Il pezzo di Luca Romano pubblicato oggi (che vi consiglio di leggere preliminarmente) è rimasto in giacenza per un lungo periodo. Afferma cose sbagliate? Suvvia, è dalla sofistica greca che abbiamo capito che con una buona dialettica si può giustificare (quasi) tutto. Sono concetti delicati? Sicuramente sì.
Io, per esempio, non sono per nulla d’accordo. O meglio: la scappatoia retorica è abusata, tramutando l’angusto sentiero di discorsi come “sottotesto, contesto, schemi teatrali” in un’autostrada a sette corsie spianata da una mandria di mufloni. Non è roba per tutti, e vale tanto per gli autori quanto per il pubblico: capisco che il discorso “non tutti possono fare satira” è roba da parrucconi vittoriani vestiti di nero e con la barba lunga, però…
Però sento puzza di via di fuga, di scusa, di sproloquio. Di sofisma, appunto. Di discorso molto dotto, molto metafisico, per giustificare una frase incongrua, irrispettosa, maleducata, provocatoriamente fine a se stessa. Per permettersi di debordare in nome dell’odioso “Fattela, una risata!”.
I tronfi “Eh no, sei tu che non capisci, è il sottotesto”, “Ha la fama di antirazzista”, “Da uno come lui non può venir fuori qualcosa di xenofobo” manifestano un insieme di concetti che ho visto esibiti più volte. Per Spinoza, per autori affermati, propugnato a mo’ di “Noli me tangere” da chi “si siede sempre dalla parte del torto perché tutti gli altri posti sono occupati” – balle, grosse come macigni: nove volte su dieci chi straparla di Brecht si siede comodamente dalla parte della ragione, e ci mena pure per il naso.
Non accetto che la fama di persona radical-chic permetta di uscire da margini che invece altri devono rispettare in maniera ferrea.
“La sua fama”? Milioni di anni di evoluzione, società aperta, libero pensiero per giungere ad istituzionalizzare il pregiudizio? Mi spiego con un esempio: tempo fa viene pubblicata la divertente canzone del “Complesso del Primo Maggio” di Elio e le Storie Tese. Piena di verità, peraltro, sulla “musica balcanica che ci ha rotto i coglioni”, ma è un discorso diverso. Seguono arguti siparietti fino al minuto 3.49, dove i nostri eroi tirano fuori la seguente:
Scusate signori siamo un complesso tanto povero per favore andate tutti in Piazza San Giovanni del concerto Primo Maggio ovviamente poi guardate concerto noi veniamo in vostre case e vi facciamo appartamento e cacca sul letto grazie mille tutti
“Eh, ma Elio scherza, lo fa con tutti”.
Sì, più o meno: alla musica balcanica dice che ha annoiato, ai Linea 77 che sono ridicoli, al complesso del territorio che non san suonare. Generalizzazioni, certo, ma leggere. Per gli zingari il sottotesto, il sopratesto, l’infratesto, il testo collaterale o come volete chiamarlo comunica questo:
- gli zingari son degli straccioni;
- gli zingari rubano;
- quando rubano defecano sul letto.
Se per voi è tutto normale, taccio. Se anche a voi invece qualcosa non torna, e non riuscite a capire perché tutti hanno canticchiato e sorriso alla canzone, mentre se le stesse parole fossero uscite da Mario Borghezio sarebbe giustamente venuto su il delirio, benvenuti nel club.
Francamente istituzionalizzare il pregiudizio al punto che se a dire una cosa è Tizio lo si perdona in forza del suo background (in questo caso: Elio è simpatico, Elio ha tanto séguito, Elio stava cantando sul palco della festa del 1° maggio, Elio è di sinistra, Elio provoca abitualmente) e se invece è Caio lo si condanna mi pare scorretto.
Mi pare l’agiografia della disonestà intellettuale.
Ma sicuramente sbaglio io.
Umberto Mangiardi
@UMangiardi