
Sorpresi, eh? Ok, è vero, ho infranto forse l’unica regola che mi ero dato: solo un gruppo per lettera, uno e solo uno che potesse rappresentare un momento specifico della mia formazione biografica e musicale. Perdonatemi, è stato più forte di me. Diciamo che le scelte molto spesso sono già state difficili, ma mai hanno rappresentato ingiustizie o torti da un punto di vista biografico. La lettera L è stato il primo caso in cui scegliere avrebbe comportato un’ingiustizia irreparabile. Pertanto, mi sono concesso questa piccola eresia.
Se volete seguirmi, continuiamo in questa spola USA–UK e torniamo a fare un salto temporale: torniamo negli States a cavallo tra XX e XXI secolo, nel pieno della temperie nu metal.
L (bis) come… LIMP BIZKIT
Vi consiglio: Limp Bizkit, Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water
Tracklist: Intro / Hot Dog / My Generation / Full Nelson / My Way / Rollin’ (Air Raid Vehicle) / Livin’ It Up / The One / Getcha Groove On / Take a Look Around / It’ll Be Ok / Boiler / Hold On / Rollin’ (Urban Assault Vehicle) / Outro
Etichetta: Flip/Interscope Records
Anno: 2000
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Certe cose nascono per caso. Per puro caso. Prima ancora di scoprire in maniera consapevole i territori del nu metal di cui vi parlavo di recente, il mio contatto col nuovo fenomeno musicale si limitava a un pugno di video trasmessi su MTV. Ancora non sapevo cosa fosse né come si chiamasse, sapevo solo che esistevano dei gruppi che suonavano “musica pesante” mescolandola con l’hip hop, che trovavo la cosa dannatamente geniale, che era quello che cercavo, quello che faceva per me.
La svolta fu nell’estate del 2000 – pericolante territorio borderline tra la fine delle medie e l’ingresso alle superiori – quando mi imbattei nel video di Take a Look Around dei Limp Bizkit. I brividi furono immediati appena intuii il tema di Mission: Impossibile – vero e proprio classico per i ragazzi della mia generazione – di cui stava uscendo il secondo capitolo. Adorai l’atmosfera sospesa creata dalla chitarra in arpeggio e il semplice ma indovinato groove che faceva progressivamente capolino. Il rock incontrava le ritmiche cadenzate dell’hip hop, le rime si susseguivano tenaci e concise, poi cominciava un lento crescendo in cui il sound si appesantiva, si incattiviva, fino a esplodere in un refrain violento e vibrante. Per non parlare dell’idea davvero divertente del video che era peraltro in sintonia con il film di cui il pezzo era il main theme.
Cominciò così, in parallelo con Eminem, il mio secondo grande amore adolescenziale, quello per i Limp Bizkit. Tempo di aver messo da parte i soldi di qualche paghetta e andai a comprare due singoli:[1] The Real Slim Shady di Eminem e, appunto, Take a Look Around. Stava cominciando qualcosa e ancora non me ne rendevo conto. La seconda traccia del singolo dei Bizkit era una versione live di Break Stuff, uno dei pezzi di punta del loro precedente album (Significant Other, 1999).
«It’s just one of those days, when you don’t wanna get up / Everything is fucked, everybody sucks».[2] Non c’è niente da fare: queste quattro sentenze taglienti e senza troppe pretese hanno avuto sulla mia adolescenza un peso specifico considerevole, ma ancora oggi molte delle mie giornate sono solo «uno di quei giorni». E ancora una volta un riff pesante condito con una ritmica sanguigna e un rapping tanto semplice quanto diretto, per non parlare della lenta progressione che conduce all’esplosione del bridge.
Con Guido, uno dei primi amici che mi ero fatto in classe, condivisi allora l’entusiasmo per questa nuova grande scoperta. In ottobre uscì l’album Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water che fu, se ricordo bene, il mio regalo di compleanno pochi mesi dopo. Obbligatorio, in quel periodo, condividerne l’ascolto insieme attraverso il fido lettore CD della Sony. Modello D-E220, alzi la mano chi se lo ricorda.
Iniziò con questo album la collaborazione con un altro produttore, un vero specialista nel campo rock e metal: Terry Date. Il sound e le idee della band si svilupparono considerevolmente rispetto all’esordio e raggiunsero la loro maturità nel successivo Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water, vera consacrazione della band e pietra miliare della temperie nu metal.
