L’irresistibile discesa di Bersani

Che Bersani fosse “spompo” in campagna elettorale era noto già a vari milioni di italiani – tra cui Berlusconi e Grillo – ben prima del famoso fuorionda (così vuole lo scoop, abbiate pietà) del sindaco di Firenze. Che l’ex segretario abbia gestito in modo fallimentare ogni mossa del PD dalla non-vittoria al governo delle larghe intese – Napolitano ne sa qualcosa – anche: è cosa risaputa. Ma non è finita qui: l’ex segretario non ci sta a “passare per un voltagabbana”, non vuole tradire le aspettative in lui riposte e decide di regalare a tutti noi una nuova, sorprendente, avventura. La sua propria, medesima, irresistibile discesa.

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“Non viviamo le prossime primarie come fossero la rivincita delle scorse”, dice a ripetizione Renzi ad ogni comizio. Paradossale, però, che a volere questa “rivincita” sia proprio colui che ha festeggiato dopo le scorse consultazioni (e, mirabile dictu, non partecipa alle prossime).

Proprio così: Bersani consuma la propria “discesa” nel tentativo di placare l’ascesa dell’ex avversario. Non essendo “in gara”, non ha neanche la terribile scocciatura di dover presentare un programma – del resto, questa mossa era risultata vincente alle primarie 2012 – per cui si cimenta a tempo pieno nell’arte della punzecchiatura e della critica fine a se stessa.

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L’altro giorno, per esempio, alla festa Pd di Genova, davanti ad una folla quasi delle dimensioni di quella che ha assistito al comizio di Renzi (appena 5.000 in meno su 6.000) si è sbizzarrito: rispolvera vecchi tormentoni (“la sinistra è il lievito del Pd, non è un abbellimento della destra”), professa la fede (“il segretario non deve coincidere con il premier”), fa qualche battuta su Renzi, accusandolo – mirabile dictu, e siamo a due  – di concentrarsi solo sugli slogan senza pensare ai contenuti.

Sarebbe forse il momento di dire al Quasi-Vittorioso che sta combattendo una battaglia (“giocando una partita”, per i renziani: ché se uno è berluschino lo è fin nelle più aguzze metafore) che non esiste: non sprechi fiato per un avversario da cui non è neanche più considerato; il fronte di Renzi, oramai, si chiama Pittella (che ridete?).

Ma Bersani niente, insiste e punta in alto, abbandonato ormai anche dall’establishment democratico. Oltre all’indomita valchiria Chiara Geloni (che imperversa, debordando, come se nulla fosse) non rimane quasi nessuno dei vecchi sostenitori.

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Già: varrebbe la pena spendere due parole anche su questi altri coraggiosi onorevoli, gente onesta, che ha avuto il coraggio di cambiare: non è da tutti riuscire a salire sul carro del vincitore senza neanche una giustificazione o un mea culpa. Ma questa è un’altra storia, forse ancora più atroce, che ci faremo raccontare – perché no? – da Franceschini.

Francesco Cottafavi

@FCPCottafavi

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