Miti e verità sul Bilderberg – Prima parte

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Una volta l’anno, un governo-ombra composto dagli uomini più potenti del mondo si incontra a porte chiuse in una località segreta per pianificare il soggiogamento dell’umanità.
Non stiamo parlando della trama del prossimo film di James Bond, o di un incubo che mi ha tenuto sveglio tutta la notte, ma delle storie che circolano attorno al Bilderberg Group, un meeting che dal 29 maggio 1954 riunisce membri delle famiglie reali europee, politici, intellettuali, giornalisti, banchieri, finanzieri e industriali da numerosi paesi occidentali.

Nel 2005 Daniel Estulin, un giornalista lituano, ha pubblicato in Spagna un libro-inchiesta sul Bilderberg che è diventato un bestseller mondiale venduto in 70 paesi e che lo ha consacrato come massimo esperto internazionale sull’argomento (qui lo potete ammirare, in uno spezzone della trasmissione di Gianluigi Paragone, mentre accusa Mario Monti di essere un traditore da incarcerare).
Ascoltiamo per un po’ la sua campana, che è rappresentativa di convinzioni oramai sempre più diffuse, e poi cerchiamo di trarne qualche osservazione. 

La tesi di Estulin parte da una domanda molto semplice, ma allo stesso tempo – bisogna ammetterlo – piuttosto lecita: ma che diavolo avranno da dirsi di così importante gli uomini più potenti del mondo da giustificare procedure di discrezione tanto severe?
Sul sito ufficiale del Bilderberg, leggiamo, infatti, che i partecipanti ai convegni hanno l’obbligo di mantenere uno stretto riserbo su chi dice cosa, cosicché tutti possano sentirsi liberi di parlare liberamente, senza timore che le proprie opinioni vengano divulgate.
Si tratta, insomma, di conferenze off-the-record, con lo scopo di facilitare il dialogo e la comprensione reciproca fra i partecipanti.
Estulin, però, non ci vede chiaro. Per quale ragione, ad esempio, incontri come il G8 o il forum economico di Davos sono largamente riportati dai media, e del Bilderberg, invece, se ne infischiano tutti? 

D’altronde, la lista degli invitati ai meeting, attentamente stilata dal comitato direttivo come in un club esclusivo di altissimo livello, è davvero impressionante.
Scorriamo i nomi di alcuni degli invitati alla conferenza del 2013: Josè Barroso, presidente uscente della Commissione Europea; Jeff Bezos, fondatore di Amazon; David Cameron, primo ministro inglese; Christine Lagarde, presidente del Fondo Monetario Internazionale; John Micklethwait, editorialista capo del giornale The Economist; Jorma Olilla, presidente della multinazionale del petrolio Royal Dutch Shell.
Ora guardiamo chi compone, fra gli altri, l’attuale comitato direttivo: Josef Ackermann, ex CEO di Deutsche Bank; Richard Perle, membro delle amministrazioni Reagan e Bush jr.; Peter Sutherland, presidente di Goldman Sachs; Mario Monti, ex presidente del consiglio italiano.
Infine, diamo un’occhiata ad alcuni dei personaggi che in passato hanno presieduto il comitato direttivo: Walter Scheel, Presidente della Germania Ovest dal 1974 al 1979; il duca Alexander Douglas-Home, ex primo ministro britannico; il barone Eric Roll, già direttore della Banca d’Inghilterra; il barone Peter Carington, segretario generale della Nato dal 1984 al 1988.

Paura, eh?, direbbe Fabio De Luigi/Carlo Lucarelli.

Secondo Estulin, sì, dovremmo aver paura. E perché mai? D’altro canto, sul sito del gruppo si afferma che il Bilderberg non è altro che «un forum di discussione» sui temi d’attualità più disparati, e inoltre si precisa che, al termine delle riunioni, non vengono prese decisioni politiche.
E qui torniamo alla domanda iniziale. Perché allora tanta segretezza? «L’unica ragione possibile è che non vogliono che veniamo a sapere di cosa discutono tra di loro» [1], conclude Estulin, che, come abbiamo potuto intuire, è un tipo alquanto diffidente.
In buona sostanza, Estulin ci sta dicendo che il Bilderberg cova degli obiettivi nascosti che non vuole rivelare al mondo, e se non li vuole rivelare, beh, significa che non sono poi tanto caritatevoli.

