Il caso di Norberto Confalonieri, chirurgo ortopedico responsabile del reparto di ortopedia e traumatologia dell’ospedale C.T.O. di Milano, è un caso che rischia di minare in maniera irreversibile la già flebile fiducia del popolo italiano nei riguardi dell’istituzione sanitaria.
Il medico è accusato di turbativa d’asta e corruzione, ovvero di aver ricevuto in maniera occulta somme di denaro come compenso per l’impianto di protesi ortopediche prodotte da due colossi del mercato: Johnson & Johnson e B. Braun. È inoltre indagato per aver causato lesioni nei suoi pazienti per “allenarsi”, come si evince da alcune intercettazioni apparse sui quotidiani.
I colleghi ortopedici si “spaccano” in due nel momento di dare la propria opinione riguardo il caso di Norberto Confalonieri. C’è chi prende le distanze, accusando il collega di minare la già fragile categoria ogni giorno sempre più soggetta a calo di stima e a denunce infondate. C’è invece chi lo difende, accusando i giornalisti di decontestualizzare gli estratti delle intercettazioni non permettendo ai lettori di farsi un’idea chiara dei fatti.
Anche questi ultimi, sia chiaro, prendono le distanze da forme occulte di compenso per il lavoro con un’azienda, ma credono che questa vicenda rappresenti la storia di un medico rimasto vittima di una guerra combattuta sopra alla propria testa, una guerra più grande di quella che potranno descrivere magistrati e giornalisti.
Chi ha ragione? Entrambe le fazioni.
L’intercettazione apparsa su tutti i quotidiani, in cui Norberto Confalonieri ammette di aver rotto il femore di una paziente per esercitarsi nella tecnica bikini è certamente decontestualizzata, ma non per questo meno grave.
I colleghi stessi ammettono che a Confalonieri non restava che “operare le renne”, tanto era bravo, e restano sicuri del fatto che le sue intenzioni sui pazienti erano sempre confermate da un corretto consenso informato.
Scendendo però nell’aspetto tecnico, l’errore del medico sta da un’altra parte(***); quel che si può evincere dall’intercettazione e che in pochi hanno sottolineato, tuttavia, non è tanto che Confalonieri si stesse allenando o meno, ma che non abbia realizzato (sicuramente prima e probabilmente anche dopo) il suo errore di indicazione chirurgica.
Ma quello che ha smosso l’opinione pubblica è l’altro aspetto della vicenda, ovvero la corruzione. E qui nessuno ha il coraggio di dire che siamo di fronte alla punta di un iceberg.
Un cittadino comune che apre il quotidiano e legge il caso di cui discutiamo sarà presumibilmente sconvolto dal fatto che un medico esegua una scelta terapeutica sulla base di un ritorno personale.
Quello che il cittadino comune non sa è che questa pratica è la normalità.
Non voglio essere frainteso, non sto accusando tutti di essere dei corrotti, ma è piuttosto normale che un’azienda ricompensi un medico per il suo lavoro, sia esso un compenso occulto o un contratto di consulenza edito alla luce del sole. E aggiungo, addirittura: nel secondo caso ciò non deve in alcun modo pregiudicare l’opinione pubblica circa la bravura del chirurgo o la sua capacità di aver scelto l’apparato tecnico più conforme alle proprie esigenze e alle esigenze dei pazienti.
Escludendo l’ovvio illecito di forme di compenso occulte, il problema – anche per ciò che è legale – sorge nel momento in cui si parla in termini di produttività.
Quest’ultima può essere sollecitata da pressioni interne o esterne alla struttura ospedaliera: ciò che non dovrebbe mai accadere, ovviamente, è che tale produttività sia spinta e ottemperata da interventi fuori dall’indicazione chirurgica.
Sono dell’opinione che il nostro sistema sanitario non goda di grande fiducia e ogni qualvolta si parli di corruzione in ambito pubblico si rischia di sprofondare sempre più a fondo aggravando la crepa che esiste tra popolo e istituzioni pubbliche.
Il caso Confalonieri potrebbe essere la tessera di un domino capace di far crollare in maniera definitiva questa “fiducia” non più tale, facendo luce su una “normalità” che a guardarla bene tanto normale non è.
Norberto Confalonieri era un bravo chirurgo. Il suo problema? Forse aver chiesto troppo, essere andato troppo in là, essere stato troppo protagonista. Forse non essersi reso conto che era già sufficientemente privilegiato.
O. S.
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*** In pratica, è stato un errore di indicazione chirurgica, poiché la tecnica chirurgica bikini (una via d’accesso anteriore mini-invasiva per la protesi d’anca) è indicata su soggetti giovani dove, pur essendo richiesta una forza maggiore per la lussazione della testa del femore dall’acetabolo, il femore del paziente ha poche probabilità di rompersi.