
Gli ottavi di finale della Uefa Champions League registrano la loro prima sorpresa al termine dello scontro fra due big d’Europa, il Chelsea e il Psg, quando i parigini riescono, al termine di una partita che li ha visti giocare per circa 90’ (compresi i supplementari) in inferiorità numerica, a recuperare per due volte lo svantaggio e issarsi fino al 2-2 finale che sancisce l’eliminazione della compagine allenata dal tecnico portoghese.
Il senno di poi non è un cattivo maestro, ma certamente non è un gran simpaticone. Nonostante ciò, le scelte di Mourinho, mai come in questa occasione, sono sembrate incomprensibili.
Partiamo da gennaio, sessione di mercato movimentata nella quale i londinesi si privano di due giocatori, Schurrle e Salah, che, pur non facendo quasi mai parte dell’undici titolare, partecipano quasi sempre alle rotazioni (più il primo che il secondo, a dir la verità) a cui Mou è costretto a ricorrere per affrontare tutti gli impegni che la stagione pone sul loro cammino.
È pur vero che da queste due cessioni il Chelsea incassa, e parecchio: il tedesco va al Wolfsburg per circa 32 milioni (fonte transfermarkt.com), mentre l’egiziano si muove verso l’Italia, direzione Firenze, in prestito ma con un succoso diritto di riscatto per i toscani fissato a 16 milioni.
Si tratta di quasi 50 milioni che, sommati a quel capolavoro della cessione di David Luiz in estate al Psg per 50 pippi, rendono ricchissime le casse del club.
Finanziariamente, quindi, tutto ok: ma sul campo?
Sul campo la squadra ci rimette, almeno nel breve termine. Il colombiano, barattato per soldi, tanti, e Salah, non si è ancora inserito pienamente negli schemi del coach di Setubal: si dice, soprattutto, che non sia pronto fisicamente per reggere i ritmi inglesi che si sa, sono molto diversi da quelli del calcio italiano.
Proprio qui sta l’incomprensibile: mi volete forse dire che Mou non immaginava che, acquistando un giocatore proveniente dall’Italia, si sarebbe trovato un atleta in difficoltà, almeno all’inizio, dal punto di vista fisico? Che non era al corrente del fatto che la Serie A è meno allenante rispetto alla Premier League? (Fateci caso, ma questa differenza pare buona per spiegare il perché Salah nelle prime apparizioni con i viola sembri Messi con goal e assist a raffica, mentre probabilmente non è Messi: non voglio dargli del fuoco di paglia, ma insomma, il suo valore lo scopriremo tra qualche mese).
Mourinho ha lavorato in Italia, conosce benissimo i pregi e i difetti del nostro calcio: possibile che si sia privato di due giocatori così utili? soprattutto considerando lo schema con cui l’ex allenatore di Inter e Real schiera la sua squadra: un 4-2-3-1 infarcito di trequartisti.
Ieri, contro il Psg, al 91’ è entrato Drogba, e Cuadrado ha fatto lo spettatore per tutto il match: sarebbe stato lo stesso per Schurrle?
C’è poi, come qualche commentatore ha più volte sottolineato, l’altrettanto incomprensibile allergia mourinhana al gioco offensivo che, forse, ha recitato un ruolo decisivo nel match contro i francesi e che sicuramente ha pesato nella semifinale dell’anno scorso contro l’Atletico di Madrid.
Ricorderete le polemiche e gli sfottò che seguirono le partite contro i madrileni: la storia del bus parking e le critiche per la completa rinuncia al gioco d’attacco…
L’anno scorso Mourinho si giustificava dicendo che la sua squadra non era pronta per competere a quei livelli, né in termini di gioco né di esperienza. Poteva anche essere vero, ma se ricordiamo che il Chelsea nelle due stagioni precedenti aveva vinto la Champions e l’Europa League, e che l’Atletico era alla sua prima semifinale di CL dopo circa un miliardo di anni, be’, la scusa ha fatto un po’ sorridere.
Si è trattato dell’ennesimo colpo di genio della retorica del portoghese.
Infine, le dichiarazioni nel post partita di ieri sera, quando Mourinho ha sì riconosciuto i meriti dell’avversario, ma ha anche sostenuto un poco plausibile peso psicologico per la sua squadra per aver affrontato quasi tutto il match in superiorità numerica. Non siamo ai livelli della pioggia di Mazzarri, ma, insomma, c’è del paradossale.
L’osservazione, quindi, rimane valida, e in questo il Chelsea 2014/15 rappresenta un classico della storia dell’allenatore portoghese, almeno dall’esperienza interista in poi: squadra piena di talento, forte e psicologicamente caricata a mille (forse troppo?), incapace di produrre un gioco offensivo e piacevole.
E, a differenza dell’anno scorso, il portoghese non ha la scusa dell’impreparazione: gli acquisti di Costa, Filipe Luis, Courtois (tutta gente che l’anno scorso quasi vinceva la Champions con l’Atletico) e soprattutto del centrocampista ex Barca Fabregas rendono la sua squadra adeguata per ogni competizione.
Il Chelsea, a metà marzo, è in testa alla Premier con un buon margine sul più diretto inseguitore, ha vinto la Coppa Nazionale, ma è fuori dalla F.A. Cup e dalla coppa dalle grandi orecchie, il vero, grande obiettivo per il club di Abramovich.
Basteranno le vittorie casalinghe a sedare le prime polemiche che minacciano questa seconda avventura londinese di José Mourinho?
Maurizio Riguzzi
@twitTagli