Progresso e preservazione: le due anime Usa

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Qualche mese fa, in un bellissimo articolo, Francesco Piccolo si domandava perché in tanti trovavano irresistibile il film ‘The Artist’ e il suo protagonista. Dopotutto, sostiene giustamente Piccolo, ‘The Artist’ è un film reazionario: ci fa parteggiare e ci rende simpatici un personaggio che rifiuta il cambiamento perché non è in grado di reinventarsi e progredire. Ci fa invece odiare i produttori di Hollywood che vogliono portare il cinema nel futuro: quello in cui al cinema gli attori parlano e non sono muti.

l-arte-di-vincereHollywood e in generale gli Stati Uniti vivono spesso questa contraddizione, sicuramente dovuta al fatto di vivere in un paradosso: sono una nazione giovanissima votata da sempre al progresso ma che fa fatica a metabolizzare perché tenta di preservare (ed è qui il paradosso) il progresso precedentemente ottenuto. Questo paradosso si può chiaramente individuare in due recenti film sul medesimo argomento: il popolarissimo gioco del Baseball. In particolare questi due film si concentrano sul ruolo dei dirigenti delle squadre di baseball. I due film sono ‘L’arte di vincere‘ del 2011 con protagonista Brad Pitt e ‘Di nuovo in gioco‘ con Clint Eastwood.

Nel primo film, ispirato a una storia vera, il nostro Brad è il general manager di una piccola squadra della ‘serie A’ del baseball americano, che deve affrontare i colossi milionari con scarsissimi mezzi. Decide allora di affidarsi ad una nuova tecnica di analisi dei dati in grado di scovare i giocatori attraverso caratteristiche analizzabili al computer. Ovviamente nel farlo si scontra con l’arcaico mondo del baseball, fatto di anziani scout che sputano tabacco e si affidano alle sensazioni e ai metodi empirici. Immediatamente percepiamo il protagonista come un Don Chisciotte con tanto di Sancho Panza: un fedele assistente paziente e grassottello. Quando il film finisce siamo totalmente dalla parte del progresso e del nuovo baseball moderno.

Ora è la volta del film uscito nel 2012, dove un arcigno Eastwood è un dinosauro del baseball, convinto di poter riconoscere un buon giocatore dal suono che fa la palla sulla sua mazza o nel suo guanto. Il suo antagonista è un dirigente simile al Brad Pitt di cui sopra: uno a cui interessano solo le statistiche dei giocatori, niente altro. E allora cominciamo a parteggiare per il vecchio Clint, ultimo rappresentante delle cose fatte bene e alla vecchia maniera. E quando, insieme alla figlia, individua nel campetto un giocatore solo in base al suono della palla, noi ci esaltiamo nel veder questo talentino umiliare i maghi della statistica, che non avevano dato ascolto al nostro sputatore di tabacco preferito.

È difficile capire come nello stesso Paese possano vivere e convivere due modi così differenti di affrontare il mondo e la vita: che non sia proprio questa la grandezza degli Stati Uniti? Quella di riuscire a guardare e a leggere, con la medesima ammirazione e il medesimo slancio, sia la tradizione che il progresso?

Domenico Cerabona
@DomeCerabona

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