Quello del lavoro, non prendiamoci in giro, è IL tema su cui si dovrebbe concentrare il dibattito elettorale: le statistiche vengono stiracchiate secondo convenienza, e se è vero che il tasso di disoccupazione (10,8%, pari a circa 2 milioni e 791 mila cittadini) è ai minimi dall’agosto 2012, è altrettanto vero che:
- sono aumentati i dipendenti a termine;
- sino al 2016 i NEET (giovani tra i 15 e i 29 anni Not In Education, Employment or Training) erano il 24,3% secondo questo rapporto ISTAT (pagina 38);
- “È peggiorata la povertà assoluta e relativa, come il numero di individui in famiglie a bassa intensità lavorativa”, frase presa di peso da questo articolo del Sole 24 Ore;
- e infine che…
è considerato occupato se nella settimana di riferimento dell’indagine ha lavorato almeno un’ora, cfr Glossario
— Istat (@istat_it) 31 maggio 2016
Dunque il tema del lavoro è centrale, poche storie. Ed è interessante leggere cosa propongono i singoli partiti per affrontare la situazione.
M5S: meno ore di lavoro (ma niente sui NEET)
Il programma del Movimento 5 Stelle in materia di lavoro dedica molta attenzione a tre macrotemi: pensioni, riduzione dell’orario di lavoro, relazioni sindacali. I temi del precariato e della disoccupazione giovanile, invece, non sono toccati.
- Per le pensioni si propone un ampliamento delle categorie di lavori usuranti per cui va previsto un pensionamento precoce e si introduce il diritto al pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica.
Si propone una flessibilità di strumenti per il singolo (peraltro ad oggi già esistente), senza invece offrire una chiara visione d’insieme sul modello pensionistico e sulla sua tenuta. - Cardine del programma pare essere la riduzione dell’orario di lavoro, secondo una logica per cui le ore di lavoro vanno ridistribuite ad una platea di lavoratori più estesa, riducendo il carico individuale.
Per raggiungere questo obiettivo si propone una riduzione dell’orario di lavoro sotto le 40 ore settimanali e l’introduzione di un diritto individuale al part-time, salvo oggettiva impossibilità organizzativa.
La promozione del part time è un punto centrale, anche attraverso incentivazione fiscale. Molte di queste tematiche sono normalmente disciplinate dai contratti collettivi più che da fonti legislative, ma alcune proposte paiono effettivamente interessanti. - Grandissima attenzione è dedicata al tema delle relazioni sindacali, cui sono dedicati ben 3 dei 5 punti cardine del programma Lavoro del Movimento.
Da un lato si propone di dare pieno recepimento alla sentenza della Corte Costituzionale del 2013 che attribuisce a tutte le sigle sindacali, anche se non firmatarie di accordi collettivi, il diritto di essere elette nelle rappresentanze aziendali. La Corte Costituzionale, in effetti, aveva all’epoca espresso l’auspicio di un intervento del legislatore sul tema. Si tratterebbe dunque di una proposta interessante, anche se probabilmente priva di effetti dirompenti sul panorama sindacale italiano.
D’altro canto, però, il sindacato è visto come un’inutile casta. Da combattere, dicendo “STOP”: ai “sindacalisti carrieristi della politica e nei consigli di amministrazione e gestione delle aziende”, a CAF e Patronati, al rinnovo automatico delle tessere sindacali, ai contributi che il lavoratore può dare a sindacati ed enti bilaterali. E da scavalcare, promuovendo una “disintermediazione” che punti alla partecipazione diretta dei lavoratori al consiglio di amministrazione delle società e alla creazione di organi di autogoverno nelle aziende.
Si punta al modello tedesco, il quale, però, è incentrato proprio sulla mediazione di un sindacato forte, espressivo dei dipendenti.
