Gare de Lyon. Scendo dal treno, sono sola e devo andare dall’altra parte di Parigi. “Non c’è problema” – ho detto a chi si offriva di venirmi a recuperare – “prendo la metro e in venti minuti sono sotto casa tua!“. Del resto, chi mi conosce lo sa, sono una grande fan della metro.
Anche a Torino, dove c’è una sola linea e a essere ottimista saranno i miei figli a vedere la tanto promessa linea 2 (per non parlare del prolungamento fino a Rivoli!), la uso sempre. Figuriamoci a Parigi, dove la prima linea è stata costruita nel 1900 e le fermate sono disseminate per tutta la città, banlieu e cintura urbana comprese.
Croce e delizia di ogni parigino, la Métropolitain (per gli amici métro) è il mezzo di trasporto più usato nella capitale francese. Le sue fermate in stile Liberty sono fra le immagini più celebri di Parigi, ogni giorno la usano più di 4 milioni di persone, ha 16 linee che si estendono per 219 chilometri e servono 303 stazioni… ma non è tutto oro quello che luccica. Avere iniziato a scavare nel XX secolo per costruire i primi tunnel della metropolitana non può che avere alcuni effetti sulla struttura attuale del sistema di trasporto pubblico parigino.
Per me, abituata appunto alla recentissima (2006) metropolitana torinese, è stato un shock rendermi conto che non ci sono (praticamente in nessuna delle 300 fermate) barriere protettive prima dei binari. Quando l’ho fatto notare ad un amico francese, la sua serafica risposta è stata: “Sarà per quello che è il mezzo preferito per suicidarsi da queste parti! Almeno una volta al mese, mi capita di arrivare in ufficio in ritardo la mattina perché qualcuno si è buttato sui binari“.
Passato il primo stupore e giunta alla mia fermata di destinazione, ho seguito le indicazioni per l’uscita, che mi hanno guidato lungo un discreto corridoio che terminava con… delle scale! Mi guardo intorno: niente scale mobili, niente ascensori. Ok, afferro la mia valigia, la sollevo e con il fiatone arrivo in cima, per scoprire che, pochi metri dopo, la scena si ripete, stavolta con le scale in discesa. Il tutto per tre volte, prima di raggiungere finalmente l’aria aperta. Al che sorgono spontanee alcune osservazioni:
- Può la città più turistica al mondo non aver previsto che i suddesti turisti per andare a fotografarsi sotto la Tour Eiffel usufriranno del suo trasporto pubblico e che al loro arrivo avranno molto probabilmente delle enormi valigie a carico?
- Come fanno le mamme a Parigi se devono trasportare i loro pargoli in metro? Me lo sono chiesta dopo aver visto, in assenza di ascensore, un passeggino infilato per sbieco su una scala mobile, con bambino pericolante ma che non si lamentava neppure, forse rassegnato.
Ho espresso i miei dubbi a una neomamma, che mi ha spiegato: “Qui tutti usano i marsupi portabambini, con i passeggini al massimo puoi usare i trasporti non sotterranei, ma impieghi molto più tempo”. Immagino che questa scelta faccia la fortuna degli ortopedici della città, soprattutto quando il bimbo raggiunge una certa età (e peso)… - I disabili parigini sono fortemente discriminati dal punto di vista degli spostamenti, ancora più che nelle città “normali”. Proprio perché a Parigi l’intero sistema di trasporto ruota intorno alla metro e alla RER (molti parigini non posseggono l’auto o la usano solo per le gite fuori città), non poterne usufruire è un danno (lavorativo, sociale, di tempo) enorme.
- Gli anziani possono sì accedere alla metro, ma percorrere i lunghi corridoi (cercando di non farsi travolgere dall’orda di lavoratori che la affolla) e affrontare le innumerevoli scalinate renderà il loro un vero e proprio percorso ad ostacoli, se non una sfida insormontabile.
Detto ciò, la métro resta comodissima e invidiabile, ma pur sempre migliorabile.
Serena Avezza
@twitTagli