La bozza di tagli redatta dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli non lesina su niente e nessuno: dalla sicurezza al welfare, dalle pensioni alla spesa pubblica, dal Senato ai comuni.
Impossibile allora dimenticare una di quelle ‘lobby’ che da anni ormai fa venire il sangue amaro agli anti-KaSta e non solo: i manager pubblici.
Il piano di Cottarelli prevede un taglio da 500 milioni per i dirigenti pubblici e l’istituzione di un tetto massimo per la retribuzione dei manager. Non più parametrato sullo stipendio del primo Presidente di Cassazione (circa 300mila euro lordi all’anno, come voluto dal ‘Salva Italia’ di Monti) ma su quello del Presidente della Repubblica (poco meno di 250mila).
La bozza Cottarelli prende quindi in mano il decreto ‘Salva Italia’ e lo rimodella: abbassa il tetto massimo e, soprattutto, lo pulisce da tutte quelle eccezioni (escamotage?) che permettevano ai manager di Ferrovie dello Stato, Poste, Eni e tante altre di non risentire dei corposi tagli.
E le reazioni non si sono fatte attendere.
Al termine dell’Assemblea nazionale delle coop e del lavoro, a Bologna, Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie della Stato s.p.a. lancia al governo un avvertimento che forse voleva risultare minaccioso, ma che ai più è suonato comico: “Il governo fa le scelte che desidera. Sconterà che buona parte dei manager vada via: lo deve mettere in conto”.
Evidentemente seccato, tra l’offeso e la lesa maestà, l’AD continua paragonando il proprio stipendio a quello dell’omologo tedesco (“il mio collega tedesco piglia tre volte e mezzo tanto”), confrontando gli stipendi di manager pubblici e privati, e chiude elogiando il glorioso percorso delle Ferrovie italiane degli ultimi anni: “È l’unica impresa europea che sta migliorando i conti“.
Fin troppo facile ribattere all’AD che il sistema ferroviario tedesco è imparagonabile rispetto a quello italiano (per fatturato investimenti, numero di dipendenti, ecc), che le aziende private rispondono a logiche di mercato ben diverse (e ben più dure) di quelle pubbliche e che migliorare i conti peggiorando i servizi non è motivo di orgoglio.
Condivido invece i dubbi di Moretti sulla ratio dell’impostare come tetto massimo quello del Presidente della Repubblica: con che logica si mette sullo stesso piano il rischio di impresa con la scelta politica? Qual è il nesso tra i ruoli?; ma guai se questa diventasse la scusa per conservare privilegi che lo Stato non può più garantire.
“Ci sono pazzi che credono di essere Napoleone e pazzi che credono di poter risanare le Ferrovie dello Stato” diceva il Divo Giulio.
Inutile aggiungere che lo Stato non può più permettersi pazzi da 850mila euro l’anno.
Francesco Cottafavi
@FCPCottafavi