Radetzky: chi è stato veramente?

radetzky.jpg

Ai più il nome di Radetzky salta agli occhi all’inizio dell’anno nuovo durante un evento particolare, vale a dire il concerto di Capodanno di Vienna.
Quest’ultimo si chiude infatti per tradizione con la Marcia di Radetzky, composta dal musicista viennese Johann Baptist Strauss. Già, ma questo Radetzky celebrato dalla marcia chi era? 
Johann Josef Wenzel Anton Franz Karl Graf Radetzky von Radetz, più comunemente (e brevemente, grazie al cielo!) noto come Johann Radetzky, è stato un celebre feldmaresciallo dell’Impero austriaco.

Nato a Sedlčany il 2 novembre 1766, Radetzky veniva da una nobile famiglia della Boemia – l’Impero degli Asburgo si estendeva infatti, tra gli altri, anche ai territori delle attuali Repubblica Ceca.
Come ogni buon rampollo di famiglia aristocratica dell’Impero, Radetzky studiò a Vienna. A diciotto anni si arruolò nell’esercito imperiale e divenne rapidamente ufficiale.

Iniziò a distinguersi nel corso di alcune campagne condotte dagli Asburgo contro la Francia rivoluzionaria le cui truppe erano allora guidate dal generale francese Napoleone Bonaparte. Nonostante le numerose batoste subite dall’esercito asburgico, Radetzky dette prova di grandi capacità tecniche nonché di valore e di personalità: pur nelle (continue) sconfitte infatti egli si distinse sempre per coraggio e abilità, ottenendo così numerose promozioni di grado.

Divenne tra l’altro Capo di Stato Maggiore generale (1809), carica che mantenne fino al 1812. Ebbe infine ruolo di primo piano nella riscossa che condusse al progressivo declino delle fortune di Napoleone, continuando a guadagnarsi stima generale ed entrando vittorioso a Parigi il 31 marzo 1814. Radetzky raggiunse, in quel periodo, l’apice della sua carriera e già si vociferava di un suo possibile ritiro.

I moti nei ducati di Modena e Parma del 1831 lo riportarono invece, a sessantacinque anni, nel vivo dell’azione: Radezky confermò in quel frangente le proprie qualità di tattico. Tre anni dopo venne dunque premiato con la  nomina a comandante dell’esercito imperiale di stanza nel Lombardo-Veneto e, poco dopo (1836), con la promozione a feldmaresciallo.
Il nostro, a fronte delle pressanti richieste di autogoverno e di maggiori libertà civili dei cittadini lombardo-veneti, rispose unendo i corpi militari a quelli della polizia locale, gestendo di fatto in prima persona la repressione di ogni manifestazione di dissenso. La tensione raggiunse il massimo sul finire del 1847, quando Radetzky proclamò lo stato d’assedio e una dura legge marziale: non si può certo dire che la diplomazia fosse il suo forte.

A inizio 1848 i cittadini, per protestare contro il monopolio del tabacco, indissero uno sciopero del fumo cui Radetzky rispose fornendo sigari ad alcuni ufficiali che furono mandati in città a provocare scontri. Il bilancio fu di circa 6 morti e 56 feriti. L’infuriare della «primavera dei popoli» investiva nel mentre anche la capitale dell’Impero austriaco, Vienna, e ciò accese la lotta popolare anche a Venezia e a Milano (17-18 marzo 1848).
Cominciavano le famose Cinque Giornate durante le quali gli insorti milanesi riuscirono ad avere la meglio sulle guarnigioni di Radetzky, costretto a ritirarsi dalla città il 22 marzo. Con l’ingresso in guerra di Carlo Alberto di Savoia contro l’Impero austriaco iniziava quella serie di battaglie note come «Prima Guerra d’Indipendenza».

L’intervento sabaudo avvenne però troppo tardi per incalzare le truppe imperiali in ritirata e per tagliare la via dei rinforzi a Radetzky. Il vecchio leone di guerra, con nuovi contingenti a disposizione, riprese l’offensiva: in giugno riacquistò il controllo del Veneto e quindi travolse le truppe sabaude nelle battaglie di Custoza e Sommacampagna (luglio 1848).
Radetzky1850L’oramai ultraottantenne Radetzky risultò ancora una volta figura decisiva per gli Asburgo: le sue vittorie, unite al ritorno allo status quo nell’Impero austriaco, segnarono il trionfo della linea della Restaurazione e della conservazione, avversa a ogni concessione in termini costituzionali, parlamentari e nazionali. Un merito che condivideva con altri due generali dell’Impero, Windischgrätz e Jellacic. Pare fosse in voga in quel periodo, tra gli ufficiali asburgici, far incidere sulle proprie sciabole le iniziali dei tre generali nella sigla WJR.

Nel 1849 Radetzky risolse una volta per tutte la partita nel Lombardo-Veneto, sconfiggendo definitivamente Carlo Alberto a Novara (23 marzo) e stroncando la lunga resistenza di Venezia (23 agosto). L’inossidabile feldmaresciallo continuò così a fare incetta di decorazioni, cariche e titoli onorifici. Gli fu inoltre affidato il governo del Lombardo-Veneto, unendo così all’autorità militare anche quella civile. Radetzky amministrò i suoi territori secondo le sole regole che un pluridecorato veterano dell’esercito imperiale potesse conoscere: quelle di un ferreo autoritarismo militare.

Egli adottò misure rigide e punitive sui «cattivi sudditi» dell’Impero austriaco, nonché un’aspra politica fiscale che gravò su imprenditori, commercianti e soprattutto sui ceti popolari. Le entrate peraltro non furono impiegate per lo sviluppo delle opere pubbliche: basti pensare alle ferrovie lombardo-venete che conobbero, sotto Radetzky, uno sviluppo lento e disorganico.
L’amministrazione del feldmaresciallo fu giudicata fallimentare dallo stesso imperatore Francesco Giuseppe, che decise di congedarlo nel 1856. L’orgoglioso Radetzky percepì il fatto come un’offesa personale e si ritirò a vita privata. Morirà due anni dopo. Tramontava così uno dei simboli più vistosi della Restaurazione, del potere militare austriaco e del dominio asburgico sulla penisola italiana.

doc. NEMO
@twitTagli

Bibliografia:

 

Franco Fucci, Radetzky a Milano, Mursia, Milano, 1997.

 

Eric J. Hobsbawm, Il trionfo della borghesia, 1848-1875, Laterza, Roma-Bari, 2006.

 

Giorgio Candeloro, Storia dell’Italia moderna, vol. III, La Rivoluzione nazionale, Feltrinelli, Milano, 2011.

 

Stuart J. Woolf, La storia politica e sociale, in Storia d’Italia, vol. III, Dal primo Settecento all’Unità, Einaudi, Torino, 1973.

 

Carlo Cattaneo, Dell’insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra. Memorie, Lugano, Tipografia della Svizzera Italiana, 1849.

Post Correlati