Ogni volta che il conflitto israeliano-palestinese torna in cima alle notizie dei Tg, l’opinione pubblica italiana ha una reazione sorprendente.
Tutti sembrano avere un’opinione in merito, e quasi tutti non si limitano ad avere la propria idea sulla “questione”: sembrano essere guidati da un solido aprrocio ideologico, preciso, puntuale, indiscutibile.
È una di quelle vicende sulle quali quasi tutti si sentono in diritto, quasi in dovere, di dire da che parte stanno, anche in maniera netta.
E poco importa che il conflitto in questione sia una delle vicende più controverse della storia dell’umanità: che sia nelle discussioni da bar o sulle bacheche di facebook, è un susseguirsi di prese di posizione, di incitamenti a svegliarsi, denunce contro i sionisti o contro i musulmani.
In pochissimi sono disposti ad ammettere che quanto sappiamo su quel conflitto arriva a noi già filtrato. Filtrato da una serie di media che sono in grado di influenzare la nostra opinione in una maniera incredibile.
Nonostante tutto questo io vedo tante, tantissime, troppe prese di posizione.
Io invece vorrei dire che non so da che parte stare. Poco importa la mia laurea triennale in studi internazionali, poco importa la mia formazione comunista, poco importano le kefiah che indossava il mio fratellone da giovane e che adesso sono nel mio cassetto. Non mi aiutano le svariate letture di autori palestinesi fatti sul tema.
È straziante, certo, conoscere il modo in cui i palestinesi sono stati strappati dalle loro terre; di come famiglie intere sono stati sradicate da secoli di tradizione. Fa impressione leggere le storie di famiglie vissute per decenni in terribili campi profughi, intere generazioni di apolidi senza libertà.
Ma nonostante tutto questo non me la sento di dire che io “sto con i palestinesi“.
Non sto con loro prima di tutto perché votano con maggioranze consistentissime per Hamas: e Hamas ha un solo obiettivo e cioè la distruzione di Israele. Come potrei stare con Hamas? Soprattutto, come potrei starci in maniera netta, senza tentennamenti?
Proprio per la mia formazione “filopalestinese”, negli ultimi anni mi sono un po’ sforzato ed ho affrontato la questione dal punto di vista israeliano. Conferenze, approfondimenti, articoli di giornale.
Ho così scoperto che la vicenda non è così netta, che se anche nel passato sono stati commessi errori, anche gravi, nella storia recente Israele ha cercato un percorso di pace e firmato accordi fatti poi saltare (spesso purtroppo anche in maniera letterale) dai palestinesi.
Ho scoperto anche che gli israeliani vivono essi stessi in un’angoscia perenne, che i giovani hanno un obbligo di leva tra i più lunghi e duri al mondo (perfino le donne), e che tutti – nessuno escluso – sono impiegati in prima linea nel conflitto.
Ho anche scoperto, mio malgrado, che esistono organizzazioni con il solo scopo di creare disinformazione: un esercito di sciacalli in grado di trasportare lo stesso bambino morto da un sito all’altro in modo da moltiplicarne l’effetto straziante sui media; manifestazioni organizzate contro i black out con le luci dei negozi accese in fondo alla foto; fotografie ritoccate in cui una città è in fumo solo grazie a photoshop.
(Se guardate questo video, vi avvertiamo: le immagini che vedrete sono molto crude)
Ho visto fotogallery di autorevoli siti di giornali americani in cui la stessa persona in una foto è un soccoritore, in quella successiva è un cadavere e in quella dopo torna soccorittore. Ecco un link per approfondire meglio la questione.
Eppure – anche aggiungendoci il senso di colpa di essere nato in un Paese che le leggi razziali le ha approvate – non me la sento di dire che sto con gli israeliani.
Non me la sento perché i fatti del 1948 sembrano lontani ma solo in apparenza: se mio nonno fosse stato ucciso in quel conflitto e mio padre fosse stato cacciato dalla sua casa da bambino, e magari mio fratello fosse morto combattendo con Arafat, non credo me la sentirei di perdonare. Forse vorrei vendetta: magari sarebbe sbagliato, ma questo non cambierebbe la situazione.
E dunque mi domando, ma soprattutto vi domando: come fate a prendere posizione in maniera così netta?
Aiutatemi a capire, perché io proprio non ci riesco.
Domenico Cerabona
@DomeCerabona