
“La violenza da parte delle masse non eliminerà mai il male”.
Gandhi
Si tratta di un principio matematico piuttosto semplice e fondamentale, ovvero che uno più uno è uguale a due. Una carota più una carota fanno due carote; una mela più una mela fanno due mele, e un mostro sanguinario e crudele più un altro mostro sanguinario e crudele, pensate un po’, fanno due mostri.
Periodicamente, su Internet, nascono e si diffondono degli splendidi esempi di come il desiderio di violenza animale nella mente umana sia tutto meno che sopito.
Ne abbiamo parlato anche noi, a proposito di un appello virale che suggeriva di utilizzare come cavie per i farmaci i pedofili, invece degli animali.
Oggi mi sono imbattuto in un nuovo, fulgido esempio di questo fenomeno drammatico: tramite Facebook è stata diffusa questa foto in basso, che in poche ore è stata condivisa migliaia di volte con commenti al contorno che spaziavano in tutte le possibili tonalità sanguigne.
Nota bene, il sito da cui ho tratto l’immagine difende la sperimentazione sugli animali, tema complesso sul quale non intendo assumere una posizione in questo articolo: tuttavia, le immagini delle schermate di Facebook sono affidabili.
Lo stesso sito asserisce anche che le persone raffigurate nell’atto di dissezionare un cane sono studenti di medicina veterinaria che stavano compiendo un’autopsia (il che implica che il cane fosse già morto quando lo hanno aperto), ma non avendo modo di verificare questa informazione, voglio fare l’avvocato del diavolo: diciamo pure che l’animale sia stato vivisezionato, ovvero che sia stato ucciso e poi aperto a scopo di ricerca scientifica, e che quindi la sua morte non sia avvenuta per cause naturali.
Questo non renderebbe comunque le persone in questione dei mostri: la sperimentazione sugli animali è legale (almeno per il momento), quindi le persone raffigurate nella foto stanno svolgendo il loro lavoro in maniera onesta – a prescindere dal fatto che questo lavoro sia o meno di pubblico gradimento.
Ma noi astraiamo ulteriormente: supponiamo che quelle persone abbiano preso un cane vivo e lo abbiano squartato mentre era ancora vivo, col solo scopo di farsi quattro risate: questo sì, li renderebbe dei criminali e delle persone esecrabili (l’astrazione è solo parziale: comportamenti del genere, purtroppo, si sono già visti).
Bene, ora che abbiamo i mostri che tanto desideravamo, cosa ne facciamo? Qualche idea dai commentatori, in ordine di popolarità:
- Pestarli a sangue.
- Fare loro la stessa cosa (il che, se fosse davvero un’autopsia, sarebbe in effetti l’unica cosa sensata: suppongo la faranno anche a me, quando sarò morto).
- Fucilarli.
- Dar loro fuoco.
- Scuoiarli vivi e lasciarli in pasto ai cani, in una moderna rivisitazione del contrappasso dantesco.
- Impalarli (propone uno, ma quello dopo sostiene subito che è troppo poco).
La lunghezza dell’elenco solleva un primo, inquietante interrogativo: come mai tali paladini e difensori dei teneri e dolci migliori amici dell’uomo conoscono una tale quantità di metodi per torturare e uccidere da fare invidia alla contessa Bathory? Lascio ad altri le spiegazioni sul perché in Italia la pena di morte sia proibita dalla Costituzione: voglio invece analizzare la cosa da un punto di vista più psicologico.
Cosa passa in testa alle persone quando scrivono di essere pronte a compiere orrori indicibili pur di vendicare un cane? La risposta è semplice: dopamina.
Traduco? Ormone del piacere. La violenza è bella, divertente. La spiegazione, da un punto di vista psicologico, è in realtà piuttosto semplice: la violenza fa parte della nostra natura animale, e in quanto tale esercita un richiamo sul nostro cervello, esattamente come le altre attività “primarie” (mangiare, o riprodursi), la cui origine è evidentemente più antica rispetto alla Storia (intesa come disciplina accademica, il cui inizio viene fatto coincidere con l’invenzione della scrittura).