Estulin ci assicura di aver avuto accesso a delle fonti interne al gruppo, grazie ai suoi contatti nei servizi segreti (sostiene di essere un ex agente del Kgb), e di essere perciò in grado di svelarci i progetti del Bilderberg. Eccoli:

  • David Rockefellerun’unica civiltà internazionale, frutto della distruzione di tutte le identità nazionali;
  • il controllo delle menti e la separazione dell’umanità in padroni e schiavi;
  • una società a crescita zero, ovvero un regresso calcolato delle economie per impedire il progresso;
  • induzione allo squilibrio psicologico delle persone attraverso crisi deliberatamente pianificate;
  • il controllo centralizzato di tutti i sistemi educativi per rendere ignoranti i popoli soprattutto riguardo alla storia;
  • il controllo centralizzato di tutte le politiche interne ed estere;
  • l’ampliamento dei poteri dell’Onu, tra cui l’imposizione di una tassa per la “cittadinanza mondiale”;
  • l’istituzione di un mercato unico occidentale;
  • la creazione di un unico sistema legale;
  • l’instaurazione di un unico welfare state socialista per premiare gli schiavi obbedienti e sterminare i ribelli.[2]

Questo allarmante programma si può sintetizzare in tre sole parole: Nuovo Ordine Mondiale, ovvero «un solo governo per tutto il mondo, che limiti le varie sovranità e l’indipendenza delle nazioni» [3], un governo di un’élite inattaccabile su una massa di oppressi.

Per tutto il libro Estulin dissemina nomi, date e avvenimenti per rafforzare il quadro complessivo appena descritto e lo correda citando numerosi saggi che confermerebbero la sua tesi. La progressiva cessione delle sovranità nazionali all’Unione Europea, la firma di accordi commerciali internazionali per integrare i mercati, l’interventismo della Nato, il rafforzamento di think tank affini al Bilderberg come il Consiglio sulle Relazioni Estere (Cfr) e la Commissione Trilaterale: tutto quanto congiura per il piano di dominio globale di questo piccolo ma assai influente gruppo di individui.
Di conseguenza, terminata la lettura del libro, si è comprensibilmente irritati – per non dire di peggio – e si viene colti da un generale senso di rabbia, misto a gratitudine per lo spirito didascalico di Estulin.
Tale sentimento è il medesimo che si percepisce nei commenti sui principali siti di vendita on-line (Il Club Bilderberg, sia nella versione italiana sia in quella inglese, ottiene almeno 4 stelle su 5) o sui blog che lo recensiscono.
Non si vendono mica sei milioni di copie in tutto il mondo se non hai una bella storia da raccontare.


Eh sì, perché quella di Estulin non è nient’altro che una bella storiella. Dove sono le prove di quello che afferma? Lo stesso Estulin se lo domanda e sentite cosa risponde:

«Come si possono verificare questi fatti, se è praticamente impossibile penetrare all’interno del “Bilderberg Group”? Alcuni di essi sono indimostrabili, perché le informazioni che riceviamo arrivano direttamente dai servizi segreti, in modo che solo una piccola minoranza privilegiata possa venire a conoscenza della realtà. […]
Molta gente, non vedendo i “motivi” dietro le cose che ho loro descritto – dato che non ne parlano né le televisioni, né i giornali, né le radio – è convinta che debba per forza trattarsi di una “teoria della cospirazione”, quindi da ignorare o deridere, ma comunque da rifiutare. Vogliono prove concrete, ma sono difficili da trovare. Questo è ciò che il sistema di lavaggio del cervello di Tavistock ha fatto alla razza umana» 
[4].

Avete capito? Non solo Estulin ammette di non poter dimostrare nulla di quello che scrive, ma si spinge pure a dare del decerebrato a chi pretende uno straccio di prova. Un bel capovolgimento della logica.
Lasciamo stare le parti autobiografiche del libro, che sembrano estrapolate da un film di spionaggio di serie B e che sono talmente piene di incongruenze da indurre a credere che Estulin si sia inventato di sana pianta anche la sua affiliazione ai servizi segreti russi (se è fuggito dall’Urss a 14 anni quando sarebbe stato reclutato dal Kgb?).
Il vero indizio che ci suggerisce che Estulin abbia infiorato il suo passato si trova piuttosto nei contenuti stessi della sua “inchiesta”. Se, infatti, il nostro autore avesse avuto a disposizione informazioni di prima mano sul Bilderberg, perché mai avrebbe avuto bisogno di riciclare le più incoerenti teorie del complotto partorite dall’estrema destra americana nell’ultimo cinquantennio?

Le origini della paranoia del Nuovo Ordine Mondiale si possono infatti far risalire a un libro del 1952, Rockefeller internazionalista: l’uomo che malgoverna il mondo, scritto da Emanuel Josephson, un sostenitore del senatore Joseph McCarthy (quello che, per intenderci, accusò di comunismo mezza Hollywood).
Josephson individuava un asse del male composto dalla famiglia Rockefeller, dal già citato Consiglio sulle Relazioni Estere e – udite udite – dall’Unione Sovietica, un’impensabile alleanza stretta allo scopo di instaurare un unico governo mondiale.
Naturalmente non c’era nulla di vero (la storia ce l’ha confermato), ma qualche anno dopo le accuse di Josephson misero la pulce nell’orecchio ad altri nostalgici della caccia alle streghe, che proprio non volevano rassegnarsi all’idea che i sovietici non si fossero infiltrati nelle più alte sfere di Washington.
Nel 1962 venne così dato alle stampe Il governo invisibile, dell’attivista di destra Dan Smoot, che per la prima volta aggiunse il Bilderberg, di cui Rockefeller era uno dei promotori, alla lista nera dei gruppi elitari complici del complotto comunista.

