Lettera aperta ad un aspirante elettore di Ingroia

Doverosa premessa: in questo pezzo più che un “analista politico” (ammesso e NON concesso che mi possa attribuire questo titolo) vi scrive il militante del PD. Credo sia giusto dirlo per onesta intellettuale.

Caro aspirante elettore della “Rivoluzione civile”,
mi piacerebbe scambiare quattro chiacchiere con te in merito alla tua decisione di votare per la lista arancione.

Se sei fermamente convinto della proposta politica messa a punto dalla compagine guidata dal magistrato di Palermo, da poco “sceso in campo”, è forse inutile continuare a leggere questa mia lettera: non posso certo mettermi a contestare le scelte ideali di un singolo elettore – non lo faccio con gli elettori del PDL, figurarsi se posso farlo con te. 

In tutta onestà, credo però che questa ipotesi sia poco probabile: Ingroia e moltissimi dei suoi sono in politica da ieri – o poco più; è difficile che siano già riusciti a convincerti con una proposta politica “nuova”.

Invece è più probabile che tu sia un elettore “incazzato” con la politica. Ma (a differenza di quelli che sono incazzati e che vanno dietro al pifferaio Grillo) la tua incazzatura – diciamo – non ti ha fatto perdere il lume della ragione. Per intenderci, non sei convinto che l’AIDS non esista e che si possa fare politica al computer senza mai guardarsi in faccia: pertanto credo che con te si possa e si debba ragionare.

Tendenzialmente tu sei incazzato per due ragioni:
1) Vorresti che arrivassimo ad una “Terza Repubblica” finalmente libera del “berlusconismo”, e dunque legittimamente vorresti:

  • che la prossima legislatura avesse una maggioranza in grado di abolire tutte le leggi ad personam;
  • fare una benedetta legge sul conflitto di interessi;
  • emanare una seria legge anti-corruzione;
  • reinserire “cosucce” come il reato di falso in bilancio;
  • condurre una seria lotta all’evasione fiscale.

2) Vorresti una maggioranza in netta rottura con le scelte del governo Monti: troppo recessive e troppo dure con “i soliti noti”. Per esempio, vuoi che venga affrontato seriamente il problema di una riforma delle pensioni fatta troppo in fretta e vorresti che non venissero indeboliti maggiormente i diritti dei lavoratori.

Antonio Ingroia e il suo omonimo Di Pietro cosa ti dicono? Una cosa semplice e – sembrerebbe – anche sensata: con il nostro risultato saremo in grado di influenzare il PD e “obbligarlo” ad attuare i due punti di cui sopra.

Ecco, caro amico, non è così. La dura realtà matematica che stiamo cercando di dimostrare sulle pagine di Tagli dice che votando la lista arancione ci si muove in direzione diametralmente opposta. I sondaggi dicono infatti che il risultato dei “rivoluzionari” sarebbe ininfluente dal punto di vista dei numeri in Parlamento, ma avrebbe come conseguenza quella di consegnare il Senato all’instabilità. Questo porterebbe a due possibili scenari:
a) Il Partito Democratico si troverà costretto a cercare voti a Palazzo Madama per poter formare un governo e, siccome i vostri non basteranno, sarà costretto ad andarli a cercare al centro – e cioè dal vostro “odiato” Monti.
b) Il Partito Democratico potrebbe non trovare un accordo con Monti, costringendo tutti noi ad andare nuovamente alle elezioni. Riuscite anche voi a sentire già gli slogan di Berlusconi sulla sinistra incapace di governare? Ci siamo già passati, dopo il governo Prodi del 2006: sappiamo come sono andate le elezioni successive.

Quindi: nella prima ipotesi, il vostro voto manderà in Parlamento un’esigua compagine arancione – per fare un’opposizione sostanzialmente inutile come lo è stata quella dell’Italia dei Valori nell’ultimo anno di Governo Monti; nella seconda, avrete in qualche modo favorito il ritorno al governo del simpatico Silvio.

Insomma, il mio è un accorato appello. Vi chiedo di fermarvi un minuto e riflettere se, dopotutto, il Partito Democratico non abbia dato – almeno nel recente passato – prova di voler intraprendere davvero una nuova strada e che, magari, varrebbe la pena di dargli un’ultima possibilità.

Ingroia, furbescamente, ha voluto usare il termine “rivoluzione” per la sua discesa in politica: una volta Lenin disse che c’è differenza tra essere rivoluzionari ed essere dei rivoltosi. I primi cambiano davvero le cose; i secondi, spinti da un eccesso di irruenza e massimalismo, fanno inevitabilmente il gioco dei reazionari.

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