Ieri sera nell’arena di Servizio Pubblico è andato in onda un programma di approfondimento giornalistico: l’ospite in studio era uno dei candidati alle prossime elezioni. Oggi sulle bacheche di Facebook, sui siti giornalistici, e anche su questo blog, qualcuno si domanda (e si risponde) chi sia il vincitore. Ma il vincitore di che cosa? Forse in molti si aspettavano il Celebrity Deathmatch tra Michele Santoro e Silvio Berlusconi (o, ancora meglio, tra Silvio Berlusconi e Marco Travaglio): ora quei molti sono delusi dal fatto che non sia andato in onda una rissa, ma una trasmissione tutto sommato pacifica (sebbene momenti di alterco ci siano stati). Personalmente, non sono tra di essi.
Certo, io stesso ero uno dei primi a cui sarebbe piaciuto vedere Berlusconi umiliato da una fila di ex ragazze del Bunga-Bunga che sfilavano nello studio televisivo a ripetere per filo e per segno le loro deposizioni del processo coi dettagli hard delle “cene eleganti” di Arcore; o Berlusconi messo alle strette da Marco Travaglio che gli leggeva in tono monocorde e sarcastico tutti gli atti dei vari procedimenti penali in cui Berlusconi è (o è stato) coinvolto. Eppure, da una parte non sarebbe stato realistico; dall’altra non sarebbe stato nemmeno così gratificante.
Era presumibile che Berlusconi si fosse in qualche modo cautelato, prima di entrare in una delle (poche) arene dove i giornalisti fanno le domande: infatti il conduttore e l’ospite si erano messi d’accordo che si sarebbe parlato di politica, in particolare di politica economica, e che non si sarebbe parlato di processi (né conclusi né in corso). Circa la gratificazione, invece, perché da un punto di vista dialettico la difesa di Berlusconi (che attribuisce i suoi guai con la giustizia ad un complotto) è difficilmente attaccabile: la caratteristica delle teorie del complotto è che non rispondono al principio epistemologico di falsificabilità (non è possibile dimostrarle, ma nemmeno confutarle, in quanto qualsiasi possibile strumento di confutazione fa parte a sua volta del complotto). Il probabile risultato sarebbe stato una gigantesca caciara in cui ognuno dava all’altro del bugiardo, e in un simile marasma la verità sarebbe stata comunque offuscata.
Santoro si è comportato con Berlusconi come ha sempre fatto con la maggior parte degli ospiti, lo ha fatto parlare. Molti si aspettavano il contrario, sospiravano la gazzarra, con motivazioni più che legittime (Berlusconi è quello che ha provato a zittire Santoro in tutti i modi: editto Bulgaro, telefonate a Masi; Berlusconi, quando va in TV, normalmente va a farsi intervistare da suoi dipendenti). Santoro stasera avrebbe avuto l’occasione di rendergli pan per focaccia, di accoglierlo in un ambiente ostile e preparato alla guerra.
Perché non è successo? Perché Santoro non è Berlusconi. Michele Santoro è un giornalista che crede nel suo lavoro, e che davvero pensa che l’informazione debba essere un “Servizio Pubblico”, ovvero uno spazio dove chiunque, anche Berlusconi, può andare a dire la sua opinione.
Santoro ha fatto quello che deve fare un conduttore: ha condotto la trasmissione, riuscendo a tenere il filo in quei due o tre momenti di degenero. Non ha “vinto”, perché non ha voluto trasformare la trasmissione in uno scontro: ha voluto fare il giornalista/conduttore televisivo, non l’oppositore politico – perché non è quello il ruolo che gli compete.
Michele Santoro ieri sera ha dimostrato di essere un giornalista migliore di quello che molti immaginavano: ha dimostrato di saper concedere democraticamente lo spazio televisivo anche a chi l’aveva tolto a lui in passato. Non ha perso lo scontro con Berlusconi, ma anzi ha vinto il confronto con tutti i giornalisti che non sarebbero riusciti a condurre una trasmissione con una scheggia impazzita come Berlusconi senza svaccare ma al contempo senza sdraiarsi come uno zerbino.
Berlusconi ne è uscito vincitore? Non credo. Rispetto alle sue contraddizioni (evidenziate nel corso della trasmissione) ha glissato – per tutti valgano gli elogi di Berlusconi al governo Monti, anche dopo l’IMU, evidenziati da Travaglio. Certo, Berlusconi è un comunicatore eccezionale, ed è riuscito a sorvolare sulla questione senza farlo notare troppo: ma difficilmente snocciolare supercazzole sull’economia, inventarsi teorie del complotto ed interrompere in continuazione tanto il conduttore quanto gli altri ospiti (cercando, lui sì, di buttarla in caciara quando la situazione poteva farsi scivolosa) potranno riportarlo dalla polvere all’altar.
In realtà l’unica cosa che può riportare Berlusconi alla ribalta non è una trasmissione televisiva, ma è la paura di lui che hanno le altre forze politiche. Ieri sera Berlusconi non ha “vinto” perché non c’è stato uno scontro; ma per lo stesso motivo non ha nemmeno “perso”.
C’è chi sperava di poter delegare a Michele Santoro il lavoro sporco, il combattimento nell’arena: non è così che funziona. Berlusconi si sconfigge prendendolo per quello che è, al netto di tutti i precedenti tra lui e Santoro: un semplice ospite ad un programma televisivo; si sconfigge avendo il coraggio di definirlo come un criminale – perché la sinistra dice “Berlusconi ha negato la crisi” e non “Berlusconi senza le leggi ad personam sarebbe in galera per corruzione”? Sono entrambe affermazioni vere!
Berlusconi si sconfigge isolandolo, e lasciandolo cantilenare i suoi motivetti triti e ritriti. Il dialogo dovrebbe essere destinato a tutte le altre forze politiche (quello che la sinistra non è mai riuscita a fare). Berlusconi si sconfigge andando nello stesso studio televisivo, rispondendo alle stesse domande, e dando risposte migliori, senza partire dal presupposto che i telespettatori siano tutti imbecilli e credano per forza a lui. Quello sarà il confronto dove ci saranno davvero dei vincitori e dei perdenti.
Luca Romano