Della teoria si appropriò subito la più retrograda delle organizzazioni di destra americane, la John Birch Society, fondata da un produttore di caramelle in pensione, Robert Welch.
Welch, poi, ci mise del suo e, dopo il 1964, cominciò a proclamare che i reali artefici della cospirazione globale non sarebbero stati i comunisti, bensì la setta massonica degli Illuminati, motore occulto della lotta per i diritti civili degli afroamericani, dell’alto tasso dei divorzi, dei movimenti hippie e di numerosi altri rivolgimenti sociali e politici dell’epoca.
Anche in questo caso si trattava delle farneticazioni di un esaltato, ma che ben si coniugavano con una delle più grandi paure della destra americana: lo strapotere dello Stato centrale. Cosa c’era, difatti, di più spaventoso di un unico governo mondiale per chi, come Welch, avrebbe volentieri fatto a meno dell’autorità stessa del governo federale sui cittadini statunitensi?

Ma l’espressione “Nuovo Ordine Mondiale” (New World Order, Nwo) comparve per la prima volta solo nel 1971 in un’opera di un giornalista free lance e portavoce della John Birch Society, Nessuno osa chiamarla cospirazione di Gary Allen.
Il libro, che divenne un bestseller, era una sintesi – a suo modo meravigliosa – di tutta la tradizione complottista americana del Novecento. Allen descriveva una cricca di cospiratori, gli Insiders, tra cui i soliti Morgan, Rockefeller e Rothschild, che da decenni agivano silenziosamente per creare un unico governo globale, sfruttando ora il comunismo, ora il capitalismo come strumenti di affermazione.
Il Bilderberg sarebbe stato uno degli ingranaggi fondamentali di questo piano perverso. Perciò siamo tutti dei poveri ingenui: la Guerra Fredda è stata una gigantesca pagliacciata!
Da allora il terrore del SuperStato planetario non ha mai abbandonato l’estrema destra americana, soprattutto quella antigovernativa (di cui abbiamo fornito un breve ritratto qui) e quella fondamentalista cristiana.

Estulin non è, quindi, che l’ultimo epigono di questa saga dell’assurdo, e neppure il più abile, visto che non prova alcun imbarazzo nel citare come fonti affidabili i suddetti Smoot e Allen, o la rivista dell’ultradestra razzista Spotlight, o un libro di John Coleman, il cui titolo (La cerchia dei cospiratori: il comitato dei 300) richiama in modo inquietante il mito antisemita dei trecento ebrei che controllano le sorti del mondo.
Gli unici politici americani che l’autore mostra di apprezzare sono poi, guarda caso, esattamente quelli che erano stati appoggiati dalla John Birch Society: Barry Goldwater e George Wallace.
Estulin riesce persino nel capolavoro di sfruttare a proprio vantaggio un passo tratto da Loro: i padroni segreti del mondo del giornalista umorista Jon Ronson, un libro che è la più dissacrante presa per i fondelli dei complottisti che sia mai stata scritta [5] (fra i teorici del complotto presi di mira da Ronson vi sono il celebre conduttore radiofonico Alex Jones e Jim Tucker di Spotlight, entrambi sostenitori di Estulin).

Nell’ultima parte del suo saggio sul Bilderberg, infine, a riprova della sua operazione di copia-incolla di vecchi clichè dell’estrema destra americana, Estulin si destreggia in esuberanti virtuosismi storico-politici, equiparando l’economia socialista al neoliberismo ed esponendo un’appassionante controstoria del secolo scorso, secondo cui la Rivoluzione bolscevica sarebbe stata finanziata da Wall Street per ottenere il controllo del petrolio russo! E per fortuna che Estulin si propone di salvaguardare la memoria storica! 

Insomma, chi oggi crede alle teorie della cospirazione sul Bilderberg è avvertito: l’agghiacciante narrazione di un complotto mondiale di un’élite intangibile non è figlia di un serio e obiettivo reportage, ma di un’ormai anacronistica tradizione paranoica anticomunista, dimostratasi falsa negli anni, che si è formata negli Stati Uniti nel periodo maccartista e che si è via via fusa con leggende antisemite, con le paure derivanti dalla globalizzazione e con i desideri di revanche di una destra oltranzista ormai da tempo ripudiata anche dai repubblicani. Sic est.

Jacopo Di Miceli
@twitTagli

(Qui la seconda parte) 

[1] Daniel Estulin, Il Club Bilderberg, trad. it. Arianna Editrice, Bologna 2009, p. 4.
[2] Ivi, pp. 61-63.
[3] Ivi, p. 108.
[4] Ivi, p. 85.
[5] Ivi, p. 64.

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