Ritratto del no-mask: è laureato, libertario e responsabile d’azienda, afferma uno studio francese

Nelle ultime settimane, in diverse capitali europee si sono tenute manifestazioni no-mask. La più imponente è stata organizzata il 29 agosto a Berlino, dove sono affluite 38mila persone. Lo stesso giorno, a Londra, la marcia di “Uniti per la libertà” ha raccolto 10mila adesioni. Contemporaneamente, a Parigi, i negazionisti del virus non riuscivano però, nemmeno lontanamente, a eguagliare il record tedesco, raccogliendo uno sparuto gruppo di trecento dimostranti. Un flop, sebbene rumoroso, sono state anche le proteste andate in scena sabato 5 settembre a Roma, dove i no-mask oscillavano tra i millecinquecento e i duemila, e il 16 agosto a Madrid, dove si sono contati al massimo tremila partecipanti.

Tuttavia, anche laddove le manifestazioni si sono dimostrate un fiasco per lo più gonfiato dal morboso pettegolezzo dei media, il fenomeno di chi pensa che l’epidemia non sia mai esistita o sia un pretesto per instaurare una dittatura sanitaria è in crescita e si amplifica nella già consolidata galassia degli anti-vaccinisti. Secondo un recente sondaggio Ipsos per il World Economic Forum, condotto in ventisette Paesi, è nettamente contrario a vaccinarsi contro il Covid-19 il 12% della popolazione globale, cui si aggiunge un 15% che esprime delle riserve. In Italia le due percentuali sommate salgono al 34%, di cui il 17% è formato da un nucleo di strenui oppositori al vaccino. La performance peggiore in Europa spetta alla Francia, dove i contrari sono il 41%.

Ma chi sono i no-mask? Giornali e televisioni ne hanno sottolineato gli elementi più eccentrici ed estremisti. In Germania, accanto ai no-vax erano presenti in forze neonazisti, nostalgici del Reich guglielmino, seguaci della teoria del complotto QAnon, tanto da tentare un assalto al parlamento tedesco. A Londra, la folla negazionista di Trafalgar Square ha acclamato sul palco il guru complottista David Icke, celebre per la sua teoria che i potenti della Terra appartengano a una razza di rettiliani interdimensionali. Altrettanto pittoresco era il raduno di Roma, un mix eterogeneo di no-vax, fascisti di Forza Nuova, gilet arancioni, complottisti del 5G e ammiratori di Donald Trump.

La manifestazione no-mask a Berlino

La tentazione sarebbe insomma di ricondurre queste piazze a forme di delirio psichiatrico o di autoritarismo politico. Una ricerca francese sui no-mask, pubblicata dalla Fondazione Jean Jaurès, spazza però via questi luoghi comuni. Antoine Bristielle, professore di scienze sociali a Grenoble, ha condotto un’indagine tra i negazionisti francesi del virus, facendo scoperte sorprendenti, almeno per i non addetti ai lavori.

Il primo dato a emergere è una radicata sfiducia istituzionale: solo il 2% crede nei partiti politici, appena il 6% nell’istituzione della presidenza della Repubblica, e soltanto un desolante 53% si fida degli ospedali. È da qui, in primo luogo, che discende l’argomentazione che l’epidemia di Covid-19 sia già terminata o non sia addirittura mai esistita e che i governi inducano la popolazione a credere il contrario per privarla della libertà, ad esempio attraverso l’uso coercitivo della mascherina, da loro chiamata “museruola”. La sfiducia istituzionale trova sfogo in atteggiamenti ribellistici e credenze complottiste.

Non sorprende quindi che i no-mask siano, rispetto al resto della popolazione, molto più propensi ad astenersi dal voto. Il 40% di loro, nelle ultime presidenziali del 2017, non ha espresso alcuna preferenza per i candidati all’Eliseo. Gli elettori no-mask, a dispetto delle aspettative, sono invece politicamente trasversali: il 46% si colloca a destra, il 36% a sinistra e il 18% al centro. Fra di loro prevale però una tendenza alla polarizzazione, che si esprime nel rifiuto della tradizionale faglia destra-sinistra, nell’esaltazione del popolo contro le élite e nella scelta di candidati anti-sistema come Jean-Luc Mélenchon (20%) e soprattutto  Marine Le Pen (27%).

Il vero tratto saliente dei negazionisti del virus è tuttavia il libertarismo, un’ideologia prettamente americana che si caratterizza per un’adesione ai principi del liberalismo sul piano sia economico sia morale. I soggetti della ricerca concordano infatti con l’idea che, nella nostra società, lo Stato sia troppo invasivo e che tutto funzioni meglio se alle persone è consentito di assumersi le proprie responsabilità.

Una libertaria pro-Trump in una protesta no-mask in America

I risultati più interessanti si sono avuti approfondendo il background socio-demografico dei no-mask. Contrariamente alle attese, si tratta di individui molto istruiti – posseggono in media una laurea breve -, e ben inseriti nella società. Tra di loro sono sovrarappresentati, rispetto al resto della popolazione, quadri aziendali, manager, professionisti delle discipline intellettuali, commercianti, artigiani, mentre assai modesta è la percentuale degli operai. È perciò molto lontano il ritratto grossolano, così preponderante fra i commentatori, del marginale, dell’escluso, dell’ignorante che non ha i mezzi per accedere a informazioni di buona qualità.

A monte del negazionismo del virus non c’è la bassa scolarità o il fallimento delle politiche attive del lavoro, ma una sfiducia totalizzante per il mainstream, anche mediatico. Solo il 2% presta fede alle notizie date dalla televisione e solo il 14% a quelle dei quotidiani. La principale fonte di aggiornamento sui fatti diventano così Internet e i social network, un oceano sempre in tempesta che si disperde nei mille rivoli dei siti della controinformazione e delle teorie del complotto. Per il 90% dei no-mask il ministero della salute è in combutta con le case farmaceutiche per nascondere all’opinione pubblica la verità sui vaccini. Ma la dimensione cospirazionista dei no-mask si allarga fino ad avallare ipotesi ancora più incredibili, come un complotto globale sionista (reale per il 57%) o il famigerato progetto di sostituzione etnica della popolazione europea con gli immigrati (56%).

Numeri spaventosi, che tuttavia inquietano ancora di più se confrontati con il resto della popolazione francese, fra cui l’ideologia complottista è in rapidissima ascesa negli ultimi anni, soprattutto fra i giovani (per citare il caso più clamoroso, ben il 9% dei francesi è terrapiattista).

Le conclusioni della ricerca confermano gli esiti di diversi studi precedenti, in particolare americani, che avevano individuato nella disaffezione dalle istituzioni l’humus in cui sorgono e proliferano le teorie del complotto. Sono infine proprio i momenti di crisi – politica, economica, sanitaria, bellica – a farle esplodere, combinandole con la retorica populista.

Jacopo Di Miceli