Segue a ruota il secondo storico singolo estratto dall’album, la mitica My Generation, brano e testo che sono oramai simbolo – appunto – di una generazione: «So go ahead and talk shit / Talk shit about me / So go ahead and talk shit / About my generation / ‘Cause we don’t, don’t give a fuck and / We won’t ever give a fuck until you / You give a fuck about me / And my generation».[4] Ancora una volta, come avevamo visto coi Korn, una scarica di energia negativa volta a rappresentare un mondo giovanile che si percepisce incompreso ed emarginato. Un urlo lanciato in difesa di chi viene costantemente biasimato, ma che crede ancora di poter spiccare il volo.
Il singolo fu pubblicato contemporaneamente a un altro, Rollin’ (Air Raid Vehicle), una scelta felicemente indovinata, il vero ambo vincente: complice anche un ritornello e una coreografia semplici (ma estremamente contagiosi!), il video di quest’utlimo brano fu premiato agli MTV Video Music Awards come miglior video rock.
L’intero album contiene almeno un’altra accoppiata di pezzi che bilanciano sapientemente componente metal e hip hop, vale a dire Full Nelson e Livin’ It Up, ma è davvero interessante notare come i Limp Bizkit fossero molto abili a creare anche atmosfere più docili e rarefatte come in Hold On o The One. Ma i nostri si dimostrarono altresì capaci di mescolare queste due anime, quella più dura e quella più soft, in altri due singoli decisamente azzeccati quali My Way e la cupa Boiler.
Infine meritano una menzione i featuring con grandi artisti della scena hip hop di allora, ovvero quello con Xzibit (Getcha Groove On) e quello con Method Man, DMX e Redman nella seconda versione di Rollin’ (Urban Assault Vehicle).
I Limp Bizkit sono stati con ogni probabilità il primo gruppo per il quale io sia entrato in fissa nel periodo adolescenziale. Hanno inoltre lasciato un segno indelebile anche in un altro senso, motivo per cui mi porterò sempre il loro segno nel cuore: loro sono stati il mio primo, grande concerto dal vivo fuori porta. L’annuncio che il tour promozionale di Chocolate Starfish and the Hot Dog Flavored Water avrebbe toccato anche l’Italia nel maggio 2001 fu un richiamo irresistibile. Probabilmente fu la prima volta che insistetti con forza inaudita coi miei affinché mi permettessero di andare all’allora Filaforum di Assago (Milano) a vederli. Ma ero un ragazzino di appena 14 anni, non potevo certo andare da solo.
L’eroe in questione, ancora una volta, fu mio babbo che accettò di accompagnare me e altri due amici in macchina fino al Filaforum. Intendiamoci, al babbo ovviamente i Bizkit facevano ridere e non li apprezzava di certo (li chiamava “Li’Mbischerit”): fu un enorme gesto da parte sua: Firenze – Milano andata e ritorno in una giornata non è certo una passeggiata! La cosa più grande fu però il fatto di avermi lasciato entrare dentro a quella bolgia da solo coi miei amici, dandomi in una sola volta la grande opportunità di essere autonomo e di dimostrarmi responsabile e in grado di badare a me stesso. Non lo ringrazierò mai abbastanza per questo.
Il concerto, per la cronaca, fu spettacolare, pirotecnico,[5] e fu una vera esperienza per me assistere per la prima volta a un grande evento circondato da migliaia di ragazzi e ragazze infatuati quanto me per quella musica. Almeno quanto vedere quello che allora, senza ombra di dubbio, era il mio gruppo preferito esibirsi in tutti i suoi pezzi forti: non ne mancò infatti nessuno all’appello. Almeno quanto il fatto che ciò coincise con la mia prima esperienza di un concerto fuori porta.
Conservo ancora la maglietta comprata a quel concerto come uno dei ricordi più belli degli anni passati. Il mio cuore inizia a pulsare in maniera inarrestabile appena intuisco, da qualche parte, l’inconfondibile sound dei Limp Bizkit: la macchina del tempo l’hanno già inventata, ed io ritorno ragazzino in un attimo.
doc. NEMO
@twitTagli
[5] Durante la mitica Take a Look Around, al momento della serie di note stoppate che seguono il secondo ritornello, tutti gli stop furono sottolineati da scoppi di fuochi d’artificio perfettamente a tempo. Non avevo mai visto niente del genere e rimasi esaltato dalla cosa.