Il PD vuole contrastare il precariato
Il PD propone due principali misure a contrasto del precariato:
- per il contratto a tempo indeterminato il costo dei contributi a carico del datore di lavoro sarà ridotto dal 33% odierno al 29% (pur salvaguardando gli importi pensionistici futuri del lavoratore);
- si propone un assegno di buonuscita per i contratti a tempo determinato ripetuti e non stabilizzati.
Inoltre si propone l’introduzione di un salario minimo garantito, valido per tutti i lavoratori non coperti da contratti collettivi nazionali.
Si propone una riforma della rappresentanza sindacale (non dettagliata, da elaborare insieme agli stessi sindacati).
Grande attenzione alle partite Iva, con la proposta di destinare gli 80 euro anche ai liberi professionisti nella stessa fascia di reddito dei lavoratori dipendenti, nonché di sgravarli fiscalmente e di elaborare per loro misure di welfare ad hoc.
Si propone poi una continuità sulle principali politiche dei governi Renzi e Gentiloni in materia di scuola (rafforzamento della formazione professionalizzante), piccole e medie imprese, (con ulteriore riduzione delle aliquote IRES e IRI), innovazione tecnologica (con la creazione di un Fondo per la reindustrializzazione).
Infine si propone di creare per ciascun lavoratore un conto personalizzato per spese di formazione.
Non sono invece presenti progetti di riforma delle pensioni.
+ Europa: dove sono le coperture?
Il programma proposto è articolato e complessivamente ben dettagliato, anche se non sempre sono indicate le coperture per le misure proposte. Il Jobs Act è considerato un tassello irrinunciabile di un sistema di riforma che va ancora completato. Si propone di rafforzare la contrattazione collettiva e le forme di partecipazione aziendale dei lavoratori, e soprattutto di agire a livello europeo, introducendo un sussidio di disoccupazione comune a tutta l’UE.
Centrali la riforma del sindacato e l’estensione dell’efficacia dei contratti collettivi a tutti i lavoratori, nonché l’introduzione di minimi retributivi per i soggetti a cui non si applichi alcun CCNL. Grande attenzione è riservata alla promozione del lavoro femminile, anche attraverso la promozione del congedo parentale.
Per i giovani si propone un modello di mentoring da parte di lavoratori più anziani.
Diverse idee interessanti per le partite IVA:
- revisione degli ordini professionali, dividendo le funzioni di governo da quelle di sindacato
- abolizione dell’obbligo di acconto per gli autonomi
- estensione del regime dei minimi fino a 60.000 € di fatturato
- alleggerimento dell’imposizione fiscale
Infine, in materia pensionistica, c’è totale difesa della legge Fornero, in un’ottica di solidarietà intergenerazionale, e si propone la riduzione del sussidio fiscale per le pensioni retributive più alte.
Insieme: generici auspici, e tanto vi basti, ma…
Il programma in materia di lavoro della lista ulivista propone alcuni obiettivi generali, proposti come “misure urgenti”, senza fornire indicazioni di dettaglio. Il linguaggio è a tratti molto, molto generico (“stimolo ad investimenti che generino nuove occasioni di occupazione”, “sviluppo e diffusione di conoscenze e competenze in termini di innovazione”).
Più concreti gli intenti di potenziamento degli ispettorati del lavoro, per contrastare le forme di lavoro irregolare, e di riduzione del cuneo fiscale sui redditi da lavoro (è presente un’indicazione di copertura finanziaria in tal senso).
Per potenziare l’occupazione, poi, si propone un “Green New Deal” che stimoli l’economia e crei nuovi posti di lavoro.
… mai generali quanto quelli di Civica Popolare
La lista di Lorenzin, in materia di lavoro, propone obiettivi che definire generici è poco. Per dirne una: “Obiettivo70% disoccupazione entro il 2022 (60% tasso di occupazione femminile)”, senza uno straccio di dettaglio sul COME si intenda raggiungere simili ambiziosi traguardi.
Forse unica misura di concreto interesse è la proposta di stage curriculari retribuiti per studenti universitari, con totale esenzione fiscale per le imprese, che possano poi trasformarsi in assunzioni a tempo determinato al termine degli studi.
