Le lacrime di Ibrox – Glasgow Rangers, mi mancherete

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La cosa che colpisce entrando nelle città britanniche è l’odore. Un odore di rancido, di cucina fatta male. Di olio bollente, poco importa ci buttino dentro del pesce o delle patatine. Uno dei miei sogni era passeggiare per Glasgow, respirando quell’odore. E l’odio. Quattro volte all’anno, per Glasgow si è respirato odio. Purissimo. Due eserciti, uno biancoverde e uno blu ma coi calzettoni rossi, portavano in campo politica, religione e fanatismo. Da quest’anno non si farà più: per chiunque ami il calcio, questa è una tragedia.

Oggi, 31 marzo 2012, dopo 139 anni di storia muore il Glasgow Rangers. E con il Rangers, muore l’Old Firm. Una buona ragione, se non per vivere, almeno per visitare la Scozia. Traduco per i non calciomani: Glasgow è una città di suppergiù seicentomila anime, dove fino agli anni ’90 le uniche due cose che si facevano erano costruire navi e navigare su navi. Poi negli anni ’90 si son dati un tono, laccandosi da città culturale, ma questo interessa poco. L’imperdibile di Glasgow, tra le vie di mattoni e l’odore di olio, era il derby.

In Scozia il campionato è pietoso, ci son talmente poche squadre in serie A che si fa andata-ritorno-andata-ritorno. Ed il match clou è sempre stato Celtic-Rangers, l’Old Firm. Da una parte il Celtic, maglie bianco verdi a righe orizzontali, quasi da rugbisti: squadra fondata nel 1888 dagli immigrati irlandesi in Scozia, all’attivo 43 scudetti (quest’anno faranno 44), 35 Coppe di Scozia, 14 Coppe di Lega, una Coppa dei Campioni (a Lisbona, contro l’Inter degli anni ’60).

Irish, dunque spalti che traboccano verde in ogni dove; e poi cattolici, indipendentisti, gonfi di disprezzo per la corona inglese. Dall’altra i Rangers: fondati nel 1873, 54 scudetti, 33 Coppe di Scozia, 27 Coppe di Lega, una Coppa delle Coppe. Maglia blu, calzoncini bianchi, gambali rosso acceso. Ma soprattutto unionisti, fedeli alla Regina e protestanti. Niente di peggio, gli uni per gli altri. Ogni partita era una festa, ogni partita era una guerra: colori freddi, pioggia due volte su tre. Botte, tante, in campo e fuori (almeno finché Lady Thatcher non si stufò di aver morti e feriti ogni domenica in giro per la Gran Bretagna: per chi vuole saperne di più, cerchi su Wikipedia la Strage di Hillsborough). Birra, di più.

I due stadi sono, ovviamente, fantastici. Ibrox è un nome che a me ha sempre inquietato, non so perché. L’esterno è in architettura vittoriana, con mattoni a vista. Tiene 50.000 Blue Noses (il nomignolo dei tifosi dei Rangers), e a dispetto dell’età (inaugurato nel 1899, ma ristrutturato l’ultima volta nel 1995) è uno degli stadi a 5 stelle Uefa. È uno stadio dove nel 1902 morirono 25 persone, durante Scozia-Inghilterra, per il crollo di una tribuna, ma è anche il posto dove un derby fu visto da quasi 119.000 spettatori, creando un’atmosfera incredibile. Alter ego di Ibrox è il Celtic Park, inaugurato nel 1892 e ristrutturato anch’esso nel 1995: qui di scozzesi ululanti ce ne stanno 60.000, ed è uno stadio amatissimo, dove decine di tricolori irlandesi garriscono impudenti – al contrario dell’Union Jack che troneggia ad Ibrox.

L’Old Firm (“vecchia ditta”) è il nome dispregiativo con cui il resto del mondo chiama il derby di Glasgow. Arrivano quelli della Vecchia Ditta, anche quest’anno per tutti gli altri non c’è niente da fare. L’ultimo scudetto scozzese non vinto da Celtic o Rangers in effetti è datato 1983-1984 (conquistato dall’Aberdeen di Sir Alex Ferguson, non so se il nome vi dice qualcosa), e le due squadre nel resto della Scozia non sono esattamente amate.

È per tutte queste sfumature che è una tragedia (calcistica, per carità) la morte dei Rangers. A distruggere la squadra, un debito con il fisco inglese di oltre 100 milioni di euro. Nessuna speranza di truschini riparatori all’italiana: niente rateizzazione di pagamento in 23 anni (vedi Lazio), niente retrocessione di una serie soltanto (con allegati tarallucci e vino) e poi dopo un anno tutto come prima. I Rangers dovranno ripartire dalla Scottish Third Division, una sorta di Serie C2. E dovranno cambiare nome – onta! –, cancellando la propria storia.

Le scene commoventi non sono mancate: dai giocatori simbolo che per amore della maglia giocano l’ultima stagione gratis o quasi, alle collette dei tifosi, fino all’ultimo, straziante Old Firm della storia, dove i Rangers hanno battuto il Celtic per 3-2. Una vittoria inutile, il Celtic vincerà comunque il campionato; una vittoria inondata dalle lacrime di un Ibrox gonfio di dolore, in un momento storico: il momento della fine dei derby di Glasgow.

Chi scrive è un tiepido tifoso dei Celtic, anche se è una scelta troppo facile, quasi di comodo: essere “contro” il potere regale, avere il chiasso ignorante del Celtic Park, soprattutto avere le maglie a righe orizzontali – troppo belle. Me ne son fatta mandare giù una dalla Scozia, col mio numero preferito sopra – e senza nome né sponsor, perché sia senza tempo. Nella lista delle cose davvero imperdibili per un amante del calcio, vedere un Old Firm dal vivo era tra le mie prime tre. Il Rangers mi mancherà, eccome se mi mancherà. Non ha senso il buio senza la luce, non ha senso parteggiare per un club rimasto senza rivali.

Umberto Mangiardi 
@UMangiardi

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