
A chi è capitato di leggere la mia recensione di Batman contro Superman, sarà sufficientemente chiaro che non sono esattamente un fan del nuovo corso cinematografico dedicato ai supereroi DC. In particolare, soffro parecchio la cifra stilistica e super-patinata di un regista come Zack Snyder, che magari sarà anche meno piatta e televisiva di prodotto Marvel standard, ma è certamente meno consapevole di cosa sta costruendo, e meno in grado di gestire il modo in cui si racconta e mette in scena una storia.
Che, in fin dei conti, è quello che a me e a molti altri interessa di più.
In realtà, c’è una cosa che ultimamente è quasi più interessante del film stesso: questi è il risultato finale di una pianificazione distesa su più anni, e alla fine della fiera si tratta di circa 2 ore di materiale su cui si riversano quasi tutte le discussioni.
Peccato che tutti si concentrino sul film: perché la comunicazione e i processi di marketing attorno al film ormai sono diventati quasi più interessanti e divertenti da osservare. In particolare in un periodo dell’anno come quello immediatamente successivo al Comic-Con di San Diego, evento aggregatore dei più importanti franchise cinematografici e reale termometro delle strategie produttive e comunicative dei vari Studios, è interessante affrontare una serie di quesiti sulle possibilità e il futuro dei film che attendiamo di più.
Ad esempio:
- Come si è comportata la Marvel quest’anno, dall’alto del suo quasi-monopolio commerciale che ultimamente però sembra un po’ messo in discussione?
- Come è andata la convention per Warner Bros e DC Comics, in seguito al controverso risultato ottenuto con Batman V Superman e alla vigilia di un appuntamento fondamentale come Suicide Squad?
- E soprattutto, perché dovrebbero interessarci queste cose da nerd, se poi in definitiva si tratta di andare a vedere un film dove c’è gente in costume che si picchia per due ore e passa?
Proprio per questo: perché ormai la storia “prima e dietro il film” è più avvincente di quella “dentro il film”. Perché forse gli appassionati di supereroi dovranno cominciare a fare spazio a quelli appassionati di comunicazione, dal momento che il destino commerciale di un progetto valutato centinaia di milioni di dollari rischia sempre più di essere deciso dall’andamento di un singolo weekend.
Per dire, gli analisti considerano il sequel di Avengers un parziale insuccesso per la Marvel: si tratta di un film che ha incassato 1.405.413.868 di dollari nel mondo, ma ha avuto un weekend di apertura più basso del primo Avengers. Quindi è andato male.
Questo genere di frenetica schizofrenia commerciale determina il flusso dei blockbuster hollywoodiani che vengono vomitati sul pubblico ogni anno. E il sovrano indiscusso di questo flusso sono i cosiddetti “cinecomics”, di cui Marvel e DC sono due facce della medaglia.
La prima faccia, ad oggi, è in vantaggio sia a livello economico che di riconoscimenti dal pubblico e dalla critica: i Marvel Studios, dal 2007 in poi, hanno imposto un modello comunicativo preciso e strutturato, che potrà convincere o fare schifo ma che di fatto ne ha garantito la crescita esponenziale.
Questo modello, che si potrebbe esplorare e approfondire a lungo (ma ci vorrebbe forse un articolo a parte) ha cominciato dal 2015 a dare i primi segnali di fatica: il principio di “omologazione” di autori e prodotti, che tendeva a fare somigliare ogni film a quello successivo e imporre direzioni fortemente “Studio driven” sacrificando l’impronta più personale dell’autore messo al comando delle operazioni, ha mostrato tutti i suoi limiti dal momento che si è cominciata a proporre un’alternativa al pubblico.
Quell’alternativa è la seconda faccia della medaglia: si chiama DC Comics ed è diametralmente opposta al linguaggio targato Marvel.
Con un “supervisore creativo” come Christopher Nolan e un regista di difficile gestione da parte dello Studio come Zack Snyder al comando, la DC ha lanciato il suo nuovo progetto multi-film con L’Uomo d’Acciaio del 2013: risultato commerciale così così, impatto controverso sul pubblico (che in pratica si è spaccato a metà, amandolo o odiandolo), e soprattutto un fallimento totale nel tentativo di rilanciare il personaggio di Superman per il pubblico.
“Per colpa” e non “per merito” de L’Uomo d’Acciaio è poi arrivato Batman contro Superman, e si è portato dietro più o meno lo stesso livello di discussioni, polemiche, dibattiti e incertezza creativa.
Insomma, a che punto è adesso DC Comics? Semplicemente, è al punto che Suicide Squad è il film che stabilirà in maniera decisiva se il progetto cinematografico “multi-franchise” di universo condiviso dei supereroi – dove per intenderci ci sono un Batman e un Superman che interagiscono tra loro e si picchiano -, è credibile e vincente su un piano commerciale.
