
Torino deve essersi presa a cuore la diffusione del lavoro dell’Agenzia Magnum: al momento infatti ospita a pochi metri di distanza due retrospettive, rispettivamente su Robert Capa (Palazzo Reale, 15 Marzo-14 Luglio 2013) ed Elliott Erwitt (Palazzo Madama, 17 Aprile-1 Settembre 2013), presentati al pubblico con l’aggiunta di un dettaglio fondamentale rispetto alla mostra su Cartier-Bresson – che invece era stata allestita nel 2012 sempre nei locali di Palazzo Reale: l’audioguida, la quale passo passo (o foto foto) spiega e racconta storia, significato e peculiarità di quasi ogni scatto presente. Si passeggia lietamente per i corridoi con una voce nelle orecchie e gli occhi fissi alle pareti.
L’Agenzia – La Magnum nasce nel 1947 con un intento semplice: permettere ai fotografi di rimanere proprietari dei loro scatti senza dover dipendere da esigenze e direttive superiori. In questo modo ognuno di loro può lavorare seguendo il proprio intento libero da forzature esterne: così è stato possibile per geni come Capa e Erwitt di mostrare la realtà quale loro la vedevano senza contaminazioni ed il risultato è stato la nascita di due modi di vedere il mondo totalmente differenti.
Mettere in mostra Capa ed Erwitt a pochi metri di distanza crea un effetto strano: il più spartano e verista dei fotografi di guerra (Capa, naturalmente) vicino all’artista che amava i giochi e le riviste di moda. Erwitt, per intenderci, è quello delle foto ai cani che saltano, ai nudisti, alle stelle del cinema, mentre Robert Capa è il reporter che ci fredda con le immagini sfocate e mal sviluppate dello sbarco in Normandia, i cadaveri rovesciati al ciglio di una strada ed i visi sporchi dei bambini italiani del primissimo dopoguerra. Ogni immagine in Capa rivela lo sforzo e il rischio inenarrabile necessari a scattarla e in moltissimi casi ci pone davanti a alla sterile sofferenza: quello che ha vissuto e documentato in quarant’anni – ovvero prima di morire per aver pestato una mina a Thai Binh, nel 1954 – è un concentrato di tutti gli avvenimenti del ventesimo secolo, un vero bignami illustrato di ciò che è successo nel mondo nel ‘900. La retrospettiva risulta completa, i luoghi che ha visto sono tutti presenti sulle pareti di Palazzo Reale: c’è anche una sezione sugli “amici” (colleghi, amanti, star del cinema) che ricorda molto lo stile e i soggetti di Cartier-Bresson e la sua passione per i ritratti: è soprattutto in queste foto che si nota l’inevitabile contaminazione reciproca tra i membri fondatori della Magnum.
Tanto vicini nel perseguire una filosofia basata sulla ricerca del vero ma tanto lontani nel procedere e nel trasmettere un messaggio; al carpe diem di Capa che in guerra cammina sulle uova nel tentativo di sopravvivere, cogliere e scattare contemporaneamente – arrivando dove nessuno osa, ad esempio sulla spiaggia di Omaha al fianco dei soldati durante il D-day – si contrappone un meditativo Elliott che rimane ore e ore in attesa che un gabbiano si appoggi su un determinato lampione e la foto si crei sotto i suoi occhi. L’occhio del reporter di guerra è crudo e documentaristico, quello di Erwitt ci mostra l’ironia che può nascondere il mondo in situazioni insospettabili, come all’interno di un museo (vedi la nascita di quello che egli definisce museum watching ). Consiglio, nel caso, di procedere visitando prima la retrospettiva del fotografo di guerra e successivamente quella del reporter d’umorismo; il contrario potrebbe causare spaesamento e sensi di colpa. Tanto ci si diverte con Erwitt, quanto ci si può incupire con Capa.
Elliott Erwitt verrà profondamente ispirato dal reporter ungherese che in effetti portò il giovane fotografo francese alla Magnum Photos. Sfortunatamente Capa non potrà insegnargli quanto avrebbe potuto perché morirà un anno dopo l’arrivo di Erwitt all’agenzia, ma gli sarà comunque di grandissima ispirazione per tutta la sua carriera.
Due professionisti dell’obbiettivo ci mostrano ognuno a modo loro ciò che Henri Cartier-Bresson andava dicendo, ovvero che la vita è “immediata e folgorante”, e lo fanno mettendo il loro dito e i loro occhi al servizio di chi vuole scoprire il mondo da punti di vista tanto diversi tra loro.
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