Missione compiuta, Presidente Napolitano

l43-mario-monti-120620210839_bigMonti sì, Monti no, Monti forse. Questo il leit-motiv mediatico delle ultime settimane, a partire dalla minaccia sul voto di sfiducia portata dal PDL e dal conseguente annuncio delle dimissioni da parte del premier. Solo ieri i dubbi sul futuro della nostra politica hanno trovato una certezza in più, grazie alla convocazione di una conferenza da parte del presidente del Consiglio in cui si è apertamente parlato dell’esistenza di una “agenda Monti”: non una candidatura politica né una rinuncia, come era atteso da una larga parte degli addetti ai lavori, quanto invece una lista di punti programmatici pronta ad essere sposata dalle formazioni politiche interessate in vista della prossima legislatura. Si parla naturalmente di continuità con le riforme attuate e di ottimismo verso una rinnovata cooperazione europea, ma nell’agenda del premier non si risparmiamo stoccate alla demagogia di Vendola e di Berlusconi, oltre alla chiara censura sul tema del conflitto di interesse.

È un Monti che “sale” in politica e che non si sognerebbe mai di chiamarla “discesa”. Un Monti che ha ammesso di aver rivolto al presidente Napolitano tre semplici parole, in sede di dimissioni, che sono già pronte a forgiare il  tono del dibattito politico dei prossimi tre, caldissimi mesi pre-elettorali: “Missione compiuta, Presidente”.

C’è anche lui quindi, ed è pronto a farsi carico delle eventuali responsabilità che gli affideranno i partiti, come una candidatura a premier per le prossime elezioni. Sopratutto, però, oggi si prende nota della stesura di un nuovo capitolo all’interno del nostro fragile romanzo politico: da ieri i tecnici prendono posizione e si difendono da soli, senza chiamare in gioco altre forze se non quella dei numeri e della propria eloquenza. Quella che è stata (a ragione) definita come “parentesi tecnica” – in cui l’indiscutibilità della competenza chiedeva alle parti di elevare un consenso solido al di sopra del dibattito d’opinione – ha cambiato i propri connotati e probabilmente il ricordo di ciò che è stato. Se Monti vuole “salire” nell’agone politico, deve essere pronto a trattare le proposte future e a ridiscutere l’efficacia di quelle passate. Deve anche essere pronto a perdere l’aureola della competenza e l’autorevolezza fieramente non-politica di cui si è potuto fregiare fino ad oggi.

Quel che resta, oltre alla onnipresente nebbia sul prossimo scontro elettorale, è una sola certezza in più. Banale, magari, ma non del tutto scontata. I tecnici avevano una missione da compiere (come Rambo, come Berlusconi) e sostengono di averla portata a termine. I tecnici, nonostante le carezze dei media e le accuse sulla “anomalia democratica” che rappresentavano, sono quindi sempre stati anche dei politici con idee indipendenti. A quanto pare non eravamo poi così “commissariati”.

Matteo Monaco

@twitTagli

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