Il processo di civilizzazione, tuttavia, ha prodotto una serie di norme sociali, che limitano o proibiscono alcuni dei comportamenti più animali: la violenza è illegale, non ci si può nutrire di animali ancora vivi, non ci si può accoppiare in pubblico, etc.
Queste norme, che la nostra parte razionale tiene bene in considerazione, non impediscono però agli istinti di esercitare il loro richiamo della foresta; e così non appena per qualche motivo le barriere razionali vengono meno, l’istinto si scatena.
Una foto o una notizia su un tema in grado di destare una reazione profondamente emotiva fanno venir meno le barriere razionali (che dovrebbero dirci che la violenza è sbagliata, sempre).
Eppure, immaginare di farlo davvero, di star davvero squartando quel bastardo, quel mostro, mentre un brivido di ferocia ci corre lungo la schiena… ci esalta, ci fa crogiolare in questa sensazione, amplificata dal diabolico effetto di risonanza di tante persone che in questo momento stanno provando gli stessi istinti.
Pensare che “se lo meritano”, è più che sufficiente a soffocare la ragione, e si sprofonda nella propria animalità, fino al punto in cui il contatto con la realtà si perde del tutto. Ad esempio, uno di questi utenti scrive:
“Se vi prendo vi combino così male che al confronto gli esperimenti dei nazisti durante la seconda guerra mondiale, vi sembreranno trattamenti di benessere”.
Si può solo rabbrividire: occorre essere lontani chilometri da qualunque prospettiva di pensiero per dire una cosa del genere, ed è evidente che chi fa affermazioni simili non ha la minima idea (o, in quel momento, la minima coscienza) dell’orrore che ha appena evocato.
Un altro esempio interessante fu una notizia diffusa nel 2012 fa col seguente titolo: “La corte costituzionale sentenzia: niente obbligo di carcere per lo stupro“.
Ovviamente, si trattava di una stupidaggine: la Corte Costituzionale si limitò ad abrogare una legge (insensata) che rendeva obbligatoria la carcerazione preventiva per il reato di stupro, e che quindi non c’entrava nulla con la pena detentiva per il medesimo reato.
Vista la diffusione con un titolo del genere, le reazioni scandalizzate erano prevedibili: non si fecero attendere. In quel caso il commento che andava per la maggiore era:
“Dovrebbero stuprare le loro mogli e le loro figlie.”
Un commento che evidentemente non può avere nessuna giustificazione razionale: se anche, per assurdo, uno avesse votato a favore della legalizzazione dello stupro, non c’è motivo per cui dovrebbero espiare la colpa altre persone, vale a dire le sue parenti più prossime.
Questi estremi spiegano bene il meccanismo: non c’è nessuna motivazione logica dietro ai deliri sanguinari dei finti indignati, scandalizzati e sconvolti, c’è solo l’istinto animale. Ma l’istinto animale è lo stesso che ha portato lo stupratore, il pedofilo, ad agire in quel modo.
Cari fautori della “castrazione fisica”, della “pena di morte”, del “facciamolo a loro”: la notizia del giorno è che siete mostri quanto gli altri.
Solo che – per fortuna – sfogate i vostri istinti bestiali con fiumi di parole in CAPS invece che sul corpo di qualcuno. Per lo stupratore una minigonna è sufficiente a far cadere le barriere razionali; per voi la notizia di uno stupro svolge lo stesso ruolo: cambia il contesto e l’incidenza sulla incolumità altrui, ma lo schema di (non) ragionamento è il medesimo. Siete ugualmente folli e sanguinari.
Io stesso che scrivo non sono estraneo a questo fenomeno: nessuno lo è, tutti discendiamo dalle scimmie. Anch’io mi sono sorpreso coi brividi di piacere nell’immaginare un me violento nei confronti di una determinata vittima; ma non vado a scriverlo con fierezza sui social network.
Non tanto perché penso che qualcuno potrebbe trovarlo orribile; perché ho paura che qualcuno potrebbe mettere “mi piace”. E condividere.
Luca Romano
@twitTagli