Riforma del Senato: nuovi equilibri e “profonde sintonie”

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Non nei tempi prestabiliti, ma pare che #laSvoltabuona passi dall’abolizione del Senato, termine renziano che significa “riforma del Senato e passaggio da bicameralismo perfetto a monocameralismo”.
Il Senato, secondo l’attuale proposta, sarà interpellato in caso di modifiche costituzionali, leggi di bilancio e in tema di rapporto tra Stato e enti locali; inoltre ha il potere di proporre modifiche – il tutto in tempi ragionevoli – alle leggi ordinarie approvate dalla camera, prima dell’approvazione definitiva. 
La proposta di composizione del nuovo Senato (che verrà ribattezzato Senato delle autonomie) vede:

  • 21 presidenti di regione e di province autonome
  • 21 sindaci di capoluoghi di regione e province autonome
  • 40 consiglieri comunali
  • 40 sindaci
  • 21 cittadini nominati dal presidente della Repubblica
  • i 5 attuali senatori a vita e ex presidenti, per un totale di 148 senatori. 

Ci si può interrogare a lungo su questa prima proposta: che cosa comporta in tema di rapporto Stato-enti locali? In che modo si ricollega ad essa la tanto ventilata riforma del titolo V? E ancora: quale peso verrà dato alle eventuali proposte di modifica del Senato sulla legislazione ordinaria? I consiglieri regionali verranno scelti seguendo quale criterio?
Tuttavia, ora come ora è inutile arrovellarsi su un canovaccio che verrà più volte rimbalzato e modificato, anche in modo sostanziale, dalle Camere. Il dato più interessante da notare è invece la reazione politica – di partiti e non – a questo testo.

Palazzo Madama, sede del Senato

Il nuovo Senato delle Autonomie ha infatti ricompattato note correnti, formato inaspettate “profonde sintonie” e spostato molti equilibri, fuori e dentro la camera.
Assistiamo infatti alla formazione di due macropoli: l’asse PD – FI da una parte, e dall’altra un eterogeneo gruppo formatosi attorno all’appello contro lo “stravolgimento della Costituzione” denunciato da Giustizia e Libertà, firmato da costituzionalisti, intellettuali ed anche dal M5S.
Non firmatari – ma ugualmente contrari all’attuale testo – troviamo il mai sopito correntone PD, rinvigorito per la speciale occasione da new entry d’eccezione (vedi Piero Grasso).

Mentre il PD di Renzi ha impostato la battaglia politica nei termini “riformatori VS conservatori”, fiancheggiato da una Forza Italia sempre meno convinta (“Rispetteremo il patto ma abbiamo già in cantiere alcune modifiche al disegno di legge”), il polo formatosi attorno all’appello di GeL si fa “garante della democrazia” contro la “svolta autoritaria” dettata dal premier sulle orme dei tentativi di Berlusconi.

Insorge quindi la solita pletora di intellettuali: il costituzionalista Stefano Rodotà (di cui parlerò con cautela perché legge non scritta vuole che in quanto saggio non sbagli mai) si dice preoccupato; il Professore (che – ci assicura Elisabetta Rubini, del consiglio di presidenza di GeL – non è alla ricerca di uno spazio politico) respinge la proposta di monocameralismo di Renzi, forse dimenticandosi di aver proposto lui stesso un monocameralismo puro già nel 1985.
Insorge quindi Grasso, subito redarguito – magnifica gaffe – dalla neo portavoce PD Debora Serracchiani: quello che rischia di essere l’ultimo Presidente del Senato tradizionale (ci suggerisce Annalisa Chirico) ha assolutamente dovuto seguire un altro suo “ineludibile dovere morale”, lanciando il tenebroso monito riassumibile nel titolone “con abolizione senato a rischio la democrazia”.
Insorge quindi – che te lo dico a fa’ – il M5S, che difende con forza il bicameralismo perfetto sostenendo quanto il vero problema sia il numero di Senatori e Deputati (così Marco Di Maio sul Corriere della Sera).

Sorprende invece Cuperlo, che si defila dalla furbesca polemica del “A rischio la libertà” e si dice non preoccupato da un rafforzamento dei poteri del premier, ma scettico sull’attuale testo: riforma sì, ma la fretta non ci spinga a mosse avventate. 
La strada è lunga, i difetti del testo tanti, ma certo è che se il Senato non verrà abolito dalle Camere, rischierà di esere demolito dal furore del popolo: pare si aggirino strani carri armati per le piazze italiane. 

Francesco Cottafavi
@FCPCottafavi

   

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