Parigi in pillole: i bambini francesi, indipendenza precoce o abbandono di minore?

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Quando siamo all’estero, a noi giovani italiani capita di sentirci di un altro pianeta. Quando si parla con un ragazzo inglese che ha appena compiuto 20 anni, sta finendo la laurea triennale (io a 19 ero alle prese con la maturità) vive già in un altro paese e presto andrà in Brasile per sei mesi di stage.

Oppure quando si parla con un ragazzo francese, che da quando ha 15 anni vive (cucina, lava, stira, pulisce… pacchetto completo insomma) da solo, bambino1nonostante sua mamma sia in buona salute e viva nella stessa città.

Quando poi parli con un’austriaca (provate a focalizzare l’immagine: una ragazza bassa bassa, magrolina, capelli biondissimi e lunghissimi), scopri che ha viaggiato per l’America del Sud in lungo e in largo, da sola, fin da quando aveva 16 anni. Ecco, così, per dire. Conversazioni ordinarie. Vissute in prima persona.

In questi casi ci si chiede – io per lo meno lo faccio – come mai in Italia sembrano storie eccezionali, mentre altrove sono la norma. Finora avevo fra me e me addossato le colpe al sistema scolastico, che ci fa terminare il liceo uno o due anni dopo rispetto ai coetanei stranieri, e anche all’abitudine di frequentare le scuole superiori e se si può l’Università nella città di nascita o in quelle più vicine possibili.

Ma durante il mio ultimo viaggio in Francia ho capito che l’abisso culturale è molto, ma molto più profondo, anche solo con i cugini d’Oltralpe. È domenica pomeriggio, sono nel centro di Parigi, in compagnia di due ragazzi francesi e del figlio di uno dei due, che ha poco più di un anno. La mamma del bimbo è a casa a riposare. Fa freddo, quindi dopo una canonica passeggiata lungo la Senna decidiamo di andare a bere qualcosa al caldo. Che luogo sceglie il giovane padre francese? Un pub.

pub

Un classico pub poco illuminato pieno di uomini che guardano le partite di rugby e di calcio, giocano a biliardo e a calcetto. Entriamo e prendiamo le nostre birre. Il giovane padre libera dalla coperta in cui è avvolto il microfrancese nel passeggino e lo prende in braccio. Ovviamente, questo dopo 2 minuti si stanca, rugna. Lui quindi cosa fa?  Lo poggia per terra. Esatto, sul pavimento del pub.

Le sue manine candide ora sono esattamente dove un attimo fa erano i miei stivali. Il microfrancese inizia a girare per tutto il locale a quattro zampe, passa tra le gambe della gente, tenta di scalare gradini e sedie, mette in bocca la borsa di una ragazza, riesce a sollevarsi in piedi, ricasca seduto un paio di volte, poi tenta la fuga verso la porta del bagno. Mentre lo fa, è solo. Il padre è a pochi passi di distanza, lo osserva, lo recupera al volo ogni tanto, ma solo quando la situazione si fa realmente pericolosa, per poi rimetterlo di nuovo a terra a gattoni.

Tutto ciò, agli occhi del padre e dei clienti del pub, è perfettamente normale. Alcuni uscendo dal bagno lo scavalcano con un sorriso, qualcuno gli carezza i capelli facendo attenzione a non pestarlo. Ora provate a immaginare la stessa scena con una mamma italiana.

Serena Avezza
@twitTagli

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