In campo previdenziale, si propongono passerelle dolci per l’uscita dal lavoro, contratti flessibili con cambio di mansioni (in che senso?), Ape Social (ma esiste già…), revisione delle aliquote fiscali e previdenziali (ma con quale obiettivo?).
Insomma, un pacchetto a scatola chiusa.
Forza Italia: un grande boh
Mi sarebbe piaciuto moltissimo leggere le proposte di Forza Italia in materia di lavoro.
Sul www.forza-italia.it, però, ci sono solo banner pubblicitari condivisibili su Facebook, interviste a Berlusconi ed elenchi di risultati dei precedenti governi Berlusconi. Il programma non sono riuscita a trovarlo (se lo trovate voi, linkatemelo), e dunque non so dirvi quale sia la ricetta di Silvio per il mondo del lavoro.
Passiamo ai suoi alleati.
Lega Nord: tutto sulle start-up e ok la Scuola-Lavoro
Lega Nord punta sulle start up giovanili, proponendo una decontribuzione al 50% per 5 anni per le nuove start up e un obbligo per i fondi pensione e i Piani di Risparmio Individuale di investire percentuali di capitale in start up.
Si propongono poi generici incentivi alla contrattazione aziendale, tagli al cuneo fiscale e flat rate per uniformare il costo del lavoro alla media europea.
Una proposta che francamente non sono riuscita a capire (proprio a livello di significato della frase in italiano) è la cosiddetta Flex-security. Ve la riporto così come indicata nel programma, spiegatemela voi se siete bravi.
“Apposizione di una clausola di “flessicurezza” che entro determinati limiti di legge garantisca al contempo flessibilità contrattuale correlata alla flessibilità produttiva e sicurezza occupazionale e sociale, attraverso politiche attive che facilitano l’occupazione, la ricollocazione ed adeguate misure di sostegno al reddito e di protezione sociale.”
Conte Mascetti, prego, si accomodi.
Torniamo seri: si propone l’introduzione di una Temporary card per il lavoro saltuario, con modalità telematiche in realtà non molto diverse da quelle con cui oggi sono gestiti i voucher, senza specificare se sia prevista o meno una revisione i limiti quantitativi al lavoro accessorio posti dalla recente riforma.
Grande promozione dell’alternanza scuola lavoro e dei piani di sostegno alla digitalizzazione delle imprese, mediante incentivi fiscali, interventi nella formazione professionale e finanziamenti diretti (un po’ nel solco di quanto disposto dal governo Gentiloni con la Legge di Stabilità per il 2018).
Si propone poi una riforma delle agenzie interinali e l’istituzione di una figura di Tutor per l’occupazione presso i Centri per l’impiego, che coordini le iniziative di ricollocamento del fruitore di Naspi che ha perso il lavoro.
Fratelli d’Italia: no alla Scuola-Lavoro
Fratelli d’Italia propone il superamento dell’alternanza scuola lavoro (ma sono in coalizione con la Lega, che propone di incentivarla!) e il sostegno all’imprenditoria giovanile.
Alcuni obiettivi sono indicati più come dichiarazioni di intenti che in forma di proposte concrete: “difesa del lavoro e lotta alla disoccupazione”; “tutela delle professioni e valorizzazione del lavoro autonomo”; “sistema unico di ammortizzatori sociali per tutti i lavoratori”; “difesa del piccolo commercio”.
Tra le proposte più interessanti, una flat-tax ridotta per le imprese che producano in Italia con manodopera locale e una deduzione del costo del lavoro per le imprese ad alta intensità di manodopera.
Anche la lista di Giorgia Meloni caldeggia la partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa (ma non è chiaro in che termini).
In materia pensionistica si propone una riforma previdenziale abrogativa della legge Fornero, i cui contorni non sono dettagliati. Tre le linee direttrici:
- abolizione dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita,
- flessibilità dell’età pensionabile,
- possibilità di pensione di anzianità con 41 anni di contributi (come il M5S).
