto, è una minuzia.
Quello di cui stiamo parlando è la privatizzazione della democrazia, per di più nelle mani di un solo azionista. Forse il conflitto di interessi più grande che si sia mai visto nella storia umana – e sì, includo anche quando i faraoni si facevano adorare come dei.
Una roba che manco Orwell sarebbe mai riuscito ad immaginare: persino in 1984 i ministeri che schedavano i cittadini e “riconvertivano” i dissidenti erano comunque apparati statali.
Oggi questa gigantesca macchina distopica viene sperimentata con il probabile governo di un personaggio incapace di coniugare i verbi a livello di un bambino di terza elementare.
Ma domani?