Per questo motivo trovo il marketing e la comunicazione svolta attorno al film di David Ayer tanto interessante: perché è fondamentalmente cruciale, e probabilmente sarà molto più importante del film stesso per il futuro di Warner Bros.
1. Cosa ci dice il marketing
Il materiale promozionale più recente dedicato a Suicide Squad presenta il film sostanzialmente come un’action comedy spensierata: basta guardare questo trailer, uno degli ultimi distribuiti.
Tra “Ballroom Blitz” e faccette simpatiche degli attori, il trailer di Suicide Squad mette in scena violenza super-stilizzata e un senso dell’umorismo autoreferenziale. La Harley Quinn interpretata da Margot Robbie emerge come il centro del film, con tutti gli altri personaggi principali capaci di ritagliarsi un piccolo momento di gloria; infine, il Joker di Jared Leto sembra un cattivo divertente da guardare.
In pratica: il trailer di Suicide Squad è abbastanza ben fatto da convincere il pubblico che il film ha un’anima e una personalità originale: paradossalmente, quest’anima è radicalmente opposta allo spirito dark e mostruosamente depresso appena riscontrato in Batman V Superman, un film ambientato praticamente sempre di notte, con quasi zero humor e una tendenza al titanismo e all’ambizione sfrenata molto difficile da sostenere a livello di contenuti.
È interessante confrontare il trailer qui sopra con quello mostrato al Comic-Con dell’anno scorso: praticamente si tratta di un altro film.
La visione originale di Suicide Squad parla di un film dark, sinistro, i cui protagonisti affrontano qualche tipo di “demone interiore” in maniera non distante dai Batman e Superman di Snyder: si tratta di “semidei” distanti dall’umanità, che sopportano un peso titanico sulle spalle e le cui storie sono talmente serie (o seriose) da diventare quasi poco coinvolgenti.
La ricerca di un’estetica condivisa, virata verso il tetro e il “gritty”, si distanzia profondamente da quello che è poi diventato l’attuale Suicide Squad: un film iper-colorato e cinetico.
2. Cosa mi dice il buon senso
Di solito, poco.
In questo caso, il buon senso mi dice che Warner Bros era convinta che il “modello Zack Snyder” avrebbe funzionato alla grande su pubblico e critica. Era convinta che Suicide Squad sarebbe dovuto essere il cugino di primo grado di Batman V Superman e ne avrebbe dovuto ripercorrere passi, tematiche e atmosfere.
Qualcosa però si è guastato a metà strada: e questo forse è l’elemento più interessante di tutti. DC Comics ha imparato a sue spese che una strategia comunicativa composta da “libertà creativa” agli autori non era quella migliore, né che l’estetica e l’ambizione ricercate all’interno dei loro prodotti potevano accostarsi al pubblico cinematografico del 2016: un target di utenti che ha imparato a ingurgitare prodotti di facile digestione come gli Iron Man e i Thor, e che non è ancora pronto per “titanismi d’autore” di dubbio gusto e risultati altalenanti.
Il risultato è che Suicide Squad ha visibilmente cambiato rotta, e che il trailer di Justice League somiglia a un film Marvel. E questo è un peccato, perché alla lunga le due facce della medaglia rischieranno di somigliarsi troppo.
Non c’è niente di male nell’essere ambiziosi. L’importante è non essere ambiziosi come vorrebbe esserlo Zack Snyder, perché altrimenti la virata verso il “mainstream-friendly” si sente troppo e diventa brusca anche per lo spettatore più inconsapevole.
Ok, d’accordo. Abbiamo parlato di marketing e gente in calzamaglie. Ma quali sono le speranze, previsioni o realistiche aspettative per Suicide Squad?
- Margot Robbie ne uscirà come la vincitrice indiscussa.
- La trama sarà stupida (in particolare per tutto ciò che riguarda il cattivo).
- Sarà il film meglio recensito del nuovo corso DC Comics.
- Supererà i 130 milioni al botteghino nel primo weekend (le stime di Warner Bros stanno sui 115-125).
- Sarà rapidamente annunciato un sequel, oppure uno spin-off dedicato al personaggio di Harley Quinn.
- Per quanto il film potrà apparire sconnesso a causa delle molte riprese aggiuntive, sarà sempre meno sconnesso della prima metà di Batman V Superman.
In pratica, vediamo come va. Se ho torto, Tagli vi rimborsa il biglietto***.
Davide Mela
*** NOTA DELL’AMMINISTRATORE: O meglio, ve lo rimborsa il nostro cinefilo prediletto, ché qui il piatto piange come una partita a poker tra quattordicenni.
U.M.
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