Con quali coperture finanziarie, ovviamente, non è dato sapere.
Noi con l’Italia: assicurazione per le Partite IVA
Infine, Noi con l’Italia. Il tema del lavoro e il tema delle imprese sono analizzati congiuntamente, in un unico punto del programma. Per sbloccare il Paese si propongono numero incentivi per le imprese, in particolare in materia di digitalizzazione.
Due le proposte più innovative: la creazione di un sistema assicurativo contro la disoccupazione anche per partite IVA e imprenditori e l’introduzione di “premi fiscali per le imprese che consentono la partecipazione dei dipendenti agli utili e introducono nuovi modelli efficienti di organizzazione del lavoro”.
Si propone una riduzione del cuneo fiscale, l’aumento dei salari di produttività e la promozione di incentivi alla contrattazione decentrata (misure in continuità a quanto posto in essere dai governi Renzi e Gentiloni).
In materia pensionistica si propone il ricorso a contribuzione figurativa per i giovani precari.
Infine si caldeggia il ripristino dei voucher.
Liberi e Uguali contro il Jobs Act
La lista di Pietro Grasso propone innanzitutto un passo indietro su alcuni capisaldi del Jobs Act: si intende, cioè, ripristinare l’obbligo di causale per i contratti a tempo determinato e in somministrazione e ritornare ad applicare le tutele dell’art. 18 a tutti i lavoratori.
Si propone inoltre l’abrogazione di tutte le forme di lavoro diverse dalla somministrazione e dal lavoro subordinato (a tempo determinato o indeterminato).
Un altro punto del programma riguarda la disciplina degli appalti, settore tradizionalmente esposto a fragilità occupazionali.
Si parla poi di misure a sostegno della genitorialità e della parità salariale uomo/donna, nonché di un dibattito sulla riduzione di orario a parità di salario come conseguenza della rivoluzione tecnologica in atto.
Interessante il riferimento alla mediazione tra gli accordi commerciali internazionali e i diritti dei lavoratori.
Nel complesso, comunque, si tratta di obiettivi non molto strutturati.
In ambito previdenziale, invece, si propone una riforma strutturale delle pensioni, che colleghi maggiormente l’età di uscita dal mondo del lavoro alla gravosità dell’attività svolta dal dipendente.
La restaurazione di Potere al Popolo
Il programma di Potere al popolo potrebbe definirsi restaurativo: si mira, infatti, all’abrogazione di gran parte delle leggi sul lavoro introdotte negli ultimi vent’anni (dalla legge Fornero in materia di lavoro al Jobs Act), nonché “la cancellazione delle principali forme di lavoro diverse dal contratto a tempo indeterminato, a partire dal contratto a termine “acausale” e dai “voucher”.
Addirittura si ripropone l’estensione anche alle imprese sotto i 15 dipendenti dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori pre-Fornero, nonché il ripristino della scala mobile.
Un altro tema centrale è la promozione di un Piano per il Lavoro che contrasti l’emigrazione giovanile, con investimenti pubblici e campagne di assunzioni nella pubblica amministrazione.
Grande attenzione è riservata al mondo delle partite IVA: si propone, infatti “l’abolizione degli Ordini professionali, l’introduzione di un compenso equo ed esigibile per le lavoratrici e i lavoratori autonomi, e l’estensione ad essi degli ammortizzatori sociali previsti per il lavoro dipendente”.
Anche in materia pensionistica, la proposta guarda al passato: pensione con 60 anni di età anagrafica o 35 anni di contributi e introduzione di pensioni minime a partire da 15 anni di contribuzione (anche figurativa).
Non è assolutamente chiaro con quali risorse si possa tornare all’epoca pre-Fornero, in quanto non sono indicate coperture finanziarie per questa (costosissima) operazione.
Infine anche Potere al popolo propone di ridurre l’orario di lavoro e di consentire l’elezione di rappresentanze sindacali non firmatarie di alcun accordo collettivo.
Irene Moccia