Rivoluzione edilizia? Occorre migliorare l’esistente, senza costruire a caso

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Avere un tetto sulla testa è una delle priorità degli esseri umani dagli albori del tempo, che fossero state grotte, palafitte o castelli: l’uomo ha bisogno di un riquadro di spazio dove sentirsi sicuro e protetto. 
Consideriamo ora un caso tipico: una bella casetta in mattoni. Lasciando perdere l’estetica, sono indubbie le caratteristiche che essa debba avere. Deve essere una protezione dall’esterno. Caldo, freddo, agenti atmosferici, rumori – e la lista potrebbe continuare ancora a lungo.

Ma cerchiamo di concentrarci sui problemi principali. La prima cosa che viene in mente è la più importante: non ci deve piovere sulla testa. Per molto tempo, è stato questo l’unico pensiero (o quasi) dei costruttori.
I fortunati che hanno ancora una bisnonna in vita possono chiedere a lei: le case avevano finestre piccole per trattenere il calore, e in casa – a parte in cucina dove la stufa scaldava – si stava al freddo.
Per farla breve, un po’ alla volta le pretese della popolazione sono cresciute con la qualità degli edifici. Sono apparsi i primi impianti di riscaldamento e le case sono diventate più accoglienti.

Dei consumi di questi impianti, però, non importava praticamente a nessuno. Il petrolio costava poco, la natura non era un problema; pian piano, però, sono nate le prime normative energetiche: si è iniziato a isolare la casa per trattenere il calore all’interno.
Fino a pochissimi anni fa siamo rimasti fermi lì, preoccupati unicamente di trattenere il calore: i vetri sono diventati doppi, poi tripli e infine basso-emissivi, mentre l’isolante nelle pareti è aumentato. Poco di più.
Pensateci: quanti di voi hanno in casa un impianto di raffrescamento nato assieme all’appartamento? Probabilmente siete come me, con i radiatori in casa e un piccolo condizionatorino elettrico che lavora come un pazzo nei giorni più caldi di agosto.

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Nel 2002 la Direttiva europea EPBD (acronimo inglese per Energy Performing Building Directive) porta l’Europa nell’attuale sistema energetico. Recepito in Italia nel 2005 e nel 2006 con due Decreti Legge, il 192 e il 311 rispettivamente, a loro volta recepiti dalle regioni – poiché in Italia la normativa energetica è regionale: se la regione non recepisce, rielaborando la norma, allora si applicano le norme nazionali.
Dal biennio ’05/’06, inoltre, si inizia a porre l’accento non solo sul riscaldamento, ma anche su produzione di acqua calda sanitaria, illuminamento, ventilazione e raffrescamento. Tutti punti che, aumentando la qualità del fabbricato, ne aumentano anche i consumi. 

E qui arriviamo al nocciolo della questione: il campo edilizio italiano consuma il 40% dell’intera energia nazionale, i costi energetici crescono di giorno in giorno anche se l’ambiente, per fortuna, è sempre più al centro dell’interesse dei governi.
La stessa normativa del biennio ’05/’06 è stata revisionata qualkche anno fa, producendo la Direttiva 2010/31/UE, non ancora recepita dall’Italia e quindi non ancora cogente.
L’obiettivo al giorno d’oggi è la nascita di “edifici a energia quasi zero”: costruzioni a consumi quasi nulli e, per la quasi totalità, sostenuti da fonti rinnovabili.

Purtroppo non è così semplice. Non lo è mai. Arrivare a un simile taglio dei consumi non è fattibile con la progettazione moderna nella quale l’architetto progetta, lo strutturista fa in mondo di renderla stabile mentre l’energetico cerca, dopo, di renderla confortevole. 
Bisogna imparare a progettare pensando da subito ai consumi, e dunque accettando di avere costi ben più alti. 
Già, i costi: l’unico vero problema.
La qualità si paga e a brevissimo – secondo le scadenze europee – il suo prezzo aumenterà esponenzialmente.

Ora: la crisi del settore edilizio è sotto gli occhi di tutti. Lungaggini burocratiche allucinanti, costi di costruzione sempre crescenti e tassazione alle stelle (l’IMU si paga anche sull’invenduto) si contrappongono a una sempre minore capacità d’acquisto dei cittadini. Questo rende sempre più difficile l’inizio di un cantiere, uno stallo del mercato che ricade a cascata sugli altri settori dell’indotto, dai semplici estrattori di ghiaia alla manodopera.
Tutto, dalla progettazione al collaudo, nella quasi totalità dei casi, dà lavoro. Sic rebus stantibus, è davvero necessaria una rivoluzione edilizia ora?

Forse, più che “non necessaria”, è “non possibile”. In casi del genere, in cui si deve conciliare l’innovazione tecnologica per la salvaguardia dell’ambiente con l’attenzione per evitare prese di posizione ammazza-mercato, la cosa migliore è la cara, vecchia politica del carciofo: una foglia per volta.
Iniziare, ad esempio, da una burocrazia più light e incentrare il discorso sul miglioramento dell’esistente.
Per dire: cambiare una finestra costa poco, rispetto al grosso guadagno energetico. Un incentivo alle piccole migliorie ha in sé una potenza enorme: sono le micro-implementazioni che hanno la capacità di abbattere i consumi nazionali.
In maniera più redditizia, e più furba, di una manciata di super case in mezzo a vecchi dinosauri divora-energia.

Marco Peretto
@